Padre Carlo Crespi, il vero scopritore del tesoro della Cueva de los Tayos (+ Video)
Nella regione amazzonica ecuadoriana chiamata Morona Santiago esiste una caverna molto profonda, detta in spagnolo Cueva de los Tayos.
La caverna, che si trova ad
un’altezza di 800 metri sul livello del mare, viene denominata Tayos, dal nome di caratteristici uccelli quasi ciechi che vivono nelle sue profondità. Gli indigeni Shuar o Jibaros (che avevano l’usanza di rimpicciolire il cranio dei nemici uccisi in battaglia), che vivono nelle vicinanze della grotta, usavano cibarsi di detti volatili.
La caverna, che si trova ad
Solo nel 1969 però, un ricercatore ungherese naturalizzato argentino, di nome Juan Moricz, esplorò a fondo la caverna, trovando molte lamine d’oro che riportavano delle incisioni arcaiche simili a geroglifici, statue antiche di stile mediorientale, e altri numerosi oggetti d’oro, argento e bronzo: scettri, elmi, dischi, placche.
Il ricercatore ungherese fece anche uno strano tentativo di ufficializzare la sua scoperta, registrando i suoi ritrovamenti nell’ufficio di un notaio di Guayaquil, il giorno 21 luglio 1969, ma le sue richieste non furono accolte.
Una delle prime e più ardite spedizioni fu quella condotta nel 1976 dal ricercatore scozzese Stanley Hall alla quale partecipò l’astronauta statunitense Neil Armstrong, il primo uomo che mise piede nella Luna, il 21 luglio 1969
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Si narra che l’astronauta riferì che i tre giorni nei quali rimase all’interno della grotta furono ancora più significativi del suo leggendario viaggio sulla Luna.
All’impresa prese parte lo speleologo argentino Julio Goyen Aguado, amico intimo di Juan Moricz, dal quale aveva avuto delle precise indicazioni sull’esatta localizzazione delle placche e lamine d’oro intagliate.
Altre versioni della storia indicano invece che gli anglosassoni razziarono parte del tesoro, trasportandolo illegalmente al di fuori dell’Ecuador.
Secondo altri ricercatori il vero scopritore degli immani tesori archeologici della Cueva de los Tayos non fu l’ungherese Moricz, ma bensì il prete salesiano Carlo Crespi (1891-1982), nativo di Milano.
Crespi avrebbe indicato a Moricz come entrare nella caverna e come trovare la giusta via nel labirinto senza fondo situato nelle sue profondità.
Carlo Crespi, che giunse nella selva amazzonica ecuadoriana nel lontano 1927, seppe conquistarsi nel tempo la fiducia degli autoctoni Jibaro, e si fece consegnare, nel corso di decenni, centinaia di favolosi pezzi archeologici risalenti ad un epoca sconosciuta, molti di essi d’oro o laminati d’oro, spesso intagliati magistralmente con arcaici geroglifici che, a tutt’oggi, nessuno ha saputo decifrare.
Crespi era convinto che le lamine e le placche d’oro da lui trovate e studiate, indicassero senza ombra di dubbio che il mondo antico medio-orientale antecedente al diluvio universale fosse in contatto con le civiltà che si erano sviluppate nel Nuovo Mondo, che erano già presenti in America a partire da sessanta millenni fa (vedi mia
intervista all’archeologa Niede Guidon).
Secondo Padre Crespi, gli arcaici segni geroglifici che erano stati incisi o forse pressati con degli stampi, non erano altro che la lingua madre dell’umanità, l’idioma che si parlava prima del diluvio (vedi mio articolo sul nostratico).
intervista all’archeologa Niede Guidon).
Secondo Padre Crespi, gli arcaici segni geroglifici che erano stati incisi o forse pressati con degli stampi, non erano altro che la lingua madre dell’umanità, l’idioma che si parlava prima del diluvio (vedi mio articolo sul nostratico).
Le conclusioni di Carlo Crespi erano stranamente simili ad altri ricercatori dello stesso periodo, come l’esoterico peruviano Daniel Ruzo (studioso di Marcahuasi), il medium statunitense G.H.Williamson, l’archeologo italiano Costantino Cattoi, o il ricercatore italo-brasiliano Gabriele D’Annunzio Baraldi (che documentò a fondo la Pedra do Ingá).
Verso la fine degli anni 70’ del secolo scorso Gabriele D’Annunzio Baraldi visitò a lungo Cuenca, dove conobbe sia Carlo Crespi che Juan Moricz.
Secondo Crespi la maggioranza dei reperti che gli indigeni gli consegnavano provenivano da una grande piramide sotterranea, situata in una località segreta. Il religioso italiano confessò poi a Baraldi che, per timore di futuri saccheggi, ordinò agli indigeni di coprire interamente di terra detta piramide, in modo che nessuno potesse mai più trovarla.
Secondo Baraldi gli arcaici geroglifici incisi nelle lamine d’oro della Cueva de los Tayos, richiamavano all’antico alfabeto degli Ittiti, che secondo lui avevano viaggiato e parzialmente colonizzato il Sud America diciotto secoli prima di Cristo. Baraldi notò che in molte placche e lamine d’oro erano ricorrenti vari segni: il sole, la piramide, il serpente, l’elefante.
