La stirpe dei Giulii & Marcii Rex di Roma
Nessuna stella apparve sulla città dei sette colli ad annunziare la nascita di Gaio Giulio Cesare. Nessun prodigio, nessuna profezia proclamò che la "natura era gravida di un re per il popolo romano"
Invano si cercherebbe un oracolo della Sibilla che esalti nel neonato il futuro signore del mondo e della pace. Nessun poeta dedicò al fanciullo nato il 13 luglio dell'anno 100.a.C. nella Siburra romana i suoi versi lirici e profetici: Iam nova progenies caelodemitittur ab alto - Già un nuovo erede discende giù dal cielo.
Vaticini e versi di tal genere valgono per Ottavio, nato trentasette anni più tardi, che come erede di Cesare e imperatore Augusto assumerà il nome del padre adottivo. Chiaramente la nascita di Gaio Giulio, il primo Cesare, non dette occasioni a sogni profetici o a promettenti profezie.
Niente indicava che il nome di Cesare, assunto poi da Augusto e dai successivi Cesari romani, sarebbe divenuto il titolo della più alta carica del mondo occidentale, quella di imperatore. Basta solo il fatto che, "il nome di un uomo diventa il segno di un concetto politico", ancora vivo dopo due millenni, a dare alla persona di Cesare un rilievo unico.
L'inizio però fu piuttosto modesto, e questa constatazione non subirebbe modificazioni essenziali anche se biografie di Plutarco e di Svettonio avessimo le parti perdute che parlavano della stirpe e della giovinezza di Cesare.
Le prosaiche circostanze della nascita hanno anzi già quasi l'effetto di anticipare quanto caratterizzò tutta la vita di Cesare. Il suo stile di vita, la sua azione, la sua condotta di guerra e di governo, le sue imprese, l'alto livello artistico dei suoi discorsi e della sua opera storica, i Commentari, tutto fu determinato da freddo calcolo.
Ben poco belle promesse trascinano all'avventura, ben poco sogni o emozioni agitano questa vita: la sua forza motrice è piuttosto "una natura energicamente logica", la capacità di capire rapidamente e di reagire di conseguenza, doti queste, poi, sviluppate a un livello tale per cui non c'è altra definizione che la genialità.
A nord-ovest del Foro, dove oggi la congestionata Via Cavour taglia il centro della città, si trovava la Suburra, affollata e sempre piena del rumore e della confusione della vita di ogni giorno. La vicinanza la Foro, il centro della vita pubblica, permetteva agli abitanti di prendere parte immediatamente agli avvenimenti che agitavano Roma.
Non erano certo però le famiglie più nobili ad abitare nelle alte case d'affitto della Suburra: il fatto che la casa natale di cesare fosse in questo quartiere plebeo denota la situazione della sua famiglia. Quantunque per parte paterna appartenessero alla originaria nobiltà patrizia, i Giulii svolgevano nella vita politica di Roma una parte secondaria e non adeguata al loro ceto.
Nessuno degli antenati di Giulio Cesare aveva raggiunto la dignità del consolato, la più alta carica romana ricoperta da due uomini per la durata di un anno, Solo chi fosse stato chiamato una volta a questa carica o chi contasse tra i suoi antenati un console faceva parte della cerchia più intima della nobiltà e dello stato più alto che comandava nel senato romano.
Poco più di una dozzina di famiglie nobili al potere vigilava con occhi di Argo sui privilegi senatoriali ereditati. rarissimamente un homo novus, un uomo nuovo, riusciva ad entrare in questo gruppo diffidentemente esclusivo e chiuso che aveva in mano tutto il potere di Roma.
Bisogna supporre che i Giulii, nel gioco della politica delle famiglie praticata talora brutalmente e con ogni raffinatezza, erano stati in passato favoriti dalla sorte meno degli altri gruppi nobili.
Il padre di Gaio Giulio quando il ragazzo aveva otto anni era stato sì per un anno pretore, sovraintendente cioè di processi civili e penali, ma tale carica non era straordinaria per un uomo del suo rango: gli rimase sbarrato l'accesso alla cerchia dei senatori che gestivano il potere a Roma e fuori Roma.
Ciò è stupefacente perché i Giulii facevano risalire la loro stirpe nientemeno che a Giulo, il figlio del leggendario Enea. Secondo il mito, Enea dopo la distruzione di Troia era fuggito dalla sua città natale per cercare una nuova sede promessa dagli dei. Dopo lunghe peripezie Enea approdò sulla costa dell'Italia e i suoi discendenti fondarono Roma.
Ora poiché Enea era considerato figlio della dea Venere (in greco Afrodite) , la gens Iulia, la stirpe dei Giulii, si richiamava alla propri discendenza dagli "immortali". All'inizio della sua ascesa politica Gaio Giulio Cesare sottolineerà in un pubblico discorso l'origine mitica della sua famiglia, utilizzandola molto abilmente per i propri piani.
Agli stessi fini Cesare citerà una seconda serie di antenati nobili, i Marcii, che avevano dato a Roma uno dei primi mitici re e da allora portavano il soprannome di Rex, re. Il nonno paterno di Cesare aveva sposato una Marcia della stirpe dei Marcii.
Tuttavia l'origine "regale" e "divina" che Cesare in seguito proclamò tanto superbamente era rimasta senza importanza e conseguenze per i Giulii prima di lui. La vita giornaliera trascorreva in casa dei Giulii senza lo splendore conveniente a una tale genealogia.
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