sabato 31 agosto 2013

RUTILISMO

 

I "Rossi" del Passato  



Oggi il rutilismo è diffuso in Europa occidentale, in particolare sulle coste dell'Atlantico. E' ritenuto dai genetisti "un carattere residuale, ereditato da una popolazione in cui era presente nella totalità o quasi degli individui e conservatosi in quelle zone dove l'ibridazione è stata più lenta". Circa 20 mila anni fa, sebbene già esistente come mutazione individuale nei Sapiens Sapiens, il rutilismo è diventato il tratto fenotipico dominante degli abitanti della paleo-Europa. Secondo i genetisti si è trattato di una risposta fisiologica al clima glaciale, freddo e scarsamente illuminato. 





Si è imposto in questo tipo di ambiente perché la pelle chiara favorisce l'assunzione della vitamina D e soprattutto perché i rossi trattengono meglio il calore e quindi risultano meno esposti al congelamento, caratteristica fisica ideale per sopravvivere in un periodo di freddo rigido. La mutazione che determina i capelli rossi compare in tutte le popolazioni della terra, caucasici, negroidi, asiatici, australoidi (esclusi, in genere, i precolombiani), ma solo in determinati luoghi è favorevole e quindi si impone come fenotipo diffuso. Pare che il gene recessivo associato al rutilismo si sia manifestato tra i 100 e i 50 mila anni, prima dell’arrivo in Europa del Sapiens. Dunque il rutilismo è anteriore al cosiddetto massimo glaciale di circa 23-19 mila anni fa, ma solo in quel momento di clima particolarmente freddo la mutazione si è diffusa a macchia d’olio. 



Attualmente i rossi sono concentrati soprattutto nel nord Europa, alla fine dell'era glaciale, invece, il rutilismo doveva risultare assai indicato anche a latitudini mediterranee. Basta considerare che la linea degli alberi ad alto fusto durante il massimo glaciale del Wurm era situata sulla direttrice Mar Nero-Liguria-Spagna (45° parallelo), mentre oggi la troviamo al circolo polare. Anche l'uomo di Neanderthal, che abitava le stesse zone in tempi precedenti, aveva i capelli rossi. 
La scoperta è stata fatta analizzando due soggetti vissuti tra i 40 e i 50 mila anni fa, uno in Spagna e uno in Italia. Ma si tratta di una convergenza evolutiva. L’attuale rutilismo dei Sapiens Sapiens, infatti, nonostante il provato incrocio tra le due specie, non è un'eredità neanderthaliana, è dovuto a un'espressione diversa dello stesso gene MC1r mutato. Evidenza che naturalmente punta i riflettori sull'adattamento alle condizioni climatiche: le popolazioni presenti in Europa durante l’era glaciale hanno assunto questo connotato fenotipico, che era già presente a livello individuale nei loro antenati, ma che solo per ragioni ambientali è diventato patrimonio genetico della generalità degli individui. 



..... una cosa interessante è la leggenda della tribù ancestrale dei Si-Te-Cah ricordata dalla tradizione orale degli indiani Paiute del Nevada... si parla di uomini bianchi di alta statura con i capelli rossi... siamo intorno al 45° parallelo, quindi alla stessa latitudine dell’area che in Europa ha ospitato la cultura cromagnoide... il che farebbe pensare che anche dall’altra parte dell’oceano ci fossero condizioni climatiche tali da determinare la diffusione del rutilismo...



Se questa mutazione si è imposta in risposta al freddo, viste le temperature rigidissime dei tre Dryas (Oldest, Older e Younger) che hanno intervallato la fase di de-glaciazione, il tratto fenotipico deve essersi conservato a lungo, rimanendo decisamente diffuso sino all'arrivo dell’optimum climatico 7-8 mila anni fa, per poi sparire quasi del tutto in quanto "dannoso" in circostannze climatiche temperate. Durante l’età del Rame e del Bronzo, specie alle latitudini mediterranee, sono sopravvissuti solo alcuni nuclei umani con questa caratteristica, quelli che praticavano unioni endogamiche o che vivevano isolati, anche perché nel cosrso del Neolitico sono giunte in Europa nuove popolazioni con un'estetica differente, alcune presumibilmente più brune, come quelle in arrivo dall'area mediorientale, altre, provenienti da nord-est, con i capelli biondi e gli occhi chiari, un connotato estetico dovuto a una mutazione sconosciuta sino a 10 mila anni fa.



Le risultanze scientifiche indicano che il gene del biondismo si è diffuso durante il ritiro dei ghiacci, a partire da una zona attorno al Mar Nero, sino a diventare anche patrimonio genetico delle popolazioni già presenti in Europa occidentale. I Celti e gli attuali nordici con i capelli rossi e al contempo gli occhi chiari hanno entrambe le mutazioni, in quanto il rutilismo non determina depigmentazione oculare. 
 Prima di 10 mila anni fa non c'erano biondi e non c'erano occhi azzurri, grigi o verde mare. La variazione andava dal marrone, all'ambra, al verdastro. Anche in questo caso, considerando la posizione della linea degli alberi durante il massimo glaciale del Wurm, non risulta sorprendente che in una zona a latitudini relativamente "basse" come quelle di Caucaso e Ucraina si sia sviluppato il biondismo, per il quale opera lo stesso principio valido per i capelli rossi di adattamento al freddo e alla scarsa irradiazione solare. In pratica come risposta al clima glaciale nell'Europa occidentale e mediterranea è prevalso il rutilismo, mentre nelle steppe euro-asiatiche il biondismo.



