La pace e la fine della guerra di 10.000 anni fa
Tempo fa parlai della guerra della piramide, ma come andarono a finire le "guerre della piramide"?
Finirono come sono sempre finite le grandi guerre della
storia: con una conferenza di pace, una
riunione tra le diverse parti in lotta, proprio come avvenne al
Congresso di Vienna (1814-1815), che
ridisegnò la carta geografica dell'Europa dopo le guerre napoleoniche, o alla Conferenza di Pace di Parigi
che pose fine alla prima guerra
mondiale (1914-1918) con il Trattato di Versailles.
Il primo indizio che fa pensare a una
riunione di questo genere tra gli Anunnaki in guerra - una riunione che sarebbe
avvenuta
all'incirca 10.000 anni fa - viene da un testo che George A. Barton
trovò inciso sul frammento di un cilindro d'argilla. Si tratta della versione accadica
di un testo sumerico molto più antico, e Barton concluse che il sigillo era
stato posto
dal sovrano accadico Naram-Sin intorno al 2300 a.C, quando il re aveva fatto
riparare la piattaforma del tempio di Enlil a Nippur. Mettendo a confronto il testo
mesopotamico con i testi composti più o meno nello stesso periodo dai faraoni
egizi, Barton
notò che i testi egizi «erano incentrati sulla figura del re e riguardavano in
modo particolare le sue vicende dopo che egli era entrato a far parte del novero degli
dèi»; il testo mesopotamico, invece, «riguardava prevalentemente la comunità
degli
dèi»; in sostanza, esso trattava non tanto delle aspirazioni del re, ma degli
affari degli stessi dèi.
Nonostante le lacune
del testo, specie nella parte iniziale, si capisce chiaramente che i principali dèi
si radunarono al termine di una guerra violenta e rovinosa, e che si riunirono
nell'Harsag, la montagna del Sinai dove abitava Ninharsag, la quale svolse
Appunto il ruolo di artefice della pace. L'autore del testo, tuttavia, non tratta affatto Ninharsag come una dea neutrale: al contrario, più volte la cita con l'appellativo di Tsìr ("Serpente"), il che, al di là della connotazione negativa del termine, la pone dalla parte delle divinità egizie (quelle legate a Enki). I primi versi del testo, come abbiamo già visto, descrivono in modo alquanto conciso le ultime fasi della guerra e le condizioni in cui si trovavano i difensori della piramide, assediati all'interno di essa, costretti a innalzare il grido d'aiuto che aveva portato Ninharsag a decidere di intervenire. Dal seguito della cronaca apprendiamo che Ninharsag andò anzitutto all'accampamento di Enlil a proporre la sua idea di fermare il combattimento e convocare una conferenza di pace.
La prima reazione
dei seguaci di Enlil fu un atto d'accusa nei confronti di Ninharsag: in questo
modo essa portava aiuto e vantaggio ai «demoni». Ninharsag rigettò l'accusa:
«La mia casa è pura», rispose. Ma un dio la cui identità non è chiara la
apostrofò sarcasticamente:
«Si può dire che sia "pura" anche la Casa più alta e luminosa di
tutte (la Grande
Piramide)?»
«Di questo non posso
parlare», rispose Ninharsag; «è Gibil che fa la guardia alla sua brillantezza.»
Dopo questo scambio
di accuse e di spiegazioni, gli animi si calmarono e fu inscenata una simbolica
cerimonia di perdono, una sorta di "battesimo" attuato con le acque
del Tigri e dell'Eu-frate raccolte in due giare, che simboleggiava la rinnovata
accoglienza
di Ninharsag in Mesopotamia. Enlil la toccò con il suo «fulgido scettro» e
il «potere di lei non fu rovesciato».
Adad era contrario all'idea
della conferenza di pace e che avrebbe preferito una resa incondizionata da parte del nemico. Fu Enlil ad acconsentire alla proposta di Ninharsag: «Va',
calma mio fratello», le disse. Da un
altro testo sappiamo poi che Ninharsag attraversò
le linee di guerra per organizzare il cessate il fuoco, e che riuscì a portar
fuori Enki e i suoi figli, conducendoli a casa sua, nell'Harsag. Gli dèi seguaci di Enki erano già lì, in attesa.
