sabato 4 febbraio 2017

La fregatura del leviatano


 

La realtà supera la fantasia

 Il Grande Fratello ci Guarda
Libro di Giuseppe Balena
Introduzione

Quando nel lontano 2006 ho deciso di iscrivermi a Facebook non immaginavo che un semplice gesto avrebbe potuto cambiare e influenzare la mia vita e quella di qualche miliardo di persone nel mondo. In quel periodo avevo appena riletto il romanzo 1984 di George Orwell. Una frase di quel libro mi era rimasta conficcata nel cervello e mi aveva sconvolto:

«Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere,

non saranno mai capaci di ribellarsi
e fino a che non si saranno liberati,
non diventeranno mai coscienti del loro potere».

Le grandi abilità linguistiche e narrative di Orwell, d’improvviso, avevano proiettato un fascio luminoso e accecante. 

Quando decisi di iscrivermi a Facebook, lo feci quasi per scherzo perché in quel periodo se ne parlava tantissimo, ma l’idea di dover condividere pensieri, foto e contatti su una piattaforma mondiale mi aveva fatto riflettere: l’immagine della prima home page del Social proiettata sullo schermo del computer mi fece pensare proprio a quello del Grande Fratello che “comandava” le vite dei personaggi del romanzo. 

Ci veniva offerta una grande opportunità e per giunta gratuitamente: rintracciare i nostri amici, chattare, scambiare foto e video e soprattutto divulgare i nostri pensieri in una piazza virtuale di proporzioni imprecisate; in altre parole, il mondo virtuale sulla punta del nostro mouse. Tutto completamente a disposizione… ma cosa c’era da dare in cambio? 

Quando un venditore di enciclopedie ci ferma per strada non dice che vuole vendere qualcosa, saluta e mette all’avventore in mano un piccolo regalo in modo tale che si senta obbligato e quindi non possa rifiutare l’offerta che successivamente gli verrà fatta. Piccoli stratagemmi di marketing spicciolo. 

Facebook ci metteva in mano uno strumento straordinario e pochi hanno pensato all’inizio cosa in realtà chiedeva in cambio. La “fregatura” non era immediata né evidente, ma c’era: si trattava di barattare la nostra privacy per l’atavica e narcisistica voglia di notorietà e di apparire. Era il sogno di poter allungare all’infinito i famosi quindici minuti di notorietà di cui parlava Andy Warhol. 

Ecco perché goliardicamente decisi di iscrivermi a Facebook con il doppio nome di Giuseppe Winston Balena Smith, proprio come il protagonista di 1984. Da allora non l’ho più cambiato. 

Il libro che avete tra le mani nasceva inconsapevolmente in quel lontano 2006 e si è sedimentato lentamente negli anni come un puzzle che si ricompone pezzo dopo pezzo. Questo volume ha l’ambizione di analizzare nel dettaglio le azioni manifeste e nascoste “grazie” alle quali si esercita il controllo sociale nei confronti di tutti noi. 

L’intento è di tracciare le linee della storia del controllo e della sorveglianza sociale, ma è anche idealmente quello di offrire un indice critico degli strumenti utilizzati nell’epoca in cui viviamo. 

Ci sono, poi, i soggetti che, come vedremo, secondo i contesti di riferimento possono essere anche dei calembour: controllori, controllati, controllori, controllati e ibridi. 

Il contesto di riferimento, invece, può essere classificato essenzialmente in privato, pubblico o ibrido. Dalla combinazione di questi elementi derivano infinite combinazioni che si manifestano in maniera più o meno palese nel quotidiano e che saranno illustrate e analizzate nel libro. In particolare si porrà l’attenzione sulle tecniche del controllo nella vita quotidiana e come queste siano subdole, invisibili ed enormemente estese. 

Il libro propone, in prima battuta, un excursus storico cercando di rintracciare il momento dell’inizio sistematico e le ragioni del controllo sui cittadini. 

L’analisi, inoltre, si estenderà da un lato ai soggetti principali che effettuano il controllo e dall’altra alla tipologia dei soggetti controllati, con particolare attenzione poi ai nuovi soggetti spuri e intermedi. 

Un passaggio importante e cruciale nella trattazione riguarderà la distinzione e l’applicazione nella pratica dei concetti di controllo e sorveglianza e come questi si siano progressivamente adattati in maniera straordinaria rispetto all’evoluzione storica, sociale, economica, politica e antropologica. 

