1861 – 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia. Ovvero la pulizia etnica voluta dai Savoia e i lager sabaudi.

Nel 1815, quando i Borboni rientrarono a Napoli, la popolazione del Reame era di 5.100.000 abitanti. Nel 1835 era cresciuta di 1.000.000 de nel 1846 toccò gli 8.500.000 abitanti, che diventarono 9.117.050 nel 1856 (ultimo censimento disponibile).

I Borboni – a dispetto dell’immobilismo spagnolo – costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l’industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo. Prosperarono ricchezza e cultura e il Reame divenne uno degli Stati più ricchi al mondo.

La ferrovia fece la sua apparizione nel 1839, con la tratta Napoli – Portici, poi estesa fino a Castellammare. Seguirono la Napoli – Capua, la Napoli – Nola estesa in seguito dapprima fino a Sarno e poi fino a Sansevero.

Nel 1837 arriva il gas e il telegrafo nel 1852. Col benessere aumentarono i consumi e si svilupparono nuove aziende, si migliorarono le strade, le scuole, si debellò la delinquenza, si riformò la scuola rendendola obbligatoria affinché tutti sapessero leggere e scrivere. Le scuole religiose furono parificate alla pubblica e si visse un rinascimento culturale: architetti, ingegneri, pittori, scultori trovarono nel Reame ampio spazio. Si costruirono teatri (il San Carlo in soli 270 giorni!) e si svilupparono attività connesse alla cultura. Nascono così l’Officina dei Papiri, l’Orto Botanico, il Museo di Archeologia, l’Osservatorio di Astronomia, la Biblioteca Nazionale e l’Osservatorio Sismologico del Vesuvio.

Anche lo sviluppo industriale ebbe una crescita senza limiti, raggiungendo primati che hanno del miracoloso. Pensate il settore metalmeccanico impiegava 1.600.000 persone e il resto della penisola 1.100.000. nascono opere di alta ingegneria come i primi ponti di ferro, sul Calore e sul Garigliano.

Ampio sviluppo si ha nella cantieristica navale tanto che la flotta mercantile del Reame era seconda solo a quella inglese e quella militare era terza al mondo, dopo l’inglese e la francese. Si deve al Reame il Primo Codice Marittimo Internazionale.

Il Reame era un immenso polo industriale! Anche il settore tessile trovò ampio sviluppo e a Pietrarsa nasce il più grande opificio della Penisola, con 8.000 addetti. E si deve al Reame l’istituzione della Pensione di fine rapporto, trattenendo il 2 percento dello stipendio mensile. La disoccupazione era prossima allo zero, infatti oltre al 1.600.000 addetti all’industria v”erano 3.500.000 addetti all’agricoltura, 1.000.000 alle attività marittime e circa 300.000 a quello che oggi è chiamato terziario.

Ogni paese del Reame aveva la sua banca e si deve alla Banca delle Due Sicilie l’invenzione degli assegni. Sempre nel Reame nascono le prime Agenzie Viaggi che sviluppano un turismo di massa facendo conoscere al mondo intero Pompei ed Ercolano. In seguito i resti greci in Sicilia con la Valle dei Templi.

Le paludi furono bonificate, nascono Accademie Militari come la Nunziatella, Accademie Culturali, Scuole di Arti e Mestieri e i Monti di Pegno. Le Università sono piene e licenziano – oltre a ingegneri e architetti – professori illuminati e medici. E proprio grazie ai medici – erano 9.000 in tutto il Reame – i Borboni sommano un altro traguardo la più bassa mortalità infantile del mondo e la migliore gestione sanitaria sul territorio.

I conti dello Stato erano in salute e non vi era deficit pubblico e alla Borsa di Parigi – la più grande al mondo a quei tempi – e alla Borsa di Londra, i Buoni del Tesoro del Reame erano quotati a 120, ovvero lo Stato delle Due Sicilie era considerato tra i più affidabili al mondo.

Tralascio altri primati del Reame – chi è interessato può leggere i miei post o scrivermi privatamente – dico solo che tutto questo non lo troverete nei libri di storia.

Sappiamo poi cosa è successo !

E siamo nel 1861, il 13 di febbraio. Cade Gaeta, ultimo baluardo borbonico. Dopo 3 mesi di resistenza e 160.000 bombe, Gaeta cede e il Generale Cialdini entra in città con un ordine ben preciso di Cavour: distruggere Gaeta rea di avere rallentato i suoi progetti.

