domenica 5 novembre 2017

Birra per tutti aspettando El Niño


 

Una Birra al giorno leva l’AGW di torno

Posted By Guido Guidi

Potrebbe essere una rubrica in effetti, o comunque un allettante proponimento. Ma si dovrebbe rinunciare al sollievo, che ogni tanto capita, di passare una giornata senza che qualcuno pensi, progetti e realizzi qualche nuova puttanata molto green e molto politically correct. Sempre naturalmente per ricordarci che dobbiamo essere salvati. Oggi non è uno di quei giorni, purtroppo.

Capita che per protestare contro la decisione di Trump di non dar seguito agli accordi di Parigi, qualcuno abbia deciso di produrre una “birra di protesta”, cioè una bevanda fatta con ingredienti provenienti da zone dove (secondo loro) il cambiamento climatico sta già mietendo vittime. Prima tra tutte l’acqua di scioglimento dei ghiacciai antartici. Sicuramente andarla a prendere e portarla fino allo stabilimento di produzione sarà assolutamente eco-friendly e gratis, come del resto è per tutte queste volenterose iniziative di sensibilizzazione. Per spillarla, un simpatico oggetto che riproduce un orso polare…

La birra salva-clima (sic! dall’ANSiA)) si chiama Make Earth Great Again e, vuole (ri-sic!) scuotere le coscienze e a ricordare ai leader l’importanza dell’impegno nella lotta al cambiamento climatico. Dopodiché, visto che ne hanno spedita una cassa alla Casa Bianca, i leader berranno per dimenticare

Possiamo farcela? Non credo, specialmente perché il ricavato della vendita di questo nettare andrà all’organizzazione no-profit (per noi, loro profit eccome…) che si fa chiamare 10:10; quella stessa che qualche anno fa lanciò un video di sensibilizzazione che le coscienze più che scuoterle le faceva esplodere, dal momento che nel video si facevano letteralmente esplodere le teste di quanti esprimevano dissenso sull’urgenza di salvare io pianeta. Qui sotto per ripassare se ne avete voglia.

 

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Rullano i tamburi per la COP23

L’ultimo El Niño (2015-2016) ha provocato il più grande singolo incremento delle emissioni di CO2 degli ultimi 2 mila anni: tre regioni equatoriali (Sudamerica, Africa e Asia sud-orientale) hanno emesso insieme 2,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in più rispetto al 2011, ha detto Junjie Liu del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, principale autore dello studio. LEGGI QUI
  
Non c’era così tanta CO2 nell’aria da 3 milioni di anni

Arriva la certificazione ufficiale dell’Onu: nel 2016 la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata a livelli record. La notizia giunge a pochi giorni dall’inizio della Conferenza Onu sul cambiamento climatico, che si terrà dal 6 al 17 novembre nella città tedesca di Bonn. L’Organizzazione Meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, nel suo aggiornamento annuale sull’impatto dei gas ad effetto serra, spiega che l’incremento di CO2 lascia prevedere “un innalzamento pericoloso della temperatura”. LEGGI QUI
  
Commento di Guido Guidi

Finché c’è El Niño c’è Speranza

Bé, si prepara la nuova COP, questa sarà la numero 23. I tamburi rullano, sebbene per ora sommessamente, perché da un lato l’OMM fa sapere che la CO2 ha fatto segnare un nuovo record, dall’altro è ormai chiaro che i propositi della COP21 di Parigi, oltre a non avere mai avuto la chance di essere raggiunti, sono già andati a farsi benedire. Del resto, non fosse stato per il potente El Niño del 2015-2016, la temperatura media globale non avrebbe dato segno di tornare a salire. Qui sotto, quello che in borsa si definirebbe il rimbalzo del gatto morto (HadCRUT da GWPF).


Il problema è che El Niño non tornerà, almeno non nel breve-medio termine climatico. L’ENSO Forecast dell’IRI (Columbia University), va decisamente nella direzione di una Niña, anche piuttosto intensa.


Ergo, la temperatura media superficiale continuerà il trend che non è un trend che ha avuto più o meno dall’inizio di questo secolo, che però non torna con l’equazione CO2=Caldo-sempre-più-caldo.

Torneranno a fiorire spiegazioni come accaduto per la pausa (o iato) pre El Niño? Improbabile. Più facilmente si batterà sul record stabilito appunto nel 2016 in attesa che un altro sussulto positivo dell’oscillazione del Pacifico equatoriale regali altre soddisfazioni e altri spunti di stampa catastrofista.

Non che questi scarseggino per la verità. Presumibilmente sempre in relazione alla COP23 imminente, ecco un altro (l’ennesimo) studio che mette in guardia da future migrazioni di massa causate dal clima che cambia e non già da fame, sottosviluppo, pressione demografica e tirannia di ogni sorta. Protagonista l’Africa, vittima l’Europa, tanto per cambiare.

Comunque, c’è da aver fiducia che il dibattito virerà su toni ancora più intransigenti: il mondo s’ha da salvare, costi quel che costi. E quanto costa? Dipende, se ti permetti di entrare nella discussione pubblicando rebuttal referati di altre pubblicazioni politically correct, la faccenda può costarti anche 10mln di dollari. E’ successo negli USA, dove tal Jacobson ha pubblicato un paper in cui si asseriva che l’intera domanda energetica degli USA avrebbe potuto essere soddisfatta con risorse rinnovabili. Un gruppo di altri autori ha rifatto i conti e definito “un errore di modellazione” la conclusione di Jacobson. Risultato: causa legale verso questi ultimi e chi li ha pubblicati (i PNAS), per l’ammontare di 10 mln di dollari (qui se credete)

Alla faccia del confronto scientifico.

Buona giornata.

http://www.climatemonitor.it/?p=46279 

Alla faccia del confronto scientifico lo diciamo anche noi. La Goeingegneria resta ipotetica e la realtà un tabu. Una realtà è questa.



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