Un ruolo centrale è detenuto dalla tecnologia e in particolare dall’avvento e dal massiccio utilizzo del computer in ambito domestico prima, accompagnato dall’utilizzo di Internet, e dall’irruzione sulla scena dei cellulari e in particolare, poi, degli smartphone e dell’enorme carico di applicazioni che girano sugli stessi.
La rivoluzione di Internet e del Web è abbastanza recente nella storia dell’umanità, ma già forse vecchia se ne si considera l’evoluzione rapidissima.

Vediamone alcune date importanti: 

1969: collegamento dei primi computer tra quattro università americane;

1971: la Rete Arpanet connette tra loro 23 computer;
1972: Ray Tomlinson propone l’utilizzo del segno @ per separare il nome utente da quello della macchina;
1980: primo “hack” della storia di Internet e sperimentazione sulla velocità di propagazione delle email;
1982: definizione del protocollo tcp/ip e del concetto di “Internet”;
1983: appaiono i primi server con i nomi per indirizzarsi ai siti;
1984: la Rete conta ormai mille computer collegati;
1985: assegnati i primi domini nazionali;
1987: a Internet sono connessi 10 mila computer. Il 23 dicembre viene registrato il dominio “cnr.it”, il primo con la denominazione geografica dell’Italia, ossia il sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche;
1989: sono connessi a Internet 100 mila computer;
1993: apparizione del primo browser pensato per il Web;
1996: sono connessi a Internet 10 milioni di computer;
2000: gli utenti di Internet sono 200 milioni in tutto il mondo;
2008: gli utenti di Internet sono circa 600 milioni in tutto il mondo;
2009: gli utenti di Internet sono circa 1 miliardo in tutto il mondo;
2011: gli utenti di Internet sono circa 2 miliardi in tutto il mondo;
2015: gli utenti di Internet sono oltre 3,3 miliardi in tutto il mondo.
 

Un nodo cruciale che ha segnato il punto di svolta per l’esercizio del controllo, come vedremo, è stato il passaggio dal cellulare allo smartphone. Il telefono cellulare fu inventato da Martin Cooper, direttore della sezione ricerca e sviluppo della Motorola e fece la sua prima telefonata il 3 aprile 1973. Dopo dieci anni la Motorola decise di produrre un modello in versione commerciale dal costo di 4.000 dollari. 

Il primo smartphone, chiamato “Simon”, fu progettato dalla ibm nel 1992 e commercializzato dalla BellSouth a partire dal 1993. Oltre alle comuni funzioni di telefono incorporava il calendario, la rubrica, l’orologio, il block notes, le funzioni email e i giochi, mentre per poter scrivere direttamente sullo schermo era disponibile un pennino. Come si può notare sia per Internet sia per la genesi storica dal cellulare allo smartphone, il tutto si è concentrato a cavallo degli anni Settanta: un’evoluzione vorticosa concentrata in circa quarant’anni di storia. 

Se spostiamo poi lo sguardo al mondo dei Social Network, alcune cifre parlano da sole e sono impressionanti: su Facebook sono attivi circa 500 mila utenti al secondo; Facebook pubblica circa 41 mila post (messaggi di stato, condivisioni, immagini e così via) ogni secondo, mentre ogni minuto si cliccano 1,8 milioni di “mi piace” e 350 gb di dati passano per i server; ogni dieci secondi vengono caricati su YouTube più di 50 ore di video, in pratica il corrispettivo di circa 40 anni di contenuti al giorno; in un minuto vengono scambiati circa 278 mila messaggi su Twitter; su Instagram vengono postate circa 3.600 foto al secondo. 

A questo scenario bisogna aggiungere che il numero dei siti continua a crescere: ne nascono, infatti, ogni minuto in media 571. Per quanto riguarda, invece, la registrazione dei domini, ogni 60 secondi ne vengono approvati in media 70. Sono, invece, circa 204 milioni le email spedite in media ogni minuto. 

Ciò che a livello tecnologico oggi diamo quasi per scontato, in realtà ha una vita relativamente recente, sebbene sia stato in parte “profetizzato” da opere letterarie e film. Basti pensare, solo per citare alcuni esempi, a libri come 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley o alle pellicole cinematografiche come Minority Report o The Truman Show. 

L’altro aspetto correlato al controllo è di natura giuridica e riguarda il deficit nell’ambito della normativa della privacy; ai proclami di tutela giuridica della privacy corrisponde, invece, un’erosione continua e impalpabile della stessa nella vita quotidiana. Da un lato, quindi, si spinge verso misure spesso eccessivamente rigide di tutela della privacy, mentre dall’altro si manifesta una costante e inesorabile strategia del controllo. 

Un aspetto cruciale riguarda, quindi, il rapporto tra privacy e controllo; questi due elementi costituiscono un complicato sistema di vasi comunicanti strettamente dipendenti e non sempre o quasi mai in equilibrio. 