Cavour sapeva bene che lo Stato Sabaudo era alla bancarotta e aveva bisogno delle ricchezze del Reame, come sapeva bene che la sifilide lo stava uccidendo ed egli, prima di morire, voleva vedere "l’unità d’Italia"! Ovvero appropriarsi delle casse borboniche e dare vita al suo progetto di ingegneria finanziaria che culminerà con la nascita del Banco di Sardegna che diventerà poi Bankitalia. (leggere il mio post).

Nasce il 13 febbraio 1861 quella che oggi viene chiamata "questione meridionale".

Il Reame viene saccheggiato per salvare il Piemonte e il tutto sotto l’occhio vigile degli Inglesi e della Massoneria che avevano deciso di distruggere il Regno delle Due Sicilie perché rappresentava un pericolo alla supremazia navale di Londra! Con la fine del Reame moriva anche un ideale unico quello di uno stato libero da ingerenze straniere!

Comincia ora una vergogna che umilia la nostra dignità di cittadini! Da Londra, per ordine del Gran Maestro Venerabile della Massoneria Inglese, il Piemonte riceve l’ordine di iniziare una "pulizia etnica" verso il Meridione.

In agosto i giornali danno ampia eco alla battaglia di Castelfidardo, che fu meno di una scaramuccia. Tacciono invece sulle stragi di innocenti che vengono commesse in nome dell’unità.

Vengono trucidati giovani, preti, vecchi. Vengono violentate donne, sgozzati bambini e processi sommari fanno lavorare a pieno regime i plotoni di esecuzione.

Dal 1861 al 1871 furono massacrati 1.000.000 di cittadini su 9.117.050! Oltre il 10 percento della popolazione! È come se oggi venissero massacrati 6.000.000 di italiani. Ma nessuno sapeva e nessuno doveva sapere!

Qualche giornale straniero pubblicò la notizia e le cifre sono terribili! Dal settembre 1860 al settembre successivo vi furono

1. 8.968 fucilati; 2. 10.804 feriti; 3. 6.112 prigionieri; 4. 64 preti, 22 frati, 62 giovani e 63 donne uccise; 5. 13.529 arrestati; 6. 1.000 case distrutte; 7. 6 paesi incendiati; 8. 12 chiese saccheggiate; 9. 1.428 comuni depredati.

Dati sicuramente sottostimati ma erano i dati, diciamo così, ufficiali.

Nasce in quel periodo il Movimento per la Resistenza cui seguirà il Movimento Rivoluzionario Anti-Piemontese, che poi verrà indicato col nome di Brigantaggio.

Dal 1861 al 1862 i Comandanti Sabaudi emanarono bandi che avrebbero fatto impallidire i comandanti nazisti. Oggi sarebbero bollati come criminali di guerra!

Il Generale Salaroli – che definiva i contadini grande canaglia dell’ultimo ceto – così scriveva a Vittorio Emanuele: "I contadini devono essere tutti fucilati, senza far saper niente alle autorità . Imprigionarli non è conveniente perché una volta in galera, lo Stato deve provvedere al loro sostentamento".

Il più feroce era proprio il Generale Cialdini che, dopo aver distrutto Gaeta, telegrafò al Governatore del Molise: : "Faccia pubblicare un bando che fucilo tutti i paesani che piglio armati e do quartiere solo alla truppa".

Il Generale Fanti, in un bando, sanciva la competenza dei tribunali militari straordinari anche per cause civili. E il Generale Pinelli estese la pena di morte ".. a coloro che con parole od atti insultassero lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale".

Il generale Della Rocca, altro campione di democrazia impartì l’ordine che "non si perdesse tempo a far prigionieri, dato che i governatori avevano fatto imprigionare troppi contadini".

Il Colonnello Pietro Fumel si vantò di avere mandato alla fucilazione " briganti e non briganti" e sottoponeva a torture e sevizie i civili prigionieri.

I Piemontesi in 10 anni distrussero il Meridione. Dopo averlo invaso senza motivo alcuno e senza una dichiarazione di guerra (si comportarono come Saddam Hussein con il Kuwait), lo saccheggiarono portando a Torino oro e denaro, massacrando senza pietà.

Il 14 febbraio Francesco II lascia Gaeta e disse al Comandante Vincenzo Crisculo – uno dei pochi restatogli fedele: "Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere. Il Nord non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere".

Mai parole furono così vere!

In 10 anni i Piemontesi si portarono via tutto quello che c’era da portare via. Oltre a saccheggiare città. Paesi e chiese, smontarono i macchinari delle fabbriche per rimontarli al nord. Si appropriarono di quadri, sculture, gioielli arrivando al punto di saccheggiare anche le case dei contadini portando via le vere nuziali di quei poveracci! Fu un’azione che definire criminale è poco.

