L’atto più violento che si possa commettere
Esiste un’illusione subdola che ammalia la maggior
parte delle persone e le fa partecipare ad una delle azioni più violente
che siano mai state concepite: il voto.
L’illusione di cui parlo ha molte sfaccettature ma può essere
semplificata in modo da poterla rendere palese. Tutto nasce dalla favola
che, negli attuali regimi democratici, lo stato, il governo, siano la rappresentazione della volontà popolare, volontà che conferisce l’autorità di compiere determinate azioni.
Che
queste azioni siano violente od innocue, esse hanno come base giuridica
e morale il consenso del popolo acquisito attraverso il processo
elettorale. Almeno questo è ciò che ci viene spiegato sin dalla tenera
età.
Come già detto, tutto ciò è solo una favola. Se mettiamo da parte per un attimo questa visione romanzata, ci rendiamo conto che nessuna
organizzazione o singolo individuo ha alcuna necessità di acquisire
potere e autorità se deve compiere azioni benevole, pacifiche e
largamente condivise. Al contrario si evince che potere ed
autorità servono a coloro che vogliono compiere azioni opposte. E allo
stesso modo servono allo stato con l’unico scopo di compiere atti violenti.
Per
molti potrà sembrare un’esagerazione o persino un’affermazione blasfema
ma, tra gli studiosi di sociologia, politologi e filosofi, quanto
appena affermato è una semplice e palese constatazione, riassunta in maniera sublime nelle parole dell’economista, sociologo, filosofo e storico tedesco Max Weber: “Uno Stato è un’istituzione umana che rivendica il monopolio
dell’uso legittimo della forza fisica all’interno di un determinato
territorio. […] Lo Stato è considerato l’unica fonte del ‘diritto’ di
usare la violenza”. In effetti, lo stato è l’unica entità alla quale noi concediamo
l’autorità di commettere violenza. Questa violenza si palesa solo ed
esclusivamente grazie agli elettori, a prescindere dal voto espresso.
Questo
va specificato perché l’elettore vive un’altra sfaccettatura
dell’illusione che gli fa credere di sostenere, con il voto,
esclusivamente il candidato, il programma o l’ideologia per la quale
egli vota. Una responsabilità circoscritta, quindi, a ciò che l’elettore
s’illude di sostenere. La realtà è che la sua azione legittima la formazione del governo in toto e quindi tutte le sue azioni e decisioni.
Inoltre, grattando la superficie, queste decisioni si scoprono essere prese da stretti gruppi di persone.
Effettivamente il processo elettorale è intrinsecamente antidemocratico poiché non permette in alcun modo di sostenere o delegittimare alcuna azione o decisione governativa. L’unica sua funzione è legittimare
la sovrastruttura statale e, di conseguenza, tutte le sovrastrutture da
quest’ultimo supportate che allontanano sempre di più il potere
decisionale dal singolo individuo verso potentati di varia natura senza
alcun controllo.
Alla luce di questo, votare è l’atto primo
che determina la perdita di qualunque sovranità, la perdita di qualunque
democrazia nel senso più lato del termine e legittima la violenza
necessaria alle sovrastrutture per esercitare il loro potere. Non votare
è invece delegittimare quell’autorità che verrebbe meno senza lo scudo
fornito dall’illusione di essere espressione della volontà popolare.
Le violenze di cui parliamo sono tali, in grandezza e numero, da far
impallidire qualsiasi confronto con qualsiasi crimine mai commesso da
singoli individui. La percezione comune è che lo stato sia quell’entità benevola che garantisce sicurezza e ordine. Purtroppo anche questa è una visione romanzata della verità. Infatti i numeri dicono il contrario: il politologo Rudolph Joseph Rummel ha messo in luce che gli stati, dal ‘900 ad oggi, hanno causato 6 volte più morti fra i propri cittadini che tutte le guerre di quel periodo messe insieme. Significa che è molto più probabile essere uccisi dal proprio governo che in un conflitto con un governo straniero.
In nome di questo permettiamo allo stato di fare a noi quello che noi non faremmo al nostro peggior nemico.