I dati allarmanti che tracciano poi anche una direzione futura segnalano alcuni pericoli che sarà bene tenere in considerazione: spesso siamo tutti noi a fornire gli strumenti idonei per esercitare un controllo su noi stessi e in questo caso sul banco degli imputati c’è certamente la tecnologia. Pur di avere la comodità di determinati servizi che ci rendono la vita “più tecnologica” rinunciamo spontaneamente alla nostra privacy, forse senza nemmeno accorgercene, prestando il fianco alla possibilità remota o, spesso, alla certezza di essere controllati. 

È in corso un avanzamento inarrestabile di questo processo. Il controllo e la sorveglianza sulla popolazione sono essenzialmente fenomeni sociali che incidono però profondamente sulla sfera personale. Si intrecciano, pertanto, una dimensione comunitaria e una individuale, influenzandosi reciprocamente. Basterebbe analizzare, per esempio, le ragioni per le quali ogni utente si iscrive a un Social Network: nella maggior parte dei casi è per spirito emulativo, ossia perché gli amici o i conoscenti l’hanno già fatto o perché se ne parla diffusamente. 

Entrano in gioco alcune dinamiche descritte, per esempio, da Gustave Le Bon nel suo saggio Psicologia delle folle: 

«Dal solo fatto di essere parte di una folla, un uomo discende da generazioni su una scala di civiltà. Individualmente, potrebbe essere un uomo civilizzato; nella folla diviene “barbaro” in preda all’istinto. […] Un individuo nella folla è un granello di sabbia fra altri granelli di sabbia, mossi dalla volontà del vento».

Le Bon fu il primo a studiare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di identificare i caratteri peculiari e le tecniche per guidarle, suggestionarle e controllarle. Applicando un paradigma di studio scientifico derivato dall’approccio clinico, Le Bon ha utilizzato i concetti di contagio e suggestione per spiegare i meccanismi della folla che portano all’emergere dell’emotività, dell’istinto e dell’inconscio, altrimenti repressi nella sfera individuale. 

Nella sua opera più famosa ha analizzato il ruolo delle masse in un’accezione negativa: la massa viene intesa come una forza di distruzione, priva di una visione d’insieme, indisciplinata e portatrice di decadenza, esaltando invece la minoranza come forza capace di creare. Nella sua visione la massa, permeata da sentimenti autoritari e d’intolleranza, crea un inconscio collettivo attraverso il quale l’individuo si sente deresponsabilizzato e privato dell’autocontrollo. 

Secondo Le Bon, infatti, le folle sono influenzate da fattori che determinano le opinioni e le credenze quali fattori remoti e fattori immediati. I fattori remoti sono: la razza, le tradizioni, il tempo, le istituzioni politiche e sociali, l’istruzione e l’educazione. I fattori immediati, invece, si sovrappongono a quelli remoti e sono contingenti, ossia non stratificati nel corso del tempo e determinano, pertanto, le azioni attive delle folle nell’immediato. Tra questi ultimi, un posto importante è occupato dalle immagini, dalle parole e dalle formule. 

Sono proprio questi gli elementi sui quali si fa leva per innescare i meccanismi del controllo. Se proviamo, infatti, ad analizzare le principali forme di controllo, queste si rifanno e utilizzano tali categorie. 

La griglia concettuale proposta da Le Bon, dunque, può essere considerata un filtro interpretativo soprattutto della società ipertecnologica in cui stiamo vivendo. 

Facebook, per esempio, utilizza proprio le parole e le immagini come elementi fondanti del suo funzionamento. Il controllo tramite le telecamere pubbliche, invece, utilizza le riprese video e quindi le immagini. Il controllo tramite la tecnologia RFID, che avremo modo di analizzare in maniera approfondita, utilizza il concetto di formula, ossia un meccanismo che regola una funzione ben precisa: se dispongo di un dispositivo di qualsiasi natura con un RFID posso pagare istantaneamente passando la mia tessera vicino all’apposito lettore, ma allo stesso tempo saranno facilmente rintracciabili le mie transazioni finanziarie.
Attualizzando il pensiero di Le Bon, dunque, la massa stratifica le proprie opinioni seguendo schemi ben precisi e collaudati che dipendono da fattori endogeni ed esogeni, alcuni standardizzati e altri modificabili. 

Con gli studi di Le Bon viene attualizzato e reso moderno il rapporto delle folle con l’entità sovraordinata che dovrebbe gestirle. Una comunità ha una connotazione precisa ed è strettamente legata al concetto di nazione, ossia ha una certa identità che si coagula intorno ai concetti fondanti proprio dello Stato. La folla, invece, non è identitaria e non è facilmente governabile e identificabile dalle strutture statali che seguono invece logiche e dinamiche particolari. 