Quando Carlo Crespi morì, nell'aprile del 1982, la sua fantasmagorica collezione d’arte antidiluviana fu sigillata per sempre, e nessuno poté mai più ammirarla. Vi sono molte voci sulla sorte dei preziosissimi reperti raccolti pazientemente durante lunghi decenni dal religioso milanese.
Secondo alcuni furono semplicemente inviati in segreto a Roma, e giacerebbero ancora adesso in qualche cavó del Vaticano.
A prescindere dalla localizzazione fisica attuale dei reperti archeologici di Padre Crespi, restano le fotografie e le numerose testimonianze di molti studiosi a prova della loro veridicità.
Sembra quasi che qualcuno abbia voluto occultare i fantastici pezzi archeologici collezionati e studiati dal religioso milanese. Perché?
Bisogna però distinguere tra alcuni reperti dove sono stati intagliati degli apparenti geroglifici e altri che sono rappresentazioni d’arte Sumera, Assira, Egizia, Ittita.
Sono convinto che prima del diluvio i popoli che vivevano nella terraferma corrispondente all’attuale piattaforma continentale del continente africano (poi sommersa), avessero frequenti scambi con i popoli che, già da sessanta millenni prima di Cristo, vivevano nell’attuale Brasile.
In questo senso si possono individuare e descrivere alcune iscrizioni arcaiche dei reperti trovati nella Cueva de los Tayos come facenti parte dell’idioma nostratico.
Per quanto riguarda invece altri reperti, di chiara derivazione medio-orientale post-diluviana, ritengo opportuno considerarli come resti di varie spedizioni occasionali che furono attuate a partire dal terzo millennio prima di Cristo dai Sumeri e in seguito da Egizi, Fenici e Cartaginesi.
Queste mie conclusioni non sono solo supportate dal fatto che resti di foglia di coca furono travati nelle mummie egizie, ma soprattutto dai recenti ritrovamenti nell’altopiano andino come la Fuente Magna e il monolito di Pokotia.
Resta il mistero del perché tutto quell’immane tesoro sia stato ammassato nella Cueva de los Tayos e nei labirinti che si trovano nelle sue profondità.
A mio parere è possibile che limitati gruppi di discendenti di anti-diluviani, sopravvissuti all’enorme catastrofe, una volta sbarcati in Sud America, abbiano voluto salvare le loro preziosissime reliquie, nascondendole in seguito in una grotta ritenuta da loro sicura.
Per quanto riguarda invece i popoli medio-orientali post-diluviani, mi riferisco in particolare ai Sumeri, Egizi, Fenici e Cartaginesi, è possibile che ogni gruppo viaggiasse con particolari insegne della loro stirpe e della loro origine, che nel corso dei secoli si persero nelle Ande (come il caso della Fuente Magna). In seguito gli antenati degli indigeni Suhar ammassarono dette reliquie nella Cueva de los Tayos ritenendoli oggetti sacri che dovevano per forza essere raccolti in un luogo ritenuto magico dalla loro tradizione.
YURI LEVERATTO
Copyright 2010
E’ possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell’autore e linkando la fonte www.yurileveratto.com
Si ringrazia il ricercatore Claudio Cacchi per l'invio di materiale relazionato all'argomento.
NB: il video è tratto dal sito personale di Stanley Hall.
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Ciao Wlady. Navigando in rete ho trovato questo interessante blog in cui sono riportati alcuni stralci delle dichiarazioni degli astronauti dell'Apollo 11, in particolare quelle di Neil Armstrong (motivo per il quale lego il mio commento a questo post). Ti lascio il link, non so se sia uno dei blog che abitualmente segui, è comunque molto ricco di informazioni che se messe bene in fila, addizionate a ciò che osserviamo accadere intorno a noi, dà un bel po' da pensare....Fammi sapere cosa ne pensi.
RispondiEliminahttp://www.flyingobject.altervista.org/_misteri_lunari.html
Ciao Giorgia,
RispondiEliminagrazie per la segnalazione del blog che non conoscevo, conosco il video che sembrerebbe essere non veritiero, almeno non con l'Apollo 11; in quei tempi non c'era ancora la tecnologia che abbiamo oggi, il sistema più evoluto di allora era il PC "Comodore 64" e 64 stanno per kb, oggi abbiamo PC con diversi Tera Byte.
Senza dubbio sulla Luna ci sono stati ma non nel 1969 con l'Apollo 11, senza dubbio la Luna è abitata, oltre che da entità extraterrestri, anche da terrestri.
All'interno del mio blog puoi trovare molti articoli e video dedicati, come in questo link: http://ningizhzidda.blogspot.it/2012/10/la-base-tedesca-alpha-sulla-luna-prima.html
Ciao
Grazie Wlady. Avevo letto l'articolo che mi hai evidenziato e che mi ha molto incuriosita. All'interno di quella stessa pagina è riportata una dichiarazione di Armstrong rilasciata durante un simposio della NASA, nella quale racconta cosa ha visto e filmato insieme ai suoi compagni, omettendo volutamente molte cose che, a detta sua, sono state censurate dalla CIA, perché le missioni sulla Luna erano ormai programmate e non si poteva annullarle per non generare il panico tra la popolazione.
EliminaCiao e Buon lavoro
Certamente Giorgia, non potevano farne a meno per via della guerra fredda con i russi, con lo sputnik i russi hanno dato un grosso smacco agli yankee e naturalmente loro non potevano essere da meno.
EliminaCiao