Le tradizioni antiche ricordano la sopravvivenza di popoli di "rossi" almeno sino all'epoca proto-storica, come testimoniano anche le "dame" ritratte nelle pitture rupestri del Tassili in nord Africa. I mitici "Rutili", i "rossi" della penisola italica, erano della stessa razza dei Fenici che si definivano "rossi", dei “Retennu” in Egitto e di tutti gli altri rossi conosciuti fuori e dentro il Mediterraneo, gli ultimi rimasti degli antichi abitanti dell’area durante l’era glaciale. Spesso parlando di Atlantide si fa riferimento alla "razza rossa". 
Qualcuno ha associato questo tratto ai "pellerossa” americani, ma si tratta di un evidente errore di interpretazione: l'espressione "i rossi" indica la mutazione del rutilismo che in effetti caratterizzava gli abitanti della paleo-Europa. C'è da chiedersi se i famosi "giganti" con i capelli rossi, richiamati da molte leggende popolari, fossero gli antichi abitanti d'Europa arrivati prima del massimo glaciale (tra gli altri c'erano i famosi Cro-Magnon), che come testimoniato dalla ricerca paleoantropologica, in effetti, avevano dimensioni superiori a quelle dell'uomo attuale almeno del 10 per cento. 



Scorrendo i testi che ci parlano del tempo passato troviamo il colore Rosso come caratteristica comune a molti popoli.



In lingua ebraica Adam significa "rosso" e tale era il colore del primo uomo. Da Adam deriva Adama e Adamo; nonché Adamu, cioè "sangue".



Adamatu è la terra rosso scura con la quale Geova formò Adamo. Lo foggiò con l'argilla rosso scura del suolo, soffiò nelle sue narici l'alito della vita mutandolo in un "Nepesh": spirito, anima, "sangue". L'Adamo era decisamente "rosso".





La storia Sumera racconta come la Dea Madre mescolò il sangue di un Dio, il "Nepesh", alla terra, nella casa di Shi.In.Ti, dove veniva alitato il vento della vita, per formare l'Adama. Classificato come un essere di quarantacinque metri, androgino, circonciso, prima provvisto di coda poi senza, inserito, con Eva nella stirpe dei giganti.
Gli antichi babilonesi, quando parlavano dei giganti provenienti dal cielo Anunnaki, dicevano "" rossicci dai capelli e occhi cerulei come il cielo... ".



Adoma è anche la parola che indica un grande continente situato nel Pacifico settentrionale nominato parlando della storia di Adamo; luogo che si vuole popolato da uomini "rossi", che sprofondò in seguito ad una catastrofe.



Adamo diviene così la raffigurazione degli Atlantidi dalla pelle rossa. In Greco, rosso si diceva "Phoinix", appellativo dato ai Fenici, gli uomini rossi. Adamo diventa il gigante fenicio della Britannia, una delle regioni di Atlantide.



Al tempo della XII dinastia in Egitto si conoscevano quattro razze:



i Manu, dalla pelle gialla di origine asiatica e con il naso aquilino;

i Nassu, neri, con i capelli lanosi;

i Tamaku dal carnato bianco roseo con gli occhi celesti, provenienti dalla Libia e dalle isole del Gran Verde;

infine i Rutennu o egizi di razza rossa che insieme ai Fenici si definivano "i rossi".



Sui bassorilievi e sui monumenti, i personaggi di alto lignaggio venivano raffigurati con una pittura rossa.

Pure gli "uomini del mare", invasori dell'Egitto, vengono indicati come "rossi" e addirittura nelle leggende Cinesi troviamo un popolo dai capelli rossi. La parola Rutennu o Rotennu deriva da Rut o Rot che significa rosso. Di tale colore il mare che bagnava l'Egitto, "il mare dei Rossi".





Rut deriva da Rute che con Daytia era una delle due isole superstiti di Atlantide; punto di partenza della razza che soggiogò quella che dimorava sulle sponde del Nilo originando i Rutennu: gli uomini del mare di Rute.



Il popolo degli Yxsos veniva definito una razza più rossa di quella egizia e, per loro stessa ammissione, proveniva da quella terra che si stendeva fra il Pacifico e il Sud atlantico chiamata "Oceano Ethiopicus", nota come Etiopia, notoriamente popolata da "neri". Terra che formava una sorta di ponte fra i popoli dell'Atlantico, del Mediterraneo e del Pacifico.



Significativo che il vocabolo "Kush", trasformazione del nome Cuzco (un collegamento con le Ande?), sia un vocabolo non ebraico tramandatoci dalla Bibbia, che si ritrova nel nome degli Etruschi, Etr-ush e definisca gli Etiopi e la loro terra; quella di Koshu. Inoltre l'antico nome di Ur era Kish.



Quindi l'origine di molti popoli sembra si trovasse nel mezzo dell'Atlantico, in quella Rute che apparteneva ad Atlantide.



Rossi erano tutti i popoli sulle sponde delle terre intorno a quest'ultimo perduto continente: i Maya, gli Incas, gli Aztechi, gli Indios americani, i Pellirosse; razze che affermavano di provenire da una terra chiamata Aztlan o Atlan naufragata nell'Oceano Atlantico in seguito a cataclismi e terremoti.



Vivo è il ricordo fra il popolo rosso americano. I Delaware ricordano l'età dell'oro e quella della distruzione di una grande isola oltre l'oceano; i Mandan conservano un'immagine dell'Arca; i Dakota raccontano che gli avi salparono da un'isola sprofondata a oriente.





Gli Okanocan parlano di giganti bianchi su di un'isola in mezzo all'oceano che venne distrutta; i superstiti divennero rossi in seguito alle scottature del sole per aver navigato per giorni su di una canoa.



I Sioux ricordano quando non c'erano terre asciutte.