Nel Novecento, in particolare, le folle si sono sostituite progressivamente alle comunità. In questo passaggio e in questa mutazione genetica della società risiede il seme del cambiamento anche delle forme di controllo esercitate dal Leviatano. 

Uno schema, evidenziato nel libro La società postpanottica di Massimo Ragnedda, può riassumere in maniera esaustiva i punti chiave che hanno determinato i passaggi verso la situazione attuale:
 
Premodernità
Modernità
Postmodernità
Autocentrato
Eterocentrato
Extracentrato
Capo tribù, famiglia o signore feudale
Stato nazione
Multinazionali
Norme e sanzioni imposte dalla tribù
Norme e sanzioni imposte dallo Stato
Norme imposte dalle multinazionali e sanzionate dagli Stati
Soggettivo
Oggettivo
Virtuale
Personificato dal capo tribù
Personificato dallo Stato
Avvicinamento virtuale dello Stato al cittadino ma in mano alle multinazionali
Evidente e assoluto
Evidente ma non assoluto
Non evidente ma potenzialmente assoluto
Autarchico e legittimo
Centrale e legittimo
Decentrato e illegittimo
Tradizione (sguardo orientato al passato)
Giurisprudenza (sguardo orientato al presente)
Previsione (sguardo orientato al futuro)

La postmodernità è lo scenario nel quale germogliano e crescono in maniera impressionante il controllo e la sorveglianza delle persone. L’epoca verso la quale stiamo correndo in maniera folle e spesso sconsiderata è l’immediata conseguenza della modernità e della sua crisi. Questo concetto risulta centrale: la postmodernità nasce già intrinsecamente nella sua essenza come involuzione della modernità e come decadenza culturale, politica, sociale ed economica di essa. 

La cornice di riferimento è la nascita di quella che Bauman ha definito come “società liquida”. 

L’elemento fondamentale è l’incertezza. Questo sistema crea effetti particolari e unici: la globalizzazione, l’industria della paura, lo smantellamento delle sicurezze e una vita liquida sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi esclusi. Dai rifiuti industriali si passa così ai rifiuti umani. 

L’esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull’estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare l’essenziale, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità. Secondo Bauman il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè se non riesce a sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano. La società, pertanto, crea i rifiuti dai prodotti in eccesso e i rifiutati come individui di scarto per il mancato processo di omologazione. 

Ecco che avanza il postmodernismo caratterizzato da un’economia estesa globalmente, invasa dalla pubblicità e della televisione che agiscono come fattori condizionanti e costellata da un enorme flusso di notizie ormai incontrollabili provenienti dal Web. 

Cerchiamo di fare uno sforzo di immaginazione: in questa cornice appena descritta proviamo a dipingere un quadro di una società a metà strada tra il romanzo 1984 e la pellicola Minority Report, entrambi nella doppia versione romanzata e cinematografica. 

Proviamo a immaginare una vita senza privacy, una vita trasparente dove ognuno può sapere tutto di ogni singolo individuo. Un incubo dove tutto viene tracciato e registrato da quando uno mette il piede fuori dal letto fino a quando lo rimette dentro. In mezzo un’intera giornata dove ogni azione, o quasi, lascia una traccia indelebile. Il cellulare, il navigatore satellitare, il computer, le telecamere, il bancomat: ogni singolo momento è monitorato. 

Qualcuno potrebbe scandalizzarsi, gridando all’esagerazione. È curioso invece notare come ci siano alcune situazioni reali che, spesso, vanno ben oltre quelle prospettate nelle trame narrative di Orwell o Huxley. 

Tutto questo non può essere vero perché in fondo la nostra vita negli ultimi quarant’anni è sicuramente migliorata: questo scenario può essere solo frutto della fantasia, non può essere la realtà. 
Invece, non è così: la realtà potrebbe superare la fantasia. 

FONTE https://www.macrolibrarsi.it/speciali/introduzione-il-grande-fratello-ci-guarda-libro-di-giuseppe-balena.php 

Giuseppe Balena nato a Matera nel 1975. Vive e lavora a Ferrandina (MT) come giornalista, scrittore e comunicatore web. Laureato nel 2001 in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Bari. Da luglio 2015 è redattore per la rivista «Mistero» dell’omonima trasmissione televisiva di Italia Uno. Già redattore per testate giornalistiche cartacee e online. 

Fonte attiva diretta: http://www.nogeoingegneria.com/ 

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Come osano? come osano fare questo? Questa deve essere la reazione dell’umanità.

Perché questa mancanza di interesse dei nostri cieli?

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