venerdì 26 agosto 2011

I nuovi venditori di padelle




Tripoli in mano ai ribelli ma nessuno sa dove sia Gheddafi. La caccia all'uomo è aperta, e i mercenari della NATO, da settimane del Paese, lo stanno cercando disperatamente. Sarà meglio trovarlo subito, altrimenti le borse cadranno in un abisso ancora più pericoloso. Gheddafi non è Mubarak né Ben Ali, è un militare votato alla lotta continua e al massacro, con un profilo perfetto per divenire una cellula terroristica fuori controllo. L'Occidente vuole Gheddafi adesso, vivo o morto, e il pericolo più grande delle intelligence è che Gheddafi possa prendere il postodi Bin Laden, ma stavolta da vero leader della resistenza araba, perché non è mai stato un personaggio allineato agli schemi delle intelligence. D'altro canto, non dobbiamo dimenticare che è stato il Rais ad emettere il primo mandato di cattura contro Osama Bin Laden, quello strano sceicco terrorista, morto povero con un vecchio televisore.
Per far fronte a questa situazione di disagio, i media filo-petroliferi non sanno più cosa inventare. Continuano a dire che "è questione di ore" e per prendere un po' di tempo fanno una lunga telecronaca sul sequestro di alcuni giornalisti, con qualche rapida immagine ripresa sempre dalle stanze degli hotel. I numeri più sensazionali li fa senz'altro la BBC, che trasmette un 'Live Tripoli' con immagini di archivio dall'India, oltre alla trasmissione a ripetizione delle due scene cult ritoccate della Piazza verde e del bunker di Bab Al-Azizija. I socialnetwork sono invece divenuti preziosi canali di disinformazione, dove gli utenti sintetici di Facebook e Twitter non fanno altro che accreditare le informazioni passate da Al Jazira e CNN. Tra l'altro non sono neanche credibili, considerando che la maggior parte della città di Tripoli non ha internet e a volte neanche energia elettrica.



Intanto nelle strade si compie il vero massacro. Oltre ai bombardamenti, che hanno raso al suolo interi quartieri, i mercenari della NATO che hanno lasciato Afghanistan e Iraq affiancano i ribelli negli eccidi dei lealisti e dei civili, lasciando cadaveri dietro di sé (Foto). Nel frattempo bisogna raccogliere i fondi per la ricostruzione ed a quel punto si va a battere cassa nei forzieri di Gheddafi, che guarda caso sono le banche del Sud Africa e dell'Italia. Il caro Sarkozy sarà impazzito al pensiero di dover passare sempre sotto il beneplacito degli italiani, e la sua richiesta delle riserve petrolifere potrebbe ridimensionarsi. Berlusconi scongela i fondi delle banche italiane a piccole gocce, soldi che serviranno tra l'altro per comprare la benzina dell'ENI. Tutto sommato l'Italia ha ricreato subito il suo business, giocando il jolly. Altro giro, altra corsa: è inutile dirlo, non esiste un interesse nazionale, l'ENI non è Enrico Mattei.


Ora comincerà lo sciacallaggio di questi 'venditori di padelle' che si dilanieranno a vicenda per partecipare al business dei bonds e delle garanzie bancarie del petrolio libico. Si parla di 3.7 miliardi di euro dei fondi libici stipate nelle nostre banche, stando alle cifre pubblicamente dichiarate, poi il 'nero' non si sa. Per non parlare poi dei faccendieri e dei fiduciari che hanno già la bava alla bocca, altro che tangente Enimont, sta arrivando l'era della tangente libica. Cominceranno con i collaterali, con le operazioni truffa, un po' come quella della Telekom Serbia, inscenata perché Milosevic potesse recuperare miliardi di dollari conservati a Cipro.Qualcosa allora andò storto, dopo che si presentò 'Mister %' , quello che ultimamente piagnucolava che gli avevano arrestato la moglie. A distanza di 15 anni, non è ancora possibile che qualche magistrato legga quelle carte per capire cosa sia accaduto, ma purtroppo sono troppo occupati ad indagare sui festini di Arcore, o sui 1000 euro della D'Addario. I debiti di gioco della politica italiana sono enormi, se si pensa a quante campagne elettorali hanno ricevuto finanziamenti dal Tiranno di Tripoli. I patti erano altri e tutti lo sanno, anche Unicredit.


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