Un grosso interrogativo nasce nel costatare che l'unico paese al mondo mancante del mito del Diluvio universale è l'Egitto. Unica catastrofe quella provocata dalla Dea Hathor che, impossessatasi dell'Occhio Divino (forse un veicolo aereo?), lottò contro il genere umano massacrandolo. Ra pose fine al massacro versando sulla terra settemila giare di birra formando un mare ove la Dea si fermò a specchiarsi.



Le conchiglie rinvenute ai piedi della Grande Piramide testimoniano, invece, che la catastrofe interessò anche quella terra, forse prima della civiltà Egizia. Rimane senza soluzione la sua ubicazione nel tempo.



Ad uno dei più antichi ceppi della razza rossa appartengono anche i Guanci delle isole Canarie; individui con occhi azzurri, capigliatura bionda come alcuni Incas e Chimù.



Gli antichi ebrei avevano i capelli biondi e crespi non comuni ai popoli orientali, orgogliosi della loro cultura monoteista da considerarsi gli "eletti".



Seguendo le tracce di questo colore giungiamo fino al Pianeta Rosso: "Marte". Secondo Brinsley Le Poer Trench, il libro di Enoch proverebbe che l'Eden si trovava su quel pianeta. Enoc nel terzo cielo, quello di Marte, appunto, contemplò il giardino del Paradiso e al centro vide l'albero della Vita.



Oggi Marte rappresenta un appassionante mistero spaziale alimentato dal comportamento dell'Ente spaziale americano che nega tutto, dall'istituzione di una "Mars Mission" che intende mettere tutto alla luce del sole. Nel mezzo le foto fornite dal Mariner con formazioni piramidali (che sembra esistano pure sulla Luna), e un enigmatico volto che ricorda la Sfinge Egizia. Con questo non vogliamo asserire o negare niente; ciò non di meno rimaniamo perplessi davanti ad un volto che ci osserva da un altro pianeta.



Un libro aramaico, "la Vita di Adamo ed Eva", affermerebbe che il Signore ordinò all'arcangelo Michele di condurre Adamo nel Paradiso di Giustizia, nel terzo cielo (quello di Marte), cosa che fu fatta servendosi di un "carro di Fuoco".



Il Signore scese su un "carro di Cherubini" per giudicare Adamo ed Eva, la quale, alzando gli occhi al cielo, vide un "carro di luce" con quattro aquile risplendenti posarsi nel punto ove stava Adamo. Nel rotolo 4Q SI40, riportato nel libro di Luigi Moraldi "I manoscritti del Qumram", edizioni Utet 1986, vi si trova la descrizione del "carro trono" del Signore: Il Merkabah.



Circondato di Cherubini che "ritornano ed escono tra le ruote della sua Gloria come immagini di fuoco", creature "splendenti" con indosso meravigliosi abiti multicolori, più splendenti del sale puro. Gli spiriti del Dio vivente scortano la gloria dei "carri". (...) quando si apprestano tace il suono delle acclamazioni e la "brezza" della benedizione in tutti gli accampamenti di Dio.



Non mancano le similitudini con i libri Indù.



Uno di questi dal nome impronunciabile, il "Budhaswamin Brihat Katha Shlokasamgraha", descrive l'atterraggio del re del Vidyaharas, Naravashanadotta, su Uijayani, vicino al Gange, con un carro presidiato dai suoi "celesti" per cercare Ipploha, che aveva rapito la principessa Surasamanjari.



Il rosso ci porta verso i "Vimana" indù, i carri degli Dèi che si alzavano nei cieli dell'India. Inoltre il libro aramaico ci informa che il volto di Adamo splendeva di luce abbagliante. Anche qui le similitudini sono numerose; basti ricordare Lug, l'Apollo, il dio dei Celti; lo Splendente per i Latini; Chu Chulain, El; lo stesso Gesù risorto, Brahma; vengono descritti con il volto luminoso. Mosè quando discese dal Sinai irraggiava una luminosità intorno. Enoch stesso, nella Costellazione Altair, scorse il volto del Signore "simile al ferro fuso che emetteva lampi di luce abbagliante". Va sottolineato che il rosso ardente era il colore dei Maya e degli Aztechi.



Il libro dei Quichè, il Popol Vuh, parla specificatamente della Creazione dell'uomo dal colore rosso.



Quando nacque, Noè, aveva il corpo candido come la neve e rosso come una rosa in fiore, capelli con lunghi riccioli bianchi come la lana. Quando aprì gli occhi illuminò l'intera casa come il sole. Si sollevò fra le mani della levatrice e parlò con il Signore. Tutto ciò è narrato nel libro di Noè e i rotoli del Qumran confermano la storia compreso il sospetto che assalì Lamec. 
Il figlio era stato concepito da uno dei Guardiani celesti e apparteneva alla stirpe dei giganti. Quindi Noè si rivela un gigante dalla pelle rossa sopravvissuto ad Atlantide diecimila anni fa’. Gli antichi lo veneravano come un Atlantideo e un Titano come le tradizioni bibliche che lo associano ai Figli di Dio. Se uno più uno fa due, è logico concludere che i Figli di Dio erano giganti dalla pelle rossa. Non rimane che chiedersi se l'uomo discende, in via naturale o artificiale, come citano alcuni testi, da una razza di Dèi "rossi": gli Elohim per alcuni, i Refaim o Nephilim per altri.