Alienarono i beni della chiesa e quelli demaniali incassando circa 1.200.000.000 di lire dell’epoca.

Le fabbriche smantellate causarono disoccupazione e gli operai raggiunsero le montagne per diventare partigiani e combattere l’aggressore.

La feroce repressione ha inizio quando il Generale Ferdinando Pinelli, affrontato dai contadini ascolani nei pressi del fiume Tronto, fu colpito da una sassata. Incazzato come una stufa, emanò un bando che così diceva: "Ufficiali e soldati! La vostra marcia tra le rive del Tronto e quelle della Castellana è degna di encomio. S.E. il Ministro della Guerra se ne rallegra con voi. Selve, torrenti, balze nevose, rocce scoscese non valsero a trattenere il vostro slancio; il nemico, mirando le vostre penne sulle più alte vette dei monti ove si riteneva sicuro, le scambiò per quelle dell’ aquila Savoiarda, che porta sulle ali il genio d’Italia: le vide, impallidì e si diede alla fuga.

Ufficiali e soldati! Voi molto operaste, ma nulla è fatto quando qualche cosa rimane da fare. Un branco di quella progenie di ladroni ancora si annida tra i monti, correte a snidarli e siate inesorabili come il destino. Contro nemici tali la pietà è un delitto. Vili e genuflessi, quando vi vedono in numero, proditoriamente vi assalgono alle spalle, quando vi credono deboli, e massacrano i feriti.

Indifferenti a ogni principio politico, avidi solo di preda e di rapina, or sono i prezzolati scherani del vicario, non di Cristo, ma di Satana, pronti a vendere ad altri il loro pugnale. Quando 1′oro carpito alla stupida crudeltà non basterà più a sbramare le loro voglie, noi li annienteremo; schiacceremo il vampiro, che con le sozze labbra succhia da secoli il sangue della madre nostra, purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall’ immonda sua bava, e da quelle ceneri sorgerà rigogliosa e forte la libertà anche per la provincia ascolana".

È giunto il momento che i Savoia, i Cavour, i Bixio, i Garibaldi, i La Marmora e i Generali come Pinelli o Cialdini vengano processati e giudicati da un tribunale morale. Ma credo che sarà il tempo – galantuomo – che ristabilirà la verità.

Il Conte di Saint-Jorioz Alessandro Bianco, piemontese, anch’egli sterminatore di innocenti, nelle sue memorie scrive: "…Il Piemonte si è avvalso di esuli ambiziosi, inetti, servili, incuranti delle sorti del proprio paese e preoccupati soltanto di rendersi graditi, con i loro atti di acquiescente servilismo a chi, da Torino, decide ora sulle sorti delle province napoletane. E accanto a questi uomini, adulatori e faziosi, il Piemonte ha posto negli uffici di maggiore responsabilità gli elementi peggiori del paese: figli dei più efferati borbonici, per fama spioni pagati dalla polizia, sono ora giudici di mandamento o Giudici circondariali, sotto prefetti o delegati di polizia; negli uffici sono ora soggetti diffamati e ovunque personale eterogeneo e marcio che ha il solo merito di essersi affrettato ad accettare il programma Italia e Vittorio Emanuele ed una sola qualità :quella di saper servire chi detiene il potere".

Nel terribile decennio che stiamo trattando si assiste anche allo sfaldamento delle famiglie del sud. Motivo è il servizio di leva.

Una legge di Ferdinando II, del 1834, esentava dal servizio militare i giovani sposati, i figli unici, i figli orfani di padre o di madre o di entrambi i genitori, i figli il cui stipendio era necessario per sostenere la famiglia, i seminaristi e chi si occupava, come diacono, della chiesa. E se una famiglia aveva due o più figli, ne dava solo uno all’esercito.

I Piemontesi cambiarono la legge: tutti i figli maschi dovevano prestare servizio di leva! Non sol il servizio veniva prestato al nord dove i giovani del sud venivano istruiti e mandati poi a sparare contro i fratelli nel sud!

Quella piemontese era una crudeltà gratuita che portò molti giovani a darsi alla macchia ed ingrossare così quei gruppi partigiani che sfoceranno nel brigantaggio.

Recita un proverbi dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Ora state attenti, quello che segue è un articolo apparso sul "Globe", un quotidiano inglese, nel 1849, giornale vicino a Lord Palmestron, Ministro Britannico molto ascoltato da Sua Maestà la Regina Vittoria.