Ninharsag esordì
affermando di agire per conto «del grande signore Anu ... l'Arbitro», e mise in atto
un proprio cerimoniale simbolico. Accese sette candele, una per ciascuno degli
dèi che partecipavano
alla riunione: Enki e i suoi due figli, Enlil e i suoi tre figli (Ninurta, Adad
e Sin). A ogni candela che accendeva, pronunciava una formula rituale:
«Un'offerta di fuoco a Enlil di Nippur ... a Ninurta ... ad Adad ... a Enki che viene dall'Abzu ... a Nergal che viene da
Meslam». Anche quando si fece notte il fuoco acceso dalla dea continuò a
illuminare quel luogo come in pieno giorno. Quindi Ninharsag fece appello alla saggezza
degli dèi
ed esaltò le virtù della pace: «Potenti sono i frutti della saggezza del dio: il
grande fiume divino tornerà alla sua vegetazione ... il suo corso renderà [la terra]
simile a un giardino di dio». Parlò quindi dell'abbondanza di piante e animali, di grano
e altri cereali, della vite e dei frutti, e dei benefici di un'umanità pronta a svolgere lavori di
coltivazione e costruzione, oltre che a servire gli dèi: tutto questo la pace avrebbe
portato con sé.
Quando Ninharsag ebbe finito di
enumerare i benefici della pace, il primo a prendere la parola fu Enlil. «Togliamo
l'afflizione dalla faccia
della Terra», disse a Enki; «solleviamo la Grande Arma». Quindi
acconsentì al ritorno di Enki a Sumer: «L'E.DIN sarà il luogo della tua sacra casa», e avrà attorno terra sufficiente ad assicurare al tempio i frutti e il raccolto dei
campi.
All'udire queste parole, Ninurta si
oppose. «Niente affatto!», gridò il «principe di Enlil». Allora Ninharsag ricominciò
daccapo.
Ricordò a Ninurta quanto egli aveva lavorato «giorno e notte con grande fatica»
per rendere possibile la coltivazione dei campi e l'allevamento del bestiame,
per «costruire fondamenta, riempire [la terra], innalzare [dighe]». Poi la
guerra rovinosa aveva distrutto tutto. «Signore della vita, dio dei frutti», lo
invocò, «fa' che la birra possa scorrere in doppia misura! Fa' che vi sia abbondanza
di lana!». Accetta i termini della pace!
Commosso dalla sua
preghiera, Ninurta si impietosì: «Madre mia, o fulgida! Non preoccuparti; non sarò io a far mancare il pane ... nel regno verrà ripristinato il giardino
... Anch'io prego con fervore perché finiscano le afflizioni».
Ora finalmente i
negoziati di pace potevano ricominciare. Il racconto di questo incontro senza
precedenti tra le due divinità in guerra si trova nel testo Canto la canzone
della madre degli dèi. Il
primo a rivolgere la parola agli Anunnaki riuniti fu Enki:
Enki rivolse a Enlil parole di lode:
«O tu che sei il sommo tra i fratelli,
Toro del cielo, che tieni in mano il destino dell'umanità:
nelle mie terre non c'è che desolazione;
tutte le case sono piene di angoscia
a causa dei tuoi attacchi».
Il primo argomento in discussione era dunque
la cessazione delle ostilità - la pace sulla Terra - ed Enlil fu subito
d'accordo, a condizione che cessassero le dispute territoriali e che le terre che appartenevano di
diritto alla stirpe di Enlil e al popolo della linea di Sem fossero prontamente
liberate dai seguaci di Enki. Quest'ultimo acconsentì a cedere per sempre quei
territori:
«A te concederò il dominio
nell'Area Riservata degli dèi;
alle tue mani affiderò il Luogo Radiante!»
