Le ricerche antropologiche e la sociologia, che trovano riscontro nellarcheopaleontologia, concordano nella datazione che riguarda un pressoché repentino cambio di cultura negli antichi popoli europei. L’Antica Europa fiorì, per decine di migliaia di anni, di libere comunità pacifiche, fino a che le prime invasioni violentissime indoeuropee non giunsero, circa 8000 anni fa, a modificare profondamente la cultura delle società europee, mutandola da libertaria e matrilineare in autoritaria e patriarcale.
Poiché vi furono almeno tre ondate di invasioni colonizzatrici già individuate, si può assumere come datazione media univoca la stessa che David Graeber indica nel suo libro dal titolo ‘Debito, i primi 5000 anni’. Ci sarebbe da chiedersi una cosa molto semplice: sono 5000 anni che si crede in questo modello autoritario statale, sperando che risolva i problemi e dia la libertà, ma com’è possibile che non ci sia ancora nessuno che riesca a dimostrare la sua efficacia? Se questa domanda non viene neanche presa in considerazione dalla gente, è perché la gente non ha le informazioni corrette (o non le ha del tutto) circa il nostro vivere prima dello stato, e naviga nella congettura secondo cui solo lo stato è garanzia di civiltà. Ma è tutto l’opposto.
Se oggi viviamo in condizioni pietose, violente e immorali, è proprio per colpa di una cultura autoritaria basata sullo sfruttamento e l’accumulo capitalista. Lo stato è lo strumento del capitalismo. Naturalmente, la scuola ben si guarda dal divulgare certe verità, dato che serve a manipolare gli individui per il vantaggio di chi governa.
L’invisibile violenza della scuola.
Le persone non vedono la violenza della scuola, quella invisibile,
strutturale, quella che inevitabilmente i bambini apprendono
inconsciamente e riproducono, e riprodurranno. Le persone pensano che la
scuola sia un semplice passaggio di informazioni da un adulto a un
gruppo di bambini.
Le persone non si chiedono se il gruppo di bambini
abbia o meno voglia di stare chiusi in un’aula, fermi, zitti, ad
ascoltare degli adulti per ore e delle lezioni noiose. Anzi, le persone
pensano che i bambini abbiano bisogno di quelle lezioni, in quel momento
preciso, in quel luogo preciso, e soprattutto in quel modo preciso, un
modo autoritario che qualsiasi riforma non farebbe altro che
riaffermare.
Storia insegna. Le persone non si rendono conto che questo
passaggio obbligatorio di informazioni obbligatorie è regolato soltanto
dalla violenza e dall’infamia del ricatto, e che questo ricatto
invisibile agli occhi verrà stampato nei comportamenti e nel carattere
di ogni bambino. Dice il maestro: ‘o fai come ti dico io, nei tempi che
decido io, oppure ti punisco con un brutto voto’. Cosa che si traduce
inevitabilmente in un insegnamento di coercizione, un atteggiamento
autoritario, che i bambini assimilano e riproducono, costruendo così la
società che vediamo.
Proviamo a far giocare dei bambini ‘alla scuola’, e
vediamo come questi abbiano imparato perfettamente ad imitare non
soltanto il cipiglio bruto del maestro, ma soprattutto a sottomettere
con la minaccia tutti gli altri. Ma poi c’è il discorso della
competizione. Le persone forse riescono anche a vederla questo tipo di
violenza strutturale, ma non se ne curano, la pensano necessaria, se non
fondamentale. La terribile competizione che si annida nel pretesto del
voto necessario, della classificazione necessaria, del merito e del
demerito conseguenti, della divisione tra buoni e cattivi.
Premio e
punizione, il sunto della scuola e della caserma militare! Un
addestramento simile, in un’età in cui si è delle spugne, che cosa
vogliamo che produca, se non una società di sbirri e autoritari, e pure
molto infami e ipocriti? Ma no, per le persone questa non è violenza.
Non è violenza neanche l’assillo di sentirsi sempre sotto sorveglianza,
cosa che modifica terribilmente anche i movimenti dei bambini, la loro
spontaneità, la gioia, la serenità interiore. Ma tanto, perché
dovrebbero muoversi sti idioti? Non gli fa bene! Decidono gli adulti già
scolarizzati per loro, e non asperttano altro sti adulti frustrati!
Sorveglianza obbligatoria, competizione obbligatoria, noia obbligatoria,
attenzione obbligatoria, e non solo a scuola.
Ma cosa crediamo di
ottenere da persone così violentate? Una società di giusti e solidali?
