Per una teologia del castigo
Nell'Antico Testamento le sciagure sono il castigo riservato
agli empi. Così i Proverbi:
Non giunge al giusto alcun malanno, gli empi invece son pieni di mali. (Pr 12,21)O il Siracide:
Chi pecca contro il proprio creatore cade nelle mani del medico. (Sir 38,15)Nei Vangeli, invece, Gesù si intrattiene coi lebbrosi e guarisce gli infermi. E ai suoi insegna:
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico. (Lc, 13,4-5)
L'idea che le disgrazie scaturiscano dalla trasgressione di
un codice etico è delle due la più antica, essendo anche la più primitiva. In
essa agisce non tanto la volontà di dare un ordine razionale a ciò che ci
appare arbitrario, ma piuttosto l'illusione teleologica e consolatoria di una
giustizia intellegibile - corrispondente cioè alla norma etica del momento -
che governerebbe i destini degli uomini.
Vieppiù consolatoria - e quindi appagante, e quindi responsabile del suo successo - è la sua inversa funzione giustificante: se la disgrazia colpisce i peccatori, allora io che non ne sono colpito sono un giusto. E in quanto giusto, a me non può succedere. È difficile resistervi. Se Tizio muore prematuramente ci preoccupiamo di sapere se conducesse stili di vita sbagliati. Se è vittima di un incidente ci auguriamo sia stato imprudente, non sfortunato. In quanto ai poveri, giova sempre sapere - o immaginare - che non lavorano perché assenteisti o sfaticati, che si drogano, delinquono, frequentano compagnie sbagliate, non si lasciano aiutare ecc. Che se la sono cercata.
Vieppiù consolatoria - e quindi appagante, e quindi responsabile del suo successo - è la sua inversa funzione giustificante: se la disgrazia colpisce i peccatori, allora io che non ne sono colpito sono un giusto. E in quanto giusto, a me non può succedere. È difficile resistervi. Se Tizio muore prematuramente ci preoccupiamo di sapere se conducesse stili di vita sbagliati. Se è vittima di un incidente ci auguriamo sia stato imprudente, non sfortunato. In quanto ai poveri, giova sempre sapere - o immaginare - che non lavorano perché assenteisti o sfaticati, che si drogano, delinquono, frequentano compagnie sbagliate, non si lasciano aiutare ecc. Che se la sono cercata.
Per quanto umana e parto dell'umana fragilità, la colpevolizzazione
delle vittime è però la deriva mentale non solo più ingiustificata e
ripugnante, ma anche la più pericolosa:
1 - perché nell'offrire una finta causazione alla portata di
tutti ostacola la ricerca delle cause naturali e quindi l'avanzamento delle
conoscenze;
2 - perché celebra nelle ingiustizie i correttivi di una società
che piace credere dura ma giusta, alimenta la fede nello status quo, fa delle
opposizioni e delle lotte per l'avanzamento sociale un fastidio;
3 - perché esclude la compassione: se chi subisce il male sconta
i propri errori, non bisogna compiangerlo ma anzi trarne soddisfazione per la
giustizia che vi si compie e la conferma della propria immunità. Non è però qui
un problema di buon cuore, essendo piuttosto l'immedesimarsi nei problemi
altrui un razionalissimo motore di civiltà: i sani curano gli infermi nella
prospettiva di ammalarsi, i giovani aiutano i vecchi nella prospettiva di
invecchiare, chi sta in alto tende la mano a chi sta in basso nella prospettiva
di cadere. Il moralismo, all'inverso, ci restituisce al mondo delle bestie per
altra via.
4 - perché nel giustificare il male giustifica la violenza. I genocidi,
le oppressioni e le stragi in grande scala sono tutti preceduti da una
demonizzazione etica delle vittime per rendere accettabile l'enormità di quei
fatti. I crimini per interesse restano circoscritti all'obiettivo, quelli a cui
si dà il nome di giustizia non hanno invece limiti, né remore, né decenza.