Pomponio Mela e Plinio raccontano dell'arrivo di una barca piena di uomini dalla "pelle rossa", con labbra tumide crani allungati, nasi aquilini, proveniente dall'Atlantico. L'uomo di Cro-Magnon fu, come la Razza Rossa, un tipo agile, alto, muscoloso, atletico, con ossatura pesante. Inoltre la pittura rupestre nelle caverne raffigura gli uomini della razza Cro-Magnom provenienti da occidente, attraverso l'atlantico, come uomini "rossi".



In tutte le regioni in cui vivevano uomini rossi si veneravano gli Dèi sulla sommità di piramidi a gradini o costruzioni affini, come i menhir; e sugli altari veniva bruciata la carne delle vittime. Tutto questo e evidenziato sul libro di Otto Muck "I Segreti di Atlantide", secondo il quale il vulcano di Atlantide fu il prototipo delle piramidi: "quando il Dio si sveglia e parla con voce tonante ai terrestri la vetta del vulcano appare avvolta in una luce dorata".



Il tempio di Marduk-Baal sulla cima dell'Etemenanki era ricoperto d'oro; la cima delle piramidi era dello stesso metallo, come le pagode e gli stupa con i loro tetti dorati.



Fra i Fenici il monte ardente diviene il "Dio Ardente", il Melek o Molok, al quale si sacrificavano i primogeniti. Sull'altare dell'olocausto si bruciavano grassi e carne in onore di Jahweh.



Gli altari Aztechi videro i sacrifici al Dio Quetzalcoatl, nello Yucatan al dio Cuculcan. Così nell'Ellade, a Roma, a Babele, Ninive e nell'India prebuddista. Stranamente la "Irminsul" germanica si ricollega al serpente piumato Maya e Azteco, ove diviene il simbolo del Dio cosmico, sovrano dei quattro elementi. 



Davanti all'altare cristiano l'incenso sparso riproduce quella nube che segnala sempre la presenza del Dio quando questi parla con l'uomo. La Bibbia difatti descrive così queste manifestazioni divine. Mosè sali sul Sinai alla presenza di Dio mentre la montagna rumoreggiava, fumava e s'illuminava di lampi di luce, visibili e udibili da lontano. La montagna fumante è ricordata dall'albero cosmico, simbolo della cultura megalitica degli uomini Cro-Magnom che occuparono la terra liberata dai ghiacci e crearono quei colossali menhir di pietra orientati verso Ovest; verso il luogo d'origine dei primi uomini rossi.



Il ricordo del monte Atlas, oggi Pico Alto, ove dimorava il Dio del Fuoco. Zeus , Thor, Marduk, Geova, usavano il fuoco sacro, il fulmine, come il dio di Atlantide: il vulcano Atlas?



Il Cro Magnom ha colonizzato l'Europa dopo la scomparsa di Alantide avvenuta dodicimila anni fa nel momento in cui si passava dal quaternario al quinternario. Gli americani primitivi, secondo l'antropologo Herbert Wendt, appartengono alla specie dell'homo sapiens derivante dal Cro Magnom con tratti mongolici e indiani. Furono senza dubbio contemporanei degli uomini di Atlantide.Pelle chiara e capelli rossi. Sono i Neanderthal inaspettatiche emergono dalle profondità del tempo secondo uno studio italo-ispano-tedesco pubblicato sulla rivista Science. È un adattamento alle condizioni che esistevano nelle zone in cui si erano insediati i Neanderthal: alte latitudini durante l'ultima era glaciale. Quindi poco sole, necessità di sintetizzare la vitamina D.

FOSSILI - Non sono stati trovati resti fossili di Neanderthal con i capelli rossi, il risultato è stato ottenuto analizzando il Dna di due reperti e in particolare il gene MC1r che regola la pigmentazione nell'uomo e nei vertebrati. I campioni di materiale genetico sono stati prelevati in due esemplari, uno vissuto nei monti Lessini (Verona) circa 50 mila anni fa, l'altro nelle Asturie (Spagna) di 8 mila anni più giovane. «Il fatto importante da sottolineare», spiega a Corriere.it il prof. David Caramelli, docente di antropologia molecolare del dipartimento di biologia animale e genetica dell'Università di Firenze e coordinatore dello studio per l'Italia, «è che i capelli rossi e la pelle chiara dei Neanderthal non sono dovuti allo stesso tratto fenotipico del gene MC1r che determinano gli stessi caratteri nell'Homo sapiens, cioè alla specie alla quale apparteniamo in noi. 
È una variante, un'espressione diversa dello stesso gene». Sembra di poco conto, invece è il vero punto nodale della ricerca: le varianti della pelle chiara e dei capelli rossi dei Neanderthal non sono mai state riscontrate in nessun essere umano attuale.

Ciò significa due cose:che per rispondere alla stessa esigenza (necessità di avere la pelle chiara per far fronte alla scarsità di luce solare delle alte latitudini) due specie diverse hanno sviluppato le stesse caratteristiche (convergenza evolutiva), ma partendo da tratti diversi del proprio patrimonio genetico. E quindi questo dimostra che una specie (Homo sapiens) non si è evoluta partendo dall'altra (Homo neanderthalensis) e nemmeno c'è stata contaminazione genetica: cioè non ci sono stati discendenti (figli) di eventuali incroci tra Sapiens e Neanderthal che hanno trasmesso caratteri misti. 

Tutti i Neanderthal avevano i capelli rossi?«È difficile dirlo», risponde Caramelli. «I reperti bene conservati dai quali ricavare materiale genetico adeguato sono pochissimi. Quel che è certo è che su due campioni, entrambi presentano le stesse caratteristiche. Esemplari che sono vissuti a migliaia di chilometri di distanza e a 8 mila anni l'uno dall'altro».