Parlando di conflitti, facciamo solo un piccolo esempio tra innumerevoli: le sanzioni economiche imposte all’Iraq dopo la guerra del Golfo del 1991
hanno impedito all’Iraq di ricostruire i servizi igienico-sanitari,
idrici ed elettrici andati distrutti perché proprio scelti e colpiti consapevolmente
come obiettivi militari. Queste sanzioni, sostenute e applicate
dall’ONU, secondo l’UNICEF e altre organizzazioni internazionali, hanno
contribuito alla morte raccapricciante stimata da 3.000 a 5.000 bambini al mese per oltre 8 anni e mezzo.
Tutti gli elettori hanno partecipato attivamente
all’azione dei governi che hanno direttamente causato o passivamente
permesso le inutili morti di questi bambini dovute a malattie e un basso
tenore di vita. Perciò il sangue di centinaia di migliaia di bambini
Iracheni innocenti, negli anni successivi alla Guerra del Golfo del ’91,
macchia le mani di ogni singolo elettore Americano e ogni singolo elettore di tutti i paesi coinvolti. Italia compresa ovviamente.
Il voto è come un missile sparato contro un
bersaglio invisibile, lontano anche migliaia di chilometri. Un metodo
pulito di partecipare a distanza di sicurezza alla violenza più orribile
che si possa mai immaginare.
Genocidi, persone mutilate,
giustiziate, bruciate vive, rese indigenti e lasciate morire di fame e
di stenti. Orrori comuni in qualsiasi guerra. Nessun uomo potrebbe
compiere azioni simili senza subire ripercussioni etiche o sociali,
mentre se compiute da uno stato, sono considerate legittime.
È proprio questo scudo di legittimità
fornito dallo stato, a sua volta ottenuto dall’attività elettorale, che
rende poi gli uomini meno responsabili, intaccando profondamente il
loro senso di giustizia e la loro etica, così da trasformarli in
perfetti soldati. O killer se vogliamo. Un inganno psicologico, spiegato
perfettamente dallo psicologo sociale Milgram nel suo esperimento
sull’autorità.
L’elettore è responsabile della creazione di entità che sono riuscite a generare una quantità di morte e distruzione paragonabile solo a catastrofi naturali e che mai un singolo individuo si sarebbe sognato di compiere.
L’elettore è responsabile della creazione di entità che sono riuscite a generare una quantità di morte e distruzione paragonabile solo a catastrofi naturali e che mai un singolo individuo si sarebbe sognato di compiere.
Certo, si può ignorare tutto questo e credere
all’ennesima sfaccettatura dell’illusione, ovvero credere che tutti i
problemi non siano intrinsechi all’entità stato e al potere, ma siano
solo frutto di mala politica, risolvibile con l’elezione di persone più
capaci. Eppure è quello che si è sempre fatto finora, senza che mai sia stato posto un freno alle violenze.
Inoltre questo modo di pensare rappresenta insieme una tremenda condanna e un illogico controsenso: la condanna è ritenere che ci sia necessariamente bisogno della forza
per fare coesistere le persone nella società che altrimenti sarebbe
persa nella cattiveria, egoismo e violenza, rinunciando a qualsiasi
tentativo di, per lo meno, provare a basare la società su altri paradigmi,
rispetto all’autorità; il controsenso è ritenere che da una società già
giudicata cattiva, egoista e violenta, si possano eleggere degli
individui, dargli potere, il diritto di commettere atti violenti e che
questi poi li usino per il bene comune.
Per tutti questi motivi, rifiutandosi di votare, si fa molto di più che creare una voce statistica a margine di un foglio di registro. Dal punto di vista pratico è un modo per non illudersi, per non aspettare false soluzioni, per impiegare le proprie energie nel cercare alternative che funzionino piuttosto che puntare continuamente su un numero perdente. Dal punto di vista morale ed etico è un modo di ridurre il proprio livello di responsabilità per gli atti di violenza esercitata dal governo, per i quali un individuo non si sarebbe mai impegnato di persona, e che non si vuole siano commessi in proprio nome. È un modo di esprimere pubblicamente la profondità del proprio credere nel rispetto della vita e nel ripudiare la violenza, esternare la propria fiducia in se stessi, nel prossimo e nel futuro.
Voting Is An Act of Violence
by Hans Sherrer – 1999
Fonte: http://www.masonmassyjames.it/
http://ningishzidda.altervista.org/
®wld
Nessun commento:
Posta un commento
Tutti i commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.E' gradito il nome o il nikname