Si immaginerebbe che la modernità abbia fatto i conti con
queste devianze. In fondo millenni di filosofia e secoli di scienza non hanno
dato una definizione univoca di libero arbitrio, né hanno dimostrato che
esista. Pare comunque unanime che se gli individui fossero liberi di scegliere,
e quindi di sbagliare, e quindi di meritare un castigo, questa libertà - posto
che esista - sarebbe confinata in un margine infinitamente più ristretto di
quanto non ci suggerisca il senso comune.
Nel dubbio possiamo quindi salvare convenzionalmente il
concetto per formulare giudizi, educare la prole, amministrare la giustizia
ecc. ma dovremmo avere la decenza intellettuale di non farne una priorità
causale.
Accade invece il contrario, e anzi di peggio: che oggi la
trasgressione etica come causa efficiente e prevalente delle sciagure umane non
sia attribuita solo agli individui - che già sarebbe aberrante - ma a intere
comunità: gli italiani, i greci, gli imprenditori, i giovani. Che hanno vissuto
al di sopra delle loro possibilità, che non pagano le tasse, che corrompono e
si fanno corrompere, che accumulano debiti, che non sanno competere, che
rifiutano il progresso, che chiagnono, fottono e non vogliono prendere la medicina. E ne
scontano quindi il castigo.
È il principio della pena collettiva, che esce dalla porta
dei diritti umani e rientra dalla finestra dei diritti economicamente
sostenibili. O della Vergeltung, la rappresaglia nazista che si rivergina nel
giro di pochi decenni. In questo caso però con le vittime impegnate non a
denunciarne l'orrore ma a rivoltare le proprie fila per consegnare al boia i
fratelli: i vecchi troppo agiati, gli impiegati troppo tutelati, i giovani
troppo viziati, gli evasori, i populisti, gli xenofobi, gli avari, gli egoisti,
i corrotti. Finché, parafrasando un noto paradosso, non resterà loro che consegnare
sé stesse.
Purtroppo questi deliri anche lessicalmente puerili (ne
abbiamo abbozzata una fenomenologia qui) non rimangono confinati nel basso ventre della
superstizione e del ritardo mentale, come dovrebbero, ma permeano il discorso
politico fino ai suoi vertici. Con il duplice effetto di chiudere la via a
un'analisi razionale delle cause per risolvere i problemi a cui si allude (v.
punto 1) e di impedirci di vedere nella disgrazia degli altri il presagio della
nostra (v. punto 3). Così ad esempio i giornalisti di un noto quotidiano
economico che, avendo invocato la falce dei mercati nel 2011, ne assaggiavano
il filo nel 2016. Cose che capitano se quando sale l'acqua in terza classe, nel
salone delle feste si brinda a tutta pagina invece di denunciare la falla.
Il moralismo è il rifugio più penoso. Perché a qualsiasi
altezza della catena ragionativa offre una via di fuga per attribuire la
responsabilità delle proprie decisioni e analisi fallimentari a chi le subisce.
Di quella catena è l'anello maleodorante, ciò che la rende feccia,
superstizione, passe-partout dialettico alla portata di ogni pecora che, per un
giorno, vuole farsi leone affondando i denti nella carne dei moribondi. Fosse
anche la sua.
Nell'illusione di responsabilizzare gli altri, le
interpretazioni morali deresponsabilizzano chi ne fa uso esonerandolo dal
capire e agire secondo ragione. Anche perché, in una retorica cristallizzata
come un catechismo dove a ogni male corrisponde il suo peccato, non c'è più
niente da inventare. Si consideri il capitolo dedicato alle crisi. Semplice,
diretto, universale - a prova di scimmia (ポカヨケ):
Subiamo la crisi...
|
Per colpa...
