Il principe dei medici e dei filosofi del fuoco
Grande fisico paradossale
Il trismegisto della Svizzera
Primo riformatore della filosofia alchemicha
Adepto in alchimia, Cabala e Magia
Fedele naturalista
Maestro dell'elisir della vita e della pietra filosofale
Grande sovrano dei segreti alchemici
Philippus Aurelius Teophrastus Bombastus von Hoenheim nacque
in Svizzera nel 1493, medico eccelso ed alchimista di prim'ordine, dotato di una
forte personalità e di un'altrettanta forte arroganza. Era talmente pieno di
sé che gli inglesi inventarono il termine bombastic per definire le persone
arroganti. Si autodefinì Paracelso, ovvero più grande di Celso (massima
autorità medica nel 1° secolo d.C.)
Tuttavia tale pomposità trovava valido motivo di essere nei
suoi studi, tra i tanti scritti lasciati troviamo appunti che tuttora lasciano
sorpresi e perplessi. Il suo libro Chirurgia minore è il precursore della
moderna medicina, e su molti dei suoi libri troviamo concetti ed insegnamenti
innovativi.
Paracelso era figlio di un gran maestro dell'ordine
Teutonico e valente medico, tanto che Paracelso avrà sempre parole di grande
rispetto nei suoi confronti. Dopo un primo periodo di studi con il padre, fu
seguito da Tritemius, abate di Spanheim, e grande Cabalista, per poi imparare
la medicina e la chimica da Sigismund Figger. Per tutti i suoi maestri
Paracelso avrà sempre parole di lode. Si recò poi in Germania ed Ungheria per
imparare i segreti dei metalli dai minatori. Nonostante le difficoltà perseguì
il suo scopo con tenacia. La sua ricerca lo porterà in Russia alla ricerca
delle miniere dei Tartari. Sarà fatto prigioniero dal Khan dove apprenderà
altri segreti. Sarà inviato da quest'ultimo al seguito di una spedizione
diplomatica a Costantinopoli dove incontrerà un Arabo che gli insegnerà i
segreti della pietra filosofale, all'epoca aveva 28 anni. Nonostante la
moltitudine di libri non vi è nessuno scritto di Paracelso su questo viaggio,
documentato però da Van Helmont.
In Turchia Paracelso esercitò come chirurgo presso l'armata
Imperiale eseguendo operazioni straordinarie, il suo libro la Grande Chirurgia
stampata in folio ne è una prova schiacciante.
In Europa all'epoca si usavano le pratiche Galvaniche e
Arabiche, i metodi usati erano quelli del salasso, lo spurgo, il rigurgito, i
lavaggi, ecc. Nulla potevano queste pratiche contro un disturbo venereo che
colpì l'Europa. A Bologna Jon Carpus, illustre chirurgo e anatomista, eccelleva
nella tecnica della salivazione indotta col mercurio. Paracelso apprese le
proprietà del mercurio e riuscì a preparare delle pillole. La cura diveniva
meno aggressiva di quella usata da Carpus, in questo modo fu in grado di curare
la scabbia, la lebbra, le ulcere, il morbo Napoletano e persino la gotta.
La sua fama aumentò rapidamente, tanto che gli fu offerta la
cattedra di medicina all'università di Basilea. Al suo discorso pubblico di
fronte all'università disse "Sappiate dottori, che la mia barba ha più
esperienza di tutte le vostre università, il più sottile capello della mia nuca
ne sa più di tutti voi, le fibbie delle mie scarpe sono più sapienti dei vostri
sapienti più famosi." E' facile immaginare l'indignazione che provocò,
alla sua prima lezione si fece portare un vaso in ottone e dopo averlo riempito
di zolfo e salnitro vi appiccò il fuoco bruciando i libri di Galeno e Avicenna.
A causa del suo carattere focoso, le sue lezioni pian piano furono disertate
dagli studenti, e Paracelso iniziò a bere, tanto che ben presto lo additarono
come ubriacone. Dopo tre anni lasciò la cattedra per riprendere i suoi
vagabondaggi. Non smise mai di bere, eppure pur essendo ubriaco riusciva a
compiere operazioni chirurgiche di tale bravura e precisione da rasentare
l'impossibile.
Morì a Salisburgo, vicino al caminetto dell'osteria il
Cavallo Bianco. In tutta la sua vita aveva pubblicato si e no quattro libri. Il
suo servitore Oporinus rimase al suo fianco per anni nella speranza di carpirne
i segreti, ed alla morte di Paracelso fu sorpreso di trovare tanti manoscritti, poiché non lo aveva mai visto scrivere una parola. E la sorpresa fu ancora
maggiore quando si rese conto che tali scritti avevano un'eleganza ed una forma
di linguaggio che non sembrava possibile fossero stati scritti da un ubriacone.
Eppure nell'Archidoxa Medicinae tratta dei fondamenti e
delle massime che riguardano la chimica, tanto che sono considerate a tutt'oggi
tra le più illuminanti nel campo chimico. Nella prefazione si legge "Era
mia intenzione pubblicare tutti e dieci i volumi dell'Archidoxa, ma poiché
ritengo che il genere umano non sia ancora maturo a sufficienza per i tesori
offerti nel decimo libro, ho pertanto deciso di tenerlo nascosto nel mio
occipite e di non riportarlo alla luce finché non vi decidiate ad abiurare
Aristotele, Avicenna e Galeno e giurare fedeltà al solo ed unico
Paracelso"
La grandezza di Paracelso fu quella di affrontare la ricerca
della conoscenza con mente aperta e spirito indagatore, rifuggendo quelle che
erano le schematiche dell'epoca. Usava l'oppio in alcune delle sue terapie
somministrando pastiglie che lui chiamava laudanum, ovvero la sua medicina più
lodevole.
Si narra che fosse riuscito a concepire la vita in vitro, i
suoi studi erano un misto di scienza e alchimia, come si evince dai suoi
appunti "Se la fonte di vita, chiusa in un'ampolla di vetro sigillata
ermeticamente, viene seppellita per quaranta giorni in letame di cavallo e
opportunamente magnetizzata comincia a muoversi e a prendere vita. Dopo il
tempo prescritto assume forma e somiglianza di essere umano, ma sarà
trasparente e senza corpo fisico. Nutrito artificialmente con arcanum sanguinis
hominis per quaranta settimane e mantenuto a temperatura costante prenderà
l'aspetto di un bambino umano. Chiameremo un tale essere Homunculus, e può
essere istruito ed allevato come ogni altro bambino fino all'età adulta, quando
otterrà giudizio ed intelletto."
Nei resoconti di Oporinus spiega che il suo padrone era un
giorno senza un soldo ed il giorno successivo ne aveva in grande abbondanza. Si
faceva prestare i soldi da amici e conoscenti per restituirli il giorno dopo
con l'aggiunta di stravaganti interessi. Nella sua conoscenza di alchimia e
chimica sembra difatti che vi fosse anche la pietra filosofale, sicuramente era
in grado di trasmutare gli elementi, pur senza avere cognizione dei numeri
atomici che accompagnano le formule chimiche moderne. Nel suo Theatrum
Alchemiae fa riferimento ad un tesoro nascosto sotto un albero.
Ad ucciderlo più che la sua passione per l'alcool fu la
delusione di aver incontrato una platea di menti ottuse tra i grandi dottori e
i grandi sapienti dell'epoca. Forse lo consolerebbe sapere che a distanza di
500 anni non è cambiato nulla.
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