Rimane sempre la domanda sul come e perché i Neanderthal si siano estinti.Le ultime ricerche tendono a escludere il clima quale causa dell'estinzione. Probabilmente si è trattato di una superiore adattabilità dei Sapiens al cambio repentino di clima (fine della glaciazione) che ha portato a un migliore accesso alle risorse nelle stesse nicchie ecologiche nelle quali le due specie convivevano, ipotizza Caramelli. Lo diranno le prossime ricerche sul Dna dei Neanderthal, sperando nel frattempo di scoprire esemplari meglio conservati.



Il colore rosso marrone è un carattere razziale sicuro presso i popoli antichi appartenenti al gruppo delle piramidi e al raggio d'azione di Atlantide. Piramidi si trovano anche sui banchi delle Bahamas, sul fondo marino presso Cuba, ove è stato individuato un complesso di ruderi che attende di essere esplorato; ad Haiti a Santo Domingo e nella zona di Bimini, enormi cupole, di cui una raggiunge la misura di 55 metri per 43, probabile base di una piramide. Manson Valentine, Jacques Mayol, Harold Climo, Robert Angone hanno trovato templi a gradini nella zona di Bimini nel 1968 e le mangrovie fossilizzate analizzate col "C14" hanno indicato un età di dodicimila anni. 



Da Atlantide proviene il rosso, ancora oggi colore degli emblemi imperiali, dei cardinali, usato nelle cerimonie importanti dalla chiesa (la porpora rossa), indice di potere e gloria, ricordo degli imperatori rossi di Atlantide. Adamah la prima terra, la Rossa.




venerdì 30 agosto 2013

La Potenza del mago

 

413 anni fa Il 17-02-1600 Giordano Bruno veniva bruciato vivo a Campo dei Fiori a Roma, condannato dalla santa inquisizione, dal braccio secolare della chiesa cattolica romano apostolica,  per eresia e apostasia.

Giordano Bruno cerca la memoria di un uomo divino, di un mago provvisto di poteri divini, grazie all'immaginazione imbrigliata dall'azione dei poteri cosmici. E tale tentativo doveva poggiare sul presupposto ermetico che la mens dell'uomo è divina, collegata all'origine con i governatori delle stelle, abile sia a riflettere, sia a dominare l'universo.

La mente del mago è quindi percorsa da un'energia non semplicemente umana, ma divina, è mente che si nutre e si alimenta attraverso un incessante rapporto  con la totalità del cosmo e delle forze superiori che lo abitano.

Un'altra osservazione decisiva è la seguente: quando parliamo di evocazione delle immagini magiche legate alle ruote della memoria non sappiamo esattamente a quale pratica ci riferiamo. L'evocazione di un'immagine nella prospettiva di Bruno assomiglia probabilmente più a un lasciarsi invadere dall'immagine, che non a un meccanico costruirla.

Nella mente del mago, in altre parole, le immagini evocate sorgono da uno sfondo di silenzio e di ascolto, di disponibilità e di assoluta attenzione: si tratta di qualcosa che in nulla assomiglia a una tecnica, ma che piuttosto può essere avvicinato a un rito religioso, all'atto della preghiera o dell'estasi di un mistico, alla capacità di concentrazione di uno sciamano.

Siamo difronte a qualcosa che ricorda anche, e molto da vicino, le pratiche legate alla cabala ebraica, tradizione che non a caso è molto presente nel sistema di memoria bruniano. 

<<E il potere di questo dipende dalla filosofia ermetica secondo cui l'uomo, nella sua origine, è divino e organicamente collegato ai governatori astrali del mondo. Mella tua primordiale natura" le immagini archetipe esistono in un caos confuso; la memoria magica le attrae dal caos e ristabilisce il loro ordine, restituendo all'uomo i suoi divini poteri>>.

E' questa parte, la parte più propriamente operativa della mnemotecnica bruniana, che segnava la differenza fra iniziati e non iniziati, fra il mago e un lettore curioso, poiché non insegnabile attraverso uno scritto, per quanto chiaro, ma tale da poter essere appresa dopo una lunga pratica e sotto la guida di un maestro, di una persona già iniziata alla tradizione.

Cosa significa evocare o richiamare alla memoria l'immagine di un decano? Propriamente non lo sappiamo e non abbiamo molti mezzi per scoprirlo. La categoria psicologica moderna di <<immagine mentale>> serve a molto poco, e forse ci svia irrimediabilmente.

Forse si ytratta inanzitutto di una tecnica ascolto profondo di sé: in ogni uomo esistono le immagini archetipiche ma giacciono sepolte nell'inconscio, velate e opacizzate da esistenze oscure e dimentiche della propria natura divina. Queste immagini non sono solo segni o simboli, ma forze, potenze concretamente operanti.

Se l'uomo non giunge a conoscerle e a dominarle nella trasparenza dell'intelligenza e della sua memoria, esse domineranno l'uomo, rovesciando il bene in male, impedendogli di riconoscere la sua essenza come divina, schiacciandolo in una dimensione meramente bestiale, dove regna l'opacità di passioni cieche e insensate.

La magia di Bruno è quindi anche - immediatamente - oltre che una metafisica,un'etica e un'antropologia. E forse una parte dell'inconscio junghiana è già anticipata nei suoi scritti.

Giordano bruno grande mago iniziato alla tradizione
ermetica. Oppure filosofo dalle intuizioni geniali?

Spia al servizio degli inglesi. Fondatore di una setta segreta
anticipatrice di quella dei Rosacroce.
 Oppure innovatore della mnemotecnica?

Giordano Bruno attraversa il cuore dell'Europa del rinascimento
lasciando dietro di se interrogativi, ammirazione, dubbi,
invidie e sospetti.