Pace e serenità? Fratellanza? Sapete cosa me ne faccio io di un bambino
che non sgarra le tabelline ma che ha già imparato a essere suddito con
aspirazioni da despota? Un bel niente! No grazie, preferisco un
analfabeta, ma so che sarà ancora umano e autodeterminato, in grado di
dire no alle autorità. E con buona pace degli stolti, quelli che credono
che senza la scuola ci sarebbe la dissoluzione totale dell’umanità
(infatti le guerre le progettano gli analfabeti, si sa), io mi accodo
con i più grandi pedagogisti e intanto affermo che studiare è molto
diverso che apprendere, che apprendere veramente nasce da un istinto
naturale che necessita di rapporti paritari e di libertà, sospinta
dall’innata curiosità. Libertà di scegliere, ad esempio.
Conosco gente
che ha imparato più cose qui su internet, liberamente, per proprio
piacere, per propria curiosità. e nei tempi che si è auto-concesso, che
non in tutte le scuole frequentate, ed è gente che mi viene ancora a
dire ‘se non ci fosse la scuola…’. Ma che cosa? Ma se pure gli operai
analfabeti dell’Ottocento, in America, conoscevano i classici della
letteratura meglio dei borghesi (Noam Chomsky) sospinti dall’innata
voglia di imparare a leggere e poi di leggerseli davvero quei libri, e
di capirli soprattutto, mica solo di arredarsi il salotto che non
avevano neanche! Che poi uno prende un bambino non scolarizzato, lo
osserva, e si accorge che è un continuo chiedersi le cose, e chiederle
agli altri, e darsi risposte anche quando non le ottiene… parte tutto da
lui, ed è felice, nessun obbligo, e farà così finché non andrà a
scuola. Poi, una volta giunto a scuola, oltre a vedersi
deresponsabilizzato in tutto, oppresso dall’obbligo e addestrato persino
a riverire l’autorità, a credergli comunque e in ogni caso, il bambino a
poco a poco smetterà di trovare piacere nel leggere, sarà annichilito
persino nella sua voglia di inventare, di creare, di sognare, sarà
snaturato, disumanizzato, e dovrà essere allineato, omologato,
certificato, massificato, adattato, giudicato, valutato, timbrato.
Ed
ecco pronta la pecora votante di domani, il ‘prenditore di partito’, il
produttore docile e rassegnato che non si incazza se non col suo
compagno (magari straniero, o gay, o juventino, o chissà cosa), che dice
pure che un altro modo di vivere è impossibile e brutto (si vede che sta
benissimo allora). Ma tutto questo, e purtroppo anche altro, che è di
una violenza invisibile e indicibile, le persone non lo vedono, non
vogliono vederlo, anzi, questa violenza la considerano una civilissima
virtù.
Cloud’s Walden.
In tutto il mondo cosiddetto civile, cioè statalizzato, non si
contano le persecuzioni nei confronti di persone che osano dire qualcosa
che va contro i costumi, la morale, il sistema stesso. Gente che viene
presa e sbattuta in galera per delle vignette, gente che viene fustigata
in piazza perché scrive in un blog, gente che viene sottoposta a
sorveglianza perpetua perché iscritta a circoli anarchici, gente a cui
viene perquisita la casa perché segnalata in qualità di dissidente,
gente che viene anche uccisa negli istituti psichiatrici perché in
evidente opposizione col pensiero comune, eccetera.
Tutta questa
solidarietà nei confronti della libertà di espressione la trovo
quantomeno ipocrita, soprattutto se l’atteggiamento solidale viene
proprio dal potere politico, dal censore per eccellenza. Questa grande
massa di gente che accorre come per le adunate sarà senz’altro e di
nuovo il terreno su cui far crescere i prossimi deliri autoritari del
potere. Più controllo, più restrizioni, più catene… altro che libertà!
Per conto suo, il potere è conservatore per principio, le sue regole per
potersi perpetuare non sono mai cambiate e mai cambieranno fintanto che
ci saranno masse di persone che si fanno serve.
Vorrei ricordare che, a
proposito di immagini scomode, il mondo cosiddetto civile e educato non
si è mai risparmiato in termini di censura (nel migliore dei casi) o di
vessazione anche fisica. Sei mesi di galera, se non ricordo male, erano
stati inflitti al grande artista Honoré Daumier, il padre della satira
disegnata, per un suo disegno dal titolo ‘Gargantua’. Gli iconoclasti e i
moralisti al servizio dei regimi ci sono sempre stati, e la chiesa
cattolica, anche lei, non tollerava certo le immagini dissacratorie e
licenziose, che faceva distruggere. Ma tutto questo non potrebbe
accadere, ancora e soprattutto oggi, senza l’avallo della società
modellata sulla cultura di stato.
Quando il condannato alla forca viene
accompagnato alla morte, c’è sempre la piazza piena ad assistere. Voglio
dire che il potere politico è e sarà sempre lo stesso, oscurantista e
molto più terrorista di tre uomini armati di fucile, soltanto perché a
legittimarlo è un consesso sociale che si crede civile e solidale, in
realtà è solo abbrutito, ipocrita, servo, altrettanto terrorista. Ne
riparleremo tra qualche mese.
Fonte
http://ningishzidda.altervista.org
®wld
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