Scriveva il Globe: ".. .E’ da ritenere che gli accadimenti dell’anno scorso non siano stati che la prima scena di un dramma fecondo di risultati più vasti e più pacifici. L’edificio innalzato dal Congresso di Vienna era così arbitrario e artificioso che ciascun uomo di stato liberale vedeva chiaramente che non avrebbe sopportato il primo urto dell’Europa. L’intero sistema stabilito dal Congresso di Vienna stava dissolvendosi e Lord Palmerston ha agito saggiamente allorché ha rifiutato il proprio concorso a opporre una diga all’onda dilagante. Il piano che egli ha concepito è quello di una nuova configurazione dell’Europa attraverso la costituzione di un forte regno tedesco che possa costituire un muro di separazione fra Francia e Russia, la creazione di un regno polacco-magiaro destinato a completare l’opera contro il gigante del nord, infine un reame d’Italia superiore guidato dalla casa Savoia."!

Era chiaro che l’Inghilterra stava ridisegnando l’Europa (lo ha sempre fatto anche in seguito! Chi ha ridisegnato i confini del medioriente? Sempre loro!) e lo faceva secondo la Profezia Comenius espressa in Lux in tenebris.

COMENIUS: chi è interessato può leggere la nota del Professor Talenti alla fine del post.

E torniamo a noi! Secondo la Profezia "Lux in tenebris" si doveva avere una Europa fatta di chiese nazionali, con scopi filantropici e che fossero tutte sullo stesso piano, disconoscendo di fatto il Papa che di fatto non aveva motivo d’essere.

Questo progetto però cozzava con gli Asburgo cattolici, con la Russia anch’essa cattolica e col Reame.

Quest’ultimo infatti fu il primo stato che aveva saputo integrare il dogma cattolico con il verbo del Vangelo; tradotto in pratica da leggi che non disdegnavano le novità della rivoluzione francese o quelle comuniste del Campanella e di Marx.

E come s’è visto, nella Penisola italiana era il Piemonte preposto a tale funzione. D’altra parte i Savoia – legati mani e piedi alle consorterie massoniche inglesi – poco avevano da obiettare.

E Londra mandò Lord Gladstone a Napoli e Lord Mintho nei vari stati italiani a preparare il terreno, ovvero quella che doveva essere una rivoluzione geo-politica.

Rivoluzione che doveva essere guidata – ideologicamente – da Giuseppe Mazzini, capo della Carboneria Italiana, il cui scopo finale, secondo il suo fondatore genovese Antonio Maghella, era "..quello di Voltaire e della rivoluzione francese: il completo annientamento del cattolicesimo ed infine del cristianesimo".

La pianificazione del progetto che riguardava il Piemonte ebbe buon fine, con enormi vantaggi per i Savoia!

Il bottino finanziario sabaudo fu enorme e parte servì per pagare i mercenari che si unirono a Garibaldi e i suoi mille. Che mille non erano ma erano molti di più.

Scrive Vittorio Gleijes storico e profondo conoscitore degli intrecci sabaudo-inglesi: "… il tesoro del Regno delle Due Sicilie rinsanguò le finanze del nuovo stato, mentre l’unificazione gravò sensibilmente la situazione dell’Italia meridionale, in quanto il Piemonte e la Toscana erano indebitate sino ai capelli ed il regno sardo era in pieno fallimento. L’ex Regno delle Due Sicilie, quindi, sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia. Con l’unificazione, a Napoli, aumentarono le imposte e le tasse, mentre i piemontesi videro ridotti i loro imponibili e col denaro rubato al Sud poterono incrementare le loro industrie ed il loro commercio " .

Ferdinando Ritter ha scritto che: "… il Regno delle Due Sicilie contribuì alla formazione dell’ erario nazionale, dopo l’unificazione d’Italia, nella misura di ben 443 milioni di lire in oro, mentre il Piemonte, la Liguria e la Sardegna ne corrisposero 27, la Lombardia 8,1, il Veneto 12,7, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, la Romagna, le Marche e l’Umbria 55,3; la Toscana 84,2; Roma 35,3…".

Edoardo Spagnuolo, nel n° 5 dei quaderni di Nazione Napoletana, così commenta la fine del sogno vissuto dalle popolazioni meridionali dopo l’annessione piemontese:

"I grandi progetti ferroviari del Governo Borbonico avevano dunque un fine preciso. Le strade ferrate dovevano divenire un supporto fondamentale per l’economia meridionale ed essere di servizio allo sviluppo industriale che il Mezzogiorno d’Italia andava mirabilmente realizzando in quei tempi. Il governo unitario, dopo aver distrutto le fabbriche del Sud a proprio vantaggio, realizzò un sistema ferroviario obsoleto che, assieme alle vie marittime, servì non per trasportare merci per le manifatture e gli opifici del meridione ma per caricare masse di diseredati verso le grigie e nebbiose contrade del Nord o delle Americhe".