Il fatale scontro con l'inquisizione romanae il rogo 
a Campo dei fiorisono stati infatti solo l'inizio 
di quello che è oggi "Il Caso Bruno"

Tratto dal libro "GIORDANO BRUNO" di Matteo D'Amico
pag: 126-127-128

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giovedì 29 agosto 2013

BIOETICA ED EUGENETICA

 

BIOETICA SATANISTA ED EUGENETICA 

Parlare di Bioetica, già nella nostra quotidiana situazione societaria, é come scoperchiare il vaso di Pandora. Sul concetto stesso di Bioetica, e sulle sue applicazioni, ci si discute animosamente da almeno quarant’anni, ma mai come negli ultimi 25 anni, grazie forse alle scoperte e invenzioni biomediche recenti, il tema é divenuto talmente scottante da risultare particolarmente ostico per chiunque ci si avvicini. 

Sarà forse per quello, che ogni argomento relativo alla Bioetica si porta dietro uno strascico fatto di pregiudizio, di accuse, dirette a chi non la pensa come
noi, un conflitto generalmente condotto sotto due bandiere, quella religiosa e quella laica?
L'idea di Bioetica, la sua definizione di disciplina che si occupa delle questioni morali nella ricerca scientifica e medica, é per sommi capi condivisa da entrambe delle due matrici di pensiero; questo perché entrambe le ottiche concordano sul definire Bioetici un
procedimento, un progresso, una direttiva che si muovono lungo sentieri di morale condivisa e che sia applicabile e scalabile nel tempo. 

Ciò che cambia, invece, è COSA rientri in questa morale condivisa. Per citare giusto un esempio tra i tanti, l'aborto è un tema trattato da entrambe le correnti bioetiche, quella laica e quella religiosa, ma queste hanno opinioni diverse sul quanto l'aborto sia bioetico. La morale religiosa infatti ci dice che in NESSUN CASO all' embrione può essere negato il diritto alla vita; la morale laica invece ha posizioni distinte al suo interno: c'é la posizione funzionalistica, la quale considera la persona in base alle funzioni che svolge o é capace di svolgere (e dunque l'embrione, e anche il feto, non sono paragonabili a una persona), e c' é la posizione ontologica per la quale un individuo va considerato per la sua condizione “tal quale”.

Secondo questa corrente l'embrione é la base del feto, il quale a sua volta é la base della persona, e in tutti e tre i casi si può parlare di individuo.
Forse grazie (o a causa) di questa diversità di opinione tra i vari approcci ultimamente non si parla più tanto di etica dell'aborto quanto di etica della libertà di abortire. Insomma il dialogo (o la sfida?) si è spostata dalla pratica in sé alla libertà di usufruirne.

Così è per tanti temi, e crediamo che questo cambio di focus sia altamente destabilizzante per la società. Ogni satanista che si rispetti metterà prima l' individualismo e la libertà individuale davanti al resto, ma che succede quando questa libertà individuale agisce su un essere che non si può esprimere né tanto meno difendere? Come abbiamo visto, l'ottica sanamente prevaricatrice del Satanismo è pienamente giustificata in una situazione in cui le due (o più) parti hanno pari capacità espressiva e d'azione: sarà la loro determinazione individuale, il loro essere più forti o più furbi a scegliere quale individualità debba sovrastare l' altra (o le altre); ma nel caso in cui una delle parti non abbia mezzi e possibilità, questo ragionamento é ancora corretto? E' ancora satanista?

 

Se tocchiamo il discorso dell'Eugenetica le cose si complicano ancora ... Con il termine Eugenetica si intende generalmente la capacità di agire sul corredo genetico umano per apportare correzioni a situazioni biologiche inadeguate o
svantaggiose. Essendo il Satanismo una dottrina che punta alla continua miglioria, é naturale che a un primo approccio il satanista sia favorevole alle pratiche eugenetiche. Ma ... anche in questo ambito le opinioni sono diverse: c'é chi é per un progresso incontrollato, per la sperimentazione di tutte le possibilità; c'è chi si impone delle regole da non superare (per esempio: va
bene correggere geni difettosi che causino patologie, ma non va bene giocare a fare il calderone genetico perché preferisco un figlio dagli occhi azzurri piuttosto che castani); c'è chi pensa che non sia giusto fornire un vantaggio già in partenza, perché ciò contravverrebbe al principio secondo il quale sia l'autodeterminazione a causare evoluzione e miglioramento. 

C'è poi ancora chi è favorevole ad ogni incontrollata sperimentazione su geni, cellule staminali, addirittura sull'uomo, ma guai a sperimentare sugli animali! Insomma, il discorso non è facile.

Come rispondono le comunità sataniste a questi temi? Jennifer Crepuscolo, portavoce di Unione Satanisti Italiani, scrive sull'aborto: “Devi sapere che noi satanisti crediamo nel motto 'merito al meritevole e responsabilità al responsabile', pertanto sono dell'idea che ogni persona che sceglie di abortire un figlio ne deve avere la piena libertà, ma anche la piena responsabilità delle sue azioni.  

Nessuna persona, uomo o donna che sia, può essere costretta ad essere un genitore, quindi troverei assurdo e poco umano costringere qualcuno a tenere un figlio che non vuole. Non trovo nemmeno concepibile che una donna venga
obbligata a portare avanti la gravidanza e poi procedere per l'adozione, perchè sarebbe come trattare un essere umano come un'incubatrice forzata. Quindi diciamo che sono a favore della libertà di aborto, tuttavia però non posso definirmi a favore dell'aborto stesso”.
 