Enki rinunciava
dunque all'Area Riservata (la penisola del Si-nai con il suo porto spaziale) e al
Luogo Radiante (il sito dove sorgeva il Centro di controllo della missione, la futura Gerusalemme) e cedeva per
sempre a Enlil e alla sua stirpe il controllo di quelle terre e di quei luoghi di
importanza vitale. Tuttavia poneva una condizione: in cambio di tutto questo,
doveva essere riconosciuta per sempre la sovranità sua e dei suoi discendenti sul complesso di Giza.
Enlil acconsenti, ma
pose a sua volta una condizione: i figli di Enki che avevano attaccato guerra e avevano utilizzato la Grande Piramide per
scopi bellici avrebbero dovuto per questo essere esclusi dal dominio su Giza e su tutto il Basso Egitto.
Enki ci pensò un po',
poi accettò: signore di Giza e del Basso Egitto, annunciò, sarebbe stato uno dei suoi
figli più giovani, sposato a una delle divinità femminili nate quando Enki
aveva avuto rapporti sessuali con Ninharsag: «Per la grandiosa Casa
costruita come
un cumulo, egli nominò il principe la cui moglie era nata dalla coabitazione
con Tsir [Ninharsag]. Il principe forte come uno stambecco - proprio quello
egli nominò, e gli ordinò di fare la guardia al Luogo della Vita». Attribuì
quindi al giovane dio il glorioso appellativo di NIN.GISH.ZI.DA ("Signore del
manufatto
della vita").
Chi era Ningishzidda? Le informazioni su
di lui sono, secondo gli studiosi, scarne e
contraddittorie. Egli viene citato nei testi mesopotamici in associazione con Enki, Dumuzi e Ninharsag; nell'elenco
dei Grandi Dèi si trova tra gli dèi dell'Africa seguaci di Nergal ed Ereshkigal.
Nell'iconografia
sumerica è rappresentato, come già Enki, con il simbolo dei due serpenti intrecciati
e con il segno Ankh egizio (fig. a, b).
Eppure i Sumeri
avevano un'idea positiva di Ningishzidda; Ninurta aveva fatto amicizia con lui e lo
aveva invitato a Sumer. Alcuni testi fanno pensare che sua madre fosse
Ereshkigal, la nipote di Enlil; la nostra conclusione è che si tratti effettivamente di un figlio di Enki, concepito
durante il tempestoso viaggio di Enki ed Ereshkigal verso il Mondo Inferiore. Tp.
quanto tale, poteva essere accettato da
entrambe le parti come custode dei
segreti delle piramidi. Un inno che Ake W. Sjòberg ed E. Bergmann {The Collection of thè Sumerian
Temple Hymns) ritengono composto dalla figlia di Sargon di Akkad
nel terzo millennio a.G. esalta la
casa-piramide di Ningishzidda e ne
conferma la localizzazione in Egitto:
Luogo eterno, montagna piena di luce
che da mani esperte fosti costruita.
La tua oscura camera nascosta è un luogo che incute timore;
essa si trova in un Campo di Controllo.
O maestosa, nessuno può esplorare le tue vie.
Nella Terra dello Scudo
il tuo piedistallo è compatto come una rete a maglie strette ...
Di notte stai di fronte al cielo,
le tue antiche misure sono sempre più alte.
Il tuo interno conosce il luogo dove Utu si alza,
la misura della sua ampiezza arriva lontano.
Il tuo principe è il principe che stende la sua mano pura,
al quale l'abbondante e folta capigliatura
scende fin sulle spalle -
il signore Ningishzida.
che da mani esperte fosti costruita.
La tua oscura camera nascosta è un luogo che incute timore;
essa si trova in un Campo di Controllo.
O maestosa, nessuno può esplorare le tue vie.
Nella Terra dello Scudo
il tuo piedistallo è compatto come una rete a maglie strette ...
Di notte stai di fronte al cielo,
le tue antiche misure sono sempre più alte.
Il tuo interno conosce il luogo dove Utu si alza,
la misura della sua ampiezza arriva lontano.
Il tuo principe è il principe che stende la sua mano pura,
al quale l'abbondante e folta capigliatura
scende fin sulle spalle -
il signore Ningishzida.
I nomi dei personaggi della millenaria storia sumerica
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