Abbiamo visto all’inizio alcune cifre che ci hanno detto come i Savoia non avessero nessun rispetto per le popolazioni del Reame. Ripartiamo da lì.

Quel milione di morti ci dice che vi fu una vera e propria persecuzione contro il popolo meridionale e ciò avvenne grazie alla cosiddetta Legge Pica, voluta dal Governo Minghetti e promulgata nell’agosto 1863.

Questo il testo della Legge: Legge Pica: Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell’articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell’Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati).

Come ben si evince, si trattava di una vera e propria persecuzione che favorì il crescere del fenomeno del brigantaggio.

Lo storico Lemkin che per primo ha dato una definizione di genocidio affermava che "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".

Bisogna dire anche delle carceri dove furono rinchiusi i vinti meridionali. Il primo impatto parla di 1.700 ufficiali e 24.000 soldati fino alla fine del 1860. C’è da dire poi – ne abbiamo già parlato – che divenne obbligatoria la leva militare anche se – ad onor del vero – la prima chiamata fu volontaria e si presentarono solo un 20 mila a fronte degli 80.000 sperati. E anche questi 20.000 furono ospitati al nord.

Ma proprio in quella chiamata volontaria stava il subdolo inganno! Infatti i restanti 60.000 furono considerati disertori e furono arrestati. Solo chi si unì ai briganti si salvò dall’arresto

Tornando ai prigionieri, essi furono internati in carceri del nord e il Generale La Marmora, in un editto, ordinò che nessuno venisse liberato senza il consenso dell’esercito.

I Savoia istituirono dei veri campi di concentramento e lì furono ammassati i prigionieri. Vediamoli allora questi campi:

1. Fenestrelle, 2. S. Maurizio Canavese, 3. Alessandria, 4. nel forte di S. Benigno in Genova, 5. Milano, 6. Bergamo, 7. Forte di Priamar presso Savona, 8. Parma, 9. Modena, 10. Bologna, 11. Ascoli Piceno.

C’è da dire che nei dieci anni di funzionamento dei lager molti prigionieri morirono di fame e sete.

La fortezza più tristemente famosa era quella di Feenstrelle di Sestriere, già usata da Napoleone. Qui vennero internati gli ufficiali e sottufficiali che non tradirono i Borboni e quei civili che si rifiutarono di prestare servizio di leva. Non vi sto a dire come era organizzata Fenestrelle perché è argomento che tratterò in un altro post. Dico solo che era il lager più temuto!

Il 22 agosto 1861 vi fu un tentativo di rivolta che però fallì e come risultato i prigionieri si ritrovarono le palle ai piedi del peso di 16 chili!

Mal nutriti, picchiati, con le finestre senza imposte ma solo provviste di grate, il freddo uccideva quelli che erano larve umane. Anche i carcerieri avevano libertà di azione e potevano uccidere per qualsiasi motivo. Un prigioniero che inveì contro i Savoia fu ucciso a colpi di baionetta.

Altro soprus ai prigionieri venivano confiscati tutti i beni familiari per cui le mogli e i figli si trovavano sulla strada e la loro casa svenduta ai sodali della Real Casa Sabauda.

Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l’iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce".

In seguito furono istituiti altri campi. Ecco dove:

1. Gorgonia, 2. Capraia, 3. Giglio, 4. all’Elba, 5. Ponza, 6. in Sardegna, 7. nella Maremma.

Importante: tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d’Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell’epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.

Se avete dei dubbi andate a controllare perché sono pubblici! Naturalmente i libri di storia tacciono.

Quella che segue è la risposta che La Marmora da a Cavour circa i prigionieri detenuti in Lombardia, di fatto confermando l’esistenza di campi in Lombardia! "…non ti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che erano un branco di carogne…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione".

Ancora un documento tratto da Civiltà Cattolica:

"Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d’altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".

In un prossimo post vedremo nello specifico le varie prigioni.

Fonti: – archivio di Stato di Torino; – archivio di Stato di Milano; – atti Parlamentari in Torino e Firenze; – archivi di Londra; – documentazione di Civiltà Cattolica; – archivio di Casa Borbone.


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