STIAMO MANGIANDO NOI STESSI
di Paolo Cardenà - Ogni
giorno, con preoccupante ritualità, ci giungono dati che certificano,
almeno in parte, la gravità della crisi economica al punto che, ormai, si sta perfino compromettendo la virtù principale di questo paese: il risparmio delle famiglie.
Questo,
almeno per il momento, ci ha consentito di superare in modo più
agevole di altri Paesi, le crisi che si sono susseguite nel corso degli
ultimi anni. Ma anche quest'ultimo baluardo sembra stia venendo meno. A
compromettere questa virtù stanno intervenendo dinamiche che, per diverse ragioni e in diversa misura,
contribuiscono a deteriorare il risparmio delle famiglie.
La
profonda crisi che ci sta attraversando e che si sta esprimendo in
tutta la sua drammaticità nella compressione della capacità di reddito e
quindi di spesa di tutti i soggetti economici, è la causa
principale del deterioramento del risparmio. In altre parole, le
famiglie stanno attingendo ai loro risparmi per sostenere spese tipiche
ed ordinarie della vita quotidiana, integrando o addirittura sostituendo
il reddito che sta venendo meno a causa della crisi che genera
contrazione della domanda di lavoro.
A questo si devono aggiungere, oltre al feroce inasprimento fiscale in atto, e ai significativi fenomeni inflattivi che
erodono il potere di acquisto - e quindi il valore reale dei risparmi
-, anche le dinamiche avverse dei mercati finanziari che stanno via via
lacerando i portafogli di investimento delle famiglie, seppur con le
dovute distinzioni. Senza considerare poi che il risparmio delle
famiglie, potrebbe anche subire una riduzione dello stock per effetto
di una eventuale imposta patrimoniale straordinaria, stando ai segnali
che, in modo più o meno frequente ed ufficiale, provengono dal mondo
politico, salvo poi maldestre smentite.
Qualche
settimana fa si è svolta la giornata del risparmio, e questo è lo
spaccato che ci offre un'ottima analisi di Marco Onado pubblicata sul
sito LA VOCE.INFO
IL DECENNIO PERDUTO DEL RISPARMIO ITALIANO Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in pochi numeri ha fotografato impietosamente la situazione: “la formazione di risparmio, a lungo fra le più alte del mondo avanzato, è in calo da oltre un ventennio; la flessione si è accentuata dall’avvio della crisi. La quota risparmiata del reddito nazionale è ora inferiore alla media europea: sotto il 17 per cento, circa 4 punti percentuali in meno rispetto alla prima metà dello scorso decennio, contro il 22 in Germania e il 18 in Francia”.
Come le neiges d’antan del poeta, la capacità di risparmio del paese si è dissolta sotto la pressione prima dei bassi tassi di crescita di cui il paese soffre dagli anni Novanta e soprattutto della crisi finanziaria che ha determinato un vero e proprio crollo. Come ha detto Visco, il risparmio diminuisce soprattutto a causa della caduta del reddito delle famiglie, pari al 9 per cento in termini reali nell’ultimo quinquennio, dopo una crescita modesta nel decennio prima della crisi. Un fatto che non ha riscontro in altri paesi: in Francia e in Germania il reddito disponibile e i consumi delle famiglie sono cresciuti, sebbene a ritmi contenuti, nel corso dell’intero periodo.
Il confronto internazionale ci dice che la ricchezza finanziaria italiana è ancora fra le più alte al mondo (in rapporto ovviamente al reddito). Tuttavia, non solo non cresce più come in passato, ma ha subito una netta contrazione da quando è scoppiata la crisi finanziaria e soprattutto dal 1995 cresce meno rispetto a tutti gli altri paesi europei, come dimostra il grafico seguente tratto da una recente ricerca. (1)
Figura 1. Attività finanziarie delle famiglie normalizzate ai livelli del 1995 (prezzi costanti 2011)
E
dunque è evidente che gli italiani non sono passati dalla condizione di
operose formiche a quella di cicale spendaccione: semplicemente
sono formiche impoverite, costrette ad accumulare meno e a intaccare i risparmi del passato.
Eppure
solo un anno e mezzo fa (sembrano passati decenni) il Governo
Berlusconi negava che la crisi europea potesse coinvolgere l’Italia
grazie anche, per non dire soprattutto, alla grande risorsa costituita
dal nostro risparmio. Invece erano già evidenti i segni di quella che a
tutti gli effetti costituisce la lost decade del risparmio italiano.
