“Prendili da piccoli e le possibilità sono infinite”: i cartoni animati e il lavaggio del cervello
di Simone Boscali e Enrico Galoppini
“Prendili da piccoli e le possibilità sono infinite”. Così recita un adagio ripetuto diverse volte nel film con Jet Li Danny the Dog.
Una frase che sta ad indicare come un’accorta manipolazione avviata e
ripetuta su menti giovanissime in formazione (in sostanza sulla carta bianca) potrà ottenere effetti devastanti quando quelle menti si saranno fatte adulte.
Stiamo parlando evidentemente di
bambini, di manipolazione sui bambini, e poiché le adunate oceaniche, i
cinegiornali coi gerarchi in divisa e le gigantografie dei leader
infallibili sono ormai passate di moda in una civiltà occidentale che
non è più capace nemmeno di cogliere la carica romantica di quelle
manifestazioni, è meglio occultare detta manipolazione sotto le innocue
vesti di un cartone animato.
Vogliamo prendere spunto, per successive osservazioni, dal generoso articolo Dieci motivi per cui vogliamo più Masha e meno Peppa
in cui emergono preliminarmente alcuni punti per cui il celebre cartone
animato russo “Masha e Orso” è (decisamente) preferibile all’orrenda
“Peppa Pig” inglese.
In realtà sulle due serie si possono
spendere ulteriori e più profonde osservazioni che le qualificano come
autentici riflessi dei rispettivi paesi di produzione, la Federazione
Russa e la Perfida Albione.
Peppa Pig è infatti ricca di
messaggi occulti, condizionamenti politici e mentali. Come già rilevato
nel summenzionato articolo, Papà Pig è fondamentalmente un inetto, e la
sua inettitudine viene sottolineata senza pietà dai suoi familiari nelle
più diverse occasioni. È vero che è anche molto paziente e comprensivo,
anche in situazioni che farebbero scappare la pazienza a un santo, ma
ciò non toglie che la figura paterna incarnata dal grosso suino faccia
una figura complessivamente barbina. Al contrario di Mamma Pig, la quale
è sempre assai efficiente e… lavora, lavora sempre tanto, soprattutto
al pc, ma mai in faccende di casa, delle quali anzi si occupa perlopiù
il maschio. E lasciamo perdere il transfert psicologico consistente nel vedere “uomini” in animali, e per giunta in quelli più “sporchi” per definizione.
Il
personaggio del piccolo George (lo stesso nome dell’attuale erede al
trono britannico, pur nato diversi anni dopo la creazione della serie)
porta sempre con sé un rettile, quella pseudo-rana così mal realizzata
nello stile semplicistico di Peppa. Chissà perché nell’entertainment
per l’infanzia non mancano mai i “dinosauri”, assieme ad altri rettili e
mostri d’ogni genere, così come i pirati (ovviamente simpatici e
buontemponi) sono infilati dappertutto: le fortune dell’Inghilterra non
sono forse cominciate grazie all’azione di questi “gentiluomini”?
E vi sono delle puntate in cui fa la sua, anzi, la Sua comparsa niente meno che la regina d’Inghilterra in persona a raccogliere gli omaggi dei suini sudditi.
Suini sì, e non solo, perché come già accennato, lo stile semplicistico, grottesco e brutto di questa serie inglese è in realtà anche funzionale a convogliare ulteriori significati.
Non serve un esperto di simbologie per
capire quale organo rappresenti la testa dei maialini di Peppa e
sappiamo bene che i messaggi trasmessi per mezzo di riferimenti
sessuali, qualunque essi siano, sono sempre più efficaci (si pensi alla Air-action/erection delle gomme da masticare, ai re della patatina, alle immagini subliminali diffuse nelle pubblicità e negli stessi film per bambini). Nel caso specifico di Peppa Pig
i suini sudditi hanno una testa che ricorda per l’appunto un genitale
maschile e che pertanto suggerisce il loro svilimento al livello della
“testa di cazzo”, evidentemente necessario per accettare la
sottomissione alla casa di Windsor. Sottomissione, certamente, perché
dietro la costituzionalità politicamente corretta della monarchia
britannica occorre ricordare che la famiglia reale conserva di fatto una
posizione di altissimo livello nella gerarchia globale. Aggiungiamo poi
che l’ipersessualizzazione dei bambini in tenera età è un preciso
obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, funzionale ad avere
ragazzi e adulti più manipolabili, e alla stessa imposizione della
cosiddetta “ideologia di genere”.
Fermo
restando, a questo punto, che la televisione non può mai essere
veramente educativa nemmeno quando trasmette contenuti “positivi” data
la natura distruttiva del contenitore, il confronto fra Peppa e Masha
resta disarmante.
Masha e Orso convoglia messaggi
di tradizione e nazionalismo, certamente di una nazione non nostra e
che pertanto non dobbiamo mutuare pappagallescamente, ma sicuramente si
tratta di valori genuini e non dettati dai soliti fini oscuri: si pensi
ad esempio ai numerosi riferimenti militari dell’oggettistica di Orso
(il cappello da guardia bolscevica piuttosto che i due modellini di
aerei con la stella rossa) o alla stessa incarnazione da parte di Orso
dei comportamenti tipo del russo (l’amore per l’arte e la musica, una
biblioteca ricchissima, un ritmo di vita lento). E infine, Masha in
effetti non sembra avere genitori, cosa che può andare a sfavore di
questa serie. Ma il ruolo di mamma e papà viene interpretato niente meno
che da un animale che rappresenta tradizionalmente la nazione russa per
cui è come se Masha fosse figlia della Russia (e la sua immagine di
bimbetta energica in abiti tradizionali è coerente con questo) e
quest’ultima potesse quindi essere la vera genitrice dei propri figli.
Un’idea quanto mai rivoluzionaria e controcorrente nell’Occidente allo
sbando.
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