|
... economica
|
... della Prima Repubblica spendacciona, degli
amministratori spreconi
|
... finanziaria
|
... dei banchieri avidi
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... occupazionale
|
... dei giovani comodi e accidiosi, degli apprendisti esosi,
dei vecchi viziati e fannulloni
|
... produttiva
|
... degli imprenditori pavidi e piagnoni
|
... migratoria
|
... degli italiani razzisti
|
... delle finanze pubbliche
|
... dei furbetti dello scontrino
|
... dei servizi pubblici
|
... dei corrotti
|
... dell'Europa
|
… dell'egoismo tedesco
|
... della politica
|
... del populismo
|
Questa rogna prospera anche perché aggredisce gli anticorpi che
la dovrebbero contenere, cioè la logica e il pensiero scientifico, quest'ultimo
infiltrato e piegato non già a ricercare le cause storiche, politiche,
aritmetiche dei problemi, ma a ripresentarne circolarmente gli effetti per
dimostrarne la natura peccaminosa. I meridionali stanno peggio? Quindi sono
peggiori. I giovani non lavorano? Quindi non ne hanno voglia. L'Italia va male?
Quindi ci si comporta male. Applicazioni che non differiscono in nulla dalle
più famose craniometrie apologetiche dell'arianesimo.
Chi poi non fosse d'accordo, chi proponesse di sostituire la
logica e i precedenti storici alla morale delle fiabe è invece complice del
declino. Giustifica i peggiori, si direbbe. Ne fa senz'altro parte anche lui.
Abbattuta così ogni barriera immunitaria, il morbo si fa
onnipotente e dal discorso si insinua nell'agire, paralizzandolo. La politica
smette l'ambizione di tradurre le soluzioni in regole e si dà a quella,
millenaristica e grottesca, di fustigare il vizio, amministrare l'espiazione,
redimere le moltitudini. Nascono partiti e correnti per promuovere l'onestà,
combattere l'odio, predicare la solidarietà e l'accoglienza, sanzionare gli
egoismi (al plurale). Si prefiggono, nientemeno, di cambiare la mentalità dei popoli. Sono idealisti,
predicatori, pedagoghi, psicoterapeuti, maestre d'asilo - tutto fuorché
servitori di una res publica che deve anzi servire le loro visioni, essere
all'altezza dei sogni che li invasano.
Questa inversione - la stessa del folle che pretende di
ruotare il pianeta per avvitare un bullone - certifica l'impotenza della
politica, cioè la sua morte. O per meglio dire, la perverte in qualcosa che è
al tempo stesso nuovo e primordiale. Ne fa una casta sacerdotale, il middle
layer di una teocrazia laica i cui dèi non posseggono la sostanza della
divinità ma ne usurpano gli attributi: i grandi investitori, le banche centrali,
i decisori non eletti, le commissioni e i patti transnazionali, le agenzie di
rating e tutti coloro che, in forza di un'indipendenza ordinamentale
sciaguratamente negletta dai più, rispondono solo al proprio capriccio.
Alla politica in senso lato (e quindi anche ai mezzi di
informazione) spetta il compito etimologicamente re-ligioso di mediare la
volontà degli pseudo-dèi, difenderla dalla blasfemia di chi vi si oppone,
imporla e predicarla ai fedeli traendone una norma etica e un corollario di dogmi,
feticci e virtù cardinali: competizione, produttività, libertà dei commerci,
internazionalismo, intraprendenza, digitalizzazione... Ma più ancora deve
nasconderne i danni dietro la cortina teologica del castigo e riversarne la
responsabilità su un popolo indegno, irriconoscente e immaturo: "… ma se
non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo" (ibid).
Un castigo giusto e meritato, si intende, sicché nessuna
soglia è inaccettabile: nemmeno il sacrificio umano - salvo chiamare
diversamente i suicidi e le morti premature che, in Grecia come altrove, hanno
spento decine di migliaia di vite per compiacere gli autarchi di
mammona: gli dèi abusivi, gli antagonisti della divinità (Lc 16,13). È fanatismo
religioso, con l'aggravante di prostrare le masse a creature del fango e non
del cielo, la cui forza sta tutta nella follia di chi ci crede e di chi,
smarrito il giusto, lo cerca nella disgrazia degli altri.