Una posizione equilibrata che distingue, come dicevamo, pratica dell'aborto dalla libertà di abortire.Magister Klaus Tyrel del Satanic Congregation ha una posizione più aperta: “In tempi come i nostri vietare l'aborto non può essere considerato civile. Deve esserci libertà per la pratica, ma responsabilizzazione da parte dello stato delle famiglie, delle istituzioni scolastiche, in modo che la donna (ma anche l'uomo) arrivi a tale scelta con consapevolezza”. 

In quest'ottica anche la pratica dell' aborto deve essere alla portata di tutti, non solo la scelta, ma anche in questo caso ci deve essere responsabilità, e un sostegno di istruzione da parte dei preposti alla formazione delle persone.
Andrea Pasciutta dei Bambini di Satana dichiara più semplicemente “Siamo favorevoli alla ricerca scientifica e a tutto ciò che comporta: aborto e ingegneria genetica compresi”. 

Esistono però anche correnti o gruppi con un pensiero molto lontano da questo. Ad esempi Xavier Storch, eclettico razionalista, scriveva due anni fa nel suo sito: “Nel momento in cui si ha il concepimento di una nuova vita, salvo che questa non sia imposta con una violenza, nè l' uomo nè il satanista ha diritto di spezzarla. Per il satanista ogni vita non colpevole é sacra, giustifico l' assalto e l' annientamento di un mio pari, se questi mi minaccia, ma non posso tollerare l'annientamento di un essere che non possa difendersi e che obiettivamente non abbia colpa”. 

La ricerca eugenetica é un altro tema importante, sul quale pare che la differenza di opinione sia legata a un discorso di credo spirituale o meno. Statisticamente i Satanisti Teisti e Spiritualisti non sono contrari alla ricerca eugenetica, più che altro la reputano non di primaria importanza o utilità, in quanto il miglioramento umano avviene secondo loro tramite un discorso spirituale e non meramente genetico. Sono riconosciuti come utili la ricerca sulle staminali, la cura di malattie con terapie geniche, insomma ciò che é medicina. 

Diverso é invece l'approccio a pratiche come la clonazione. Ben spiega questo concetto Jennifer Crepuscolo: “Sulla clonazione, cosa ti devo dire? non la trovo
utile, credo che certe scoperte siano più utili all'ego della scienza stessa che può dirsi ben progredita, piuttosto che all'umanità stessa. Cosa può servire creare cloni altrimenti? ad avere un sosia a cui estrarre organi e sangue in casi di incidenti o malattie? a creare una sorta di scorta umana di emergenza? Io lo trovo davvero poco utile e anche poco umano. [...] Per quanto riguarda la ricerca sulle staminali, l'allungamento di vita ed ogni forma di ricerca medica volta alla cura delle malattie e al miglioramento della vita umana, non posso che esserne a favore. Non a caso uno dei nostri principali Dei è Thot, Dio della medicina il cui segno è proprio il caduceo”.
 

Più liberali e possibilisti sono in generale i Razionalisti. Peter H. Gilmore, capo della Church of Satan Laveyana, osserva che l' eugenetica, e quindi l'ingegneria genetica, é la terza via per ottenere un miglioramento della popolazione e della condizione umana. La prima via é la riduzione dei caratteri difettosi ottenuta impedendo alle persone malate o portatrici di patologie genetiche di accoppiarsi; la seconda via é il favorire invece un' alta proliferazione di caratteri sani incoraggiando gli individui sani ad avere figli, eventualmente con supporto economico da parte dello stato. La terza via, é appunto la selezione che si può ottenere sul corredo genetico CORREGGENDOLO.

Ancora più categorico è Storch: “Tutto ciò che può migliorare la condizione di partenza della vita umana è benvenuto, come anche tutto ciò che può migliorare condizioni fisiche e psichiche sulle quali la Volontà non basta”. 

In linea di massima possiamo delineare, in ambito satanista, una filosofia possibilista nella gran parte dei casi, fino ad arrivare a volte alla vera e propria promozione di certe pratiche; la comunità satanista si dimostra molto aperta su questi temi, lasciando comunque l'individuo sempre libero di apportare a queste linee guida le modifiche che reputa necessarie in base alle
proprie convinzioni personali. 

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Del libro di Alessandro Demontis "da sumer al transumanesimo"
http://gizidda.altervista.org/site.html



https://ademontis.wixsite.com/ilfenomenonibiru/libri
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mercoledì 28 agosto 2013

La bollatura degli "studiosi": "I MITI"

  

PROLOGO DELLA GENESI
  
L'Antico Testamento ha riempito la mia vita fin da bambino. Si può dire che i primi semi di questo libro siano stati piantati quasi cinquant'anni fa: a quel tempo non sapevo assolutamente nulla delle polemiche sulle incompatibilità tra Bibbia e teoria dell'evoluzione, ma, da giovane studente quale ero, studiando la Genesi nell'originale ebraico, cominciai a pormi delle domande per conto mio. Un giorno, per esempio, leggemmo nel capitolo VI che, quando Dio decise di distruggere l'umanità con il Diluvio universale, sulla Terra si trovavano "i figli delle divinità", che avevano sposato le figlie degli uomini.

L'originale ebraico li chiamava Nefilim e l'insegnante ci spiegò che significava "giganti"; ma io obiettai: non significava letteralmente "Coloro che sono stati gettati giù", che sono discesi sulla Terra? Venni subito rimproverato, e mi fu intimato di attenermi all'interpretazione tradizionale.

Negli anni seguenti, dopo che ebbi imparato le lingue, la storia e l'archeologia dell'antica regione corrispondente all'odierno Medio Oriente, i Nefilim divennero un'ossessione. I ritrovamenti archeologici e l'interpretazione di testi e racconti epici di popoli quali Sumeri, Babilonesi, Assiri, Ittiti, Cananei
confermavano sempre più l'assoluta precisione dei riferimenti biblici a regni, città, condottieri, luoghi, templi, strade commerciali, prodotti artigianali, oggetti e usanze di quelle genti.