Ma
la probabilità che in un futuro anche non immediato muti radicalmente
lo scenario in termini di reddito disponibile per le famiglie (o il che è
lo stesso in termini di posti di lavoro) è assai scarsa. Dunque
dobbiamo attenderci altri anni in cui la ricchezza dovrà essere
intaccata. Il che, en passant, significa che il debito
pubblico(compreso quello da rinnovare) troverà sempre meno spazi nei
portafogli delle famiglie e dovrà essere sottoscritto dalle banche, con
tutte le conseguenze che ne derivano per l’attuale circolo vizioso fra
crisi del debito sovrano e crisi delle banche. Con il che il mito della solidità delle banche italiane rischia di finire nello stesso cassetto del mito del risparmio.
LA RICCHEZZA IN MANO A GENITORI E NONNI
Fin qui, gli aspetti brutalmente quantitativi e aggregati del problema. Ma se andiamo a vedere più analiticamente i dati sulla distribuzione della ricchezza,
emergono altri elementi da guardare con preoccupazione. Il più evidente
è la asimmetria nella distribuzione a favore delle classi di età più
anziane, come dimostra il grafico seguente, tratto dalla ricerca citata,
che utilizza questa volta dati relativi ai clienti della banca.
Figura 2. Ricchezza finanziaria (clienti Unicredit) per classi di età
Figura 2. Ricchezza finanziaria (clienti Unicredit) per classi di età
Come si nota, fatta pari cento la ricchezza di coloro che hanno almeno 65 anni, i giovani sotto i 34 hanno poco più del dieci per cento. E anche quelli che della classe di età superiore (che dovrebbero avere alle spalle fra i 15 e i 20 anni di lavoro) non se la passano molto meglio. Il che significa che la ricchezza finanziaria degli italiani (meglio: dei genitori e dei nonni) è oggi la vera “cassa integrazione salari”. Ma per quanto tempo può durare?
E ancora: quali pensioni future percepiranno coloro che oggi si trovano nelle prime due classi di età (quelli che in un classico modello alla Modigliani dovrebbero risparmiare di più) visto che la ricchezza finora accumulata è così modesta e nel futuro crescerà poco dato che nell’orizzonte temporale prevedibile i tassi di interesse rimarranno bassi?
La risposta è molto semplice: pensioni misere da integrare con patrimonio accumulato da padri e nonni. Parafrasando il grande Fred Zinnemann: Da qui all’eredità. Cioè uno dei modi più inefficienti e ingiusti di trattare il problema delle pensioni. Con l’unico risultato sicuro di dare il colpo di grazia al primato in termini di ricchezza finanziaria e al mito del risparmio come grande risorsa nazionale. Nella confusione politica di questi giorni, di tutto si parla, tranne che di programmi: quando questi verranno (si spera). i politici che hanno snobbato la giornata del risparmio dovranno dire qualcosa su questo fondamentale problema.
(1) Osservatorio del Risparmio UniCredit-Pioneer Investments, Milano 2012.
Ottimo articolo esemplificativo di una realtà non ancora percepita bene dalla testa ma solo dalla tasca.
RispondiEliminaQuando ci si sveglierà dall'incantesimo sarà troppo tardi. Oggi molti italiani stanno già attingendo ai loro risparmi per le spese ordinarie.
Lo fanno abbastanza sereni ipnotizzati come sono da Monti & ladroni vari e felici di partecipare "democraticamente" alle primarie per eleggere il proprio boia.
Ciao Wlady
Ciao Gianni,
RispondiEliminala realtà sarà tra non molto percepita in tutta la sua desolante catastrofe sociale.
Faccio parte di quella categoria che ha lavorato duramente per 47 anni, e che vede ogni giorno assottigliarsi quella piccola risorsa che è costata la vita a mia moglie deceduta a 55 anni; non esiste welfare sociale, tranne quello che i nonni (come me) fanno per i figli e nipoti, ma ... questa piccola inezia economica sta per finire, e così a tanti che si trovano nelle stesse condizioni.
Non esiste più carità e compassione nella nostra società, come quello che negli anni 60 si vedeva in ogni dove, le persone si facevano carico dei meno abbienti per farli crescere; il progressismo è morto e sepolto ha lasciato il posto all'individualismo, all'edonismo più smodato.
Una deriva ormai perniciosa che non lascia spiragli ...
Ciao Gianni.