Fonte diretta: http://ilpedante.org/post/per-una-teologia-del-castigo
Ps: i commenti all'interno del link sopra menzionato, sono molto interessanti.
Ciao Wlady
RispondiEliminale menti umane sono spesso preda dei Voladores,per dirla alla Castaneda,questi esseri immateriali che si cibano delle energie degli umani soprattutto aizzando sentimenti di invidie gelosie etc.
Inoltre la mente umana viene continuamente stimolata a trovare sempre una giustificazione che gratifichi se stesso.
E'talmente poi piena di pensieri tipo e " se io faccio cosi allora succede cosi " e se vado in quel posto magari incontro..... e tra un anno magari vado a....
Vive cioe' in una continua virtualità che non fa vivere il presente, unica cosa importante per la vita.
E che inoltre rende schiava la persona del sistema che lo vuol far credere libero e potente con l utilizzo delle ultime novità tecnologiche.
La colpa poi è sempre di qualcun altro e quindi ci hanno cacciato in un vicolo cieco.
Per uscirne credo che si debba essenzialmente fare due cose ;
smetterla con la concorrenza in tutti i campi comprese quella nelle relazioni di cuore , smetterla con le gelosie , che sono delle trappole enormi e ritrovare l' antico sapore di quando eravamo dei nomadi, che girovagavano sul pianeta.
Nomadi che nel gruppo avevano la loro forza,che sentivano la fratellanza universale nel loro gruppo.
Probabilmente sarà difficile che accada senza un evento traumatico in quanto nessuno si interessa degli altri fintantoche' non accade qualcosa.
Se si riflette con calma e si sta piu' a contatto con la natura e si discute di meno su qualsiasi cosa, l'amore che tutti noi abbiamo nel cuore su rivelerà e sarà in grado di soppiantare questa mente cosi facilmente manipolabile.
Il cuore, ce l hanno detto tutti i grandi del passato, se vuole supera la mente,anzi, la mette al servizio dell' amore universale !!
salutoni ciao
roberto
Ciao Dottor Roberto;
Eliminasei un grande romantico, perché nonostante tutto pensi positivo, auspicando un'amore universale.
E' molto più facile che succeda qualcosa di irreparabile piuttosto che l'umanità riscopra il contatto con la natura e di conseguenza la vera natura del Dio che è in ogni essere vivente.
L'irreparabile è già successo in un lontano passato, dove è stata cancellata la vita così come la intendiamo, succederà ancora è inevitabile.
Un caro saluto;
wladimiro
Lo so Wlady che è un periodo nero,come ce ne sono sempre stati nel corso dei secoli.
EliminaMa non possiamo arrenderci ad un mondo senz' anima ed amore.
Possiamo definire questa Terra ostaggio del male,una specie di prigione,forse una prova da superare per noi.
Ma non dobbiamo perdere la fiducia e l' ottimismo.
Come vedi il sistema continua a dare colpi violenti,ma forse per questo sappiamo che sta per crollare.
Verrà sostituito da un altro probabilmente anch' esso non proprio idilliaco,ma molte rivelazioni sono in atto e molte coscienze si stanno modificando.
Attendiamo certamente un evento,forse catastrofico o forse come diceva Mc Kenna nel 1997
" è chiaro che il sistema nervoso sta globalizzandosi,sta costruendo un modello di pensiero consapevole su scala planetaria.
io chiamo questo evento,l' oggetto trascendentale alla fine del tempo.
Vi è in atto un processo di accelerazione,provocato dalla dissoluzione di tutte le barriere....e le religioni troveranno qui il loro compimento...
Saremo investiti da particelle dette Tachioni,piu' veloci della velocità delle luce che si scagliano a ritroso nel tempo "
Insomma dai Wlady,periodo incredibile nel bene e nel male.
Cerchiamo il piu' possibile di mantenere la barra a dritta e manteniamo la speranza
cari saluti roberto
Grazie Roberto della tua carica positiva.
EliminaRicambio i graditi cari saluti.
wlady