E dunque, perché non accettare nel suo preciso significato letterale la parola con cui quegli stessi testi biblici chiamavano i Nefilim, e cioè visitatori della Terra provenienti dai cieli? L'Antico Testamento ripeteva in più punti: «Il trono di Yahweh è nel cielo» - «dal cielo il Signore contemplò la Terra». Il Nuovo Testamento invocava «Padre nostro, che sei nei cieli».

Ma la credibilità della Bibbia fu scossa dall'avvento della teoria evoluzionistica, che venne subito universalmente accolta. Se dunque l'uomo era frutto di un processo evolutivo, allora, evidentemente, non poteva essere stato creato in un solo istante da una divinità che, premeditatamente, avesse detto: «Facciamo Adamo a nostra immagine e somiglianza».

Tutti i popoli antichi credevano in dèi che erano scesi sulla Terra e che, quando volevano, potevano tornare in cielo; ma a tutti questi racconti non era stata mai data alcuna credibilità, poiché fin dall'inizio gli studiosi li avevano bollati come "miti".

Le testimonianze scritte dell'antico Medio Oriente, tra le quali figura un gran numero di testi astronomici, parlano chiaramente di un pianeta dal quale questi astronauti o "dèi" erano arrivati sulla Terra. Tuttavia, quando gli studiosi, negli anni '20, decifrarono e tradussero gli antichi elenchi dei corpi celesti, i nostri astronomi non conoscevano ancora l'esistenza di Plutone (che venne localizzato solo nel 1930).

Come si poteva pretendere, allora, che accettassero l'evidenza di un ulteriore membro del nostro sistema solare? Ora, però, che anche noi, come gli antichi, sappiamo che esistono dei pianeti oltre Saturno, perché non credere alle antiche testimonianze che ci parlano dell'esistenza del Dodicesimo Pianeta? Ora che degli astronauti sono scesi sulla Luna, e che delle navicelle spaziali sono state inviate a esplorare altri pianeti, non è più impossibile credere che, in un passato imprecisato, una civiltà sorta su un altro pianeta più avanzato del nostro sia stata in grado di mandare attraverso lo spazio degli esploratori sul pianeta Terra.

In verità, alcuni scrittori popolari hanno già avanzato l'ipotesi che certe costruzioni dell'antichità, come le piramidi o le gigantesche sculture in pietra, possano essere opera di genti progredite provenienti da un altro pianeta: sembra infatti alquanto difficile credere che un uomo certamente primitivo potesse disporre delle necessarie conoscenze tecnologiche. Inoltre, per fare un altro esempio, come è possibile che la civiltà dei Sumeri sembri nata improvvisamente dal niente, quasi 6.000 anni fa, senza un precursore, un antecedente?

Alcuni autori si sono già posti questi problemi, ma poiché di solito non ci dicono quando, come e soprattutto da dove questi antichi astronauti sarebbero venuti, le loro domande, per quanto interessanti, rimangono speculazioni senza risposta.

Mi ci sono voluti trent'anni di ricerche, in cui sono più volte tornato a esaminare le fonti antiche, cercando di accettarle letteralmente, per ciò che davvero esse dicevano, prima di riuscire a ricreare nella mia mente una ricostruzione cronologica continua e plausibile degli eventi preistorici. Il Pianeta degli Dèi, dunque, cerca di fornire al lettore una narrazione che dia delle risposte a domande specifiche (quando, come, perché e da dove). 
Le prove alle quali farò riferimento sono in primo luogo gli antichi testi e raffigurazioni artistiche. Ne Il Pianeta degli Dèi ho cercato di decifrare una sofisticata cosmogonia che spiega, forse proprio come fanno le moderne teorie scientifiche, in che modo il sistema solare si sia formato, un pianeta "invasore" sia rimasto intrappolato nell'orbita solare e come si sia arrivati alla formazione della Terra e di altre parti del sistema solare.

La documentazione che presento ai lettori comprende mappe della sfera celeste che illustrano il viaggio nello spazio da quel Pianeta, il Dodicesimo, verso la Terra. Subito dopo spiegherò come i Nefilim abbiano fondato i loro primi insediamenti sulla Terra; darò un nome ai loro capi e descriverò i loro rapporti, gli amori, le gelosie, le lotte e i risultati che essi conseguirono; illustrerò infine la natura della loro "immortalità".

Più di ogni altra cosa, però, Il Pianeta degli Dèi intende spiegare i grandiosi eventi che portarono alla creazione dell'uomo e i metodi estremamente progrediti con i quali tale impresa fu compiuta. Il testo tratterà inoltre degli stretti rapporti tra l'uomo e i suoi "signori" e cercherà di gettare nuova luce sul significato di concetti come il giardino dell'Eden, la torre di Babele, il Diluvio universale. Infine, illustrerà come l'uomo, mettendo a frutto i doni biologici e materiali che gli avevano dato i suoi stessi creatori, finì per costringere i suoi dèi a restare per sempre fuori dalla Terra.

Questo libro insinua l'idea che non siamo soli nel nostro sistema solare. Eppure esso può accrescere, anziché affievolire, la fede nell'esistenza di un'entità assoluta e onnipotente: perché, se furono davvero i Nefilim a creare l'uomo sulla Terra, nel far questo non poterono che adempiere a un più ampio progetto universale.
Z. SITCHIN

New York, febbraio 1977

Il Libro in pdf


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