La realtà supera la fantasia
Il Grande Fratello ci Guarda
Libro di Giuseppe Balena
Introduzione
Quando nel lontano 2006 ho deciso di iscrivermi a Facebook
non immaginavo che un semplice gesto avrebbe potuto cambiare e influenzare la
mia vita e quella di qualche miliardo di persone nel mondo. In quel periodo
avevo appena riletto il romanzo 1984 di George Orwell. Una frase di quel libro
mi era rimasta conficcata nel cervello e mi aveva sconvolto:
«Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere,
non saranno mai capaci di ribellarsi
e fino a che non si saranno liberati,
non diventeranno mai coscienti del loro potere».
Le grandi abilità linguistiche e narrative di Orwell, d’improvviso,
avevano proiettato un fascio luminoso e accecante.
Quando decisi di iscrivermi a Facebook, lo feci quasi per
scherzo perché in quel periodo se ne parlava tantissimo, ma l’idea di dover
condividere pensieri, foto e contatti su una piattaforma mondiale mi aveva
fatto riflettere: l’immagine della prima home page del Social proiettata sullo
schermo del computer mi fece pensare proprio a quello del Grande Fratello che
“comandava” le vite dei personaggi del romanzo.
Ci veniva offerta una grande opportunità e per giunta
gratuitamente: rintracciare i nostri amici, chattare, scambiare foto e video e
soprattutto divulgare i nostri pensieri in una piazza virtuale di proporzioni
imprecisate; in altre parole, il mondo virtuale sulla punta del nostro mouse. Tutto
completamente a disposizione… ma cosa c’era da dare in cambio?
Quando un venditore di enciclopedie ci ferma per strada non
dice che vuole vendere qualcosa, saluta e mette all’avventore in mano un
piccolo regalo in modo tale che si senta obbligato e quindi non possa rifiutare
l’offerta che successivamente gli verrà fatta. Piccoli stratagemmi di marketing
spicciolo.
Facebook ci metteva in mano uno strumento straordinario e
pochi hanno pensato all’inizio cosa in realtà chiedeva in cambio. La
“fregatura” non era immediata né evidente, ma c’era: si trattava di barattare
la nostra privacy per l’atavica e narcisistica voglia di notorietà e di
apparire. Era il sogno di poter allungare all’infinito i famosi quindici minuti
di notorietà di cui parlava Andy Warhol.
Ecco perché goliardicamente decisi di iscrivermi a Facebook
con il doppio nome di Giuseppe Winston Balena Smith, proprio come il
protagonista di 1984. Da allora non l’ho più cambiato.
Il libro che avete tra le mani nasceva inconsapevolmente in
quel lontano 2006 e si è sedimentato lentamente negli anni come un puzzle che
si ricompone pezzo dopo pezzo. Questo volume ha l’ambizione di analizzare nel
dettaglio le azioni manifeste e nascoste “grazie” alle quali si esercita il
controllo sociale nei confronti di tutti noi.
L’intento è di tracciare le linee della storia del controllo
e della sorveglianza sociale, ma è anche idealmente quello di offrire un indice
critico degli strumenti utilizzati nell’epoca in cui viviamo.
Ci sono, poi, i soggetti che, come vedremo, secondo i
contesti di riferimento possono essere anche dei calembour: controllori,
controllati, controllori, controllati e ibridi.
Il contesto di riferimento, invece, può essere classificato
essenzialmente in privato, pubblico o ibrido. Dalla combinazione di questi
elementi derivano infinite combinazioni che si manifestano in maniera più o
meno palese nel quotidiano e che saranno illustrate e analizzate nel libro. In
particolare si porrà l’attenzione sulle tecniche del controllo nella vita
quotidiana e come queste siano subdole, invisibili ed enormemente estese.
Il libro propone, in prima battuta, un excursus storico
cercando di rintracciare il momento dell’inizio sistematico e le ragioni del
controllo sui cittadini.
L’analisi, inoltre, si estenderà da un lato ai soggetti
principali che effettuano il controllo e dall’altra alla tipologia dei soggetti
controllati, con particolare attenzione poi ai nuovi soggetti spuri e
intermedi.
Un passaggio importante e cruciale nella trattazione
riguarderà la distinzione e l’applicazione nella pratica dei concetti di
controllo e sorveglianza e come questi si siano progressivamente adattati in
maniera straordinaria rispetto all’evoluzione storica, sociale, economica,
politica e antropologica.
Un ruolo centrale è detenuto dalla tecnologia e in
particolare dall’avvento e dal massiccio utilizzo del computer in ambito
domestico prima, accompagnato dall’utilizzo di Internet, e dall’irruzione sulla
scena dei cellulari e in particolare, poi, degli smartphone e dell’enorme
carico di applicazioni che girano sugli stessi.
La rivoluzione di Internet e del Web è abbastanza recente
nella storia dell’umanità, ma già forse vecchia se ne si considera l’evoluzione
rapidissima.
Vediamone alcune date importanti:
1969: collegamento dei primi computer tra quattro università
americane;
1971: la Rete Arpanet
connette tra loro 23 computer;
1972: Ray Tomlinson propone l’utilizzo del segno @ per separare il nome utente da quello della macchina;
1980: primo “hack” della storia di Internet e sperimentazione sulla velocità di propagazione delle email;
1982: definizione del protocollo tcp/ip e del concetto di “Internet”;
1983: appaiono i primi server con i nomi per indirizzarsi ai siti;
1984: la Rete conta ormai mille computer collegati;
1985: assegnati i primi domini nazionali;
1987: a Internet sono connessi 10 mila computer. Il 23 dicembre viene registrato il dominio “cnr.it”, il primo con la denominazione geografica dell’Italia, ossia il sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche;
1989: sono connessi a Internet 100 mila computer;
1993: apparizione del primo browser pensato per il Web;
1996: sono connessi a Internet 10 milioni di computer;
2000: gli utenti di Internet sono 200 milioni in tutto il mondo;
2008: gli utenti di Internet sono circa 600 milioni in tutto il mondo;
2009: gli utenti di Internet sono circa 1 miliardo in tutto il mondo;
2011: gli utenti di Internet sono circa 2 miliardi in tutto il mondo;
2015: gli utenti di Internet sono oltre 3,3 miliardi in tutto il mondo.
1972: Ray Tomlinson propone l’utilizzo del segno @ per separare il nome utente da quello della macchina;
1980: primo “hack” della storia di Internet e sperimentazione sulla velocità di propagazione delle email;
1982: definizione del protocollo tcp/ip e del concetto di “Internet”;
1983: appaiono i primi server con i nomi per indirizzarsi ai siti;
1984: la Rete conta ormai mille computer collegati;
1985: assegnati i primi domini nazionali;
1987: a Internet sono connessi 10 mila computer. Il 23 dicembre viene registrato il dominio “cnr.it”, il primo con la denominazione geografica dell’Italia, ossia il sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche;
1989: sono connessi a Internet 100 mila computer;
1993: apparizione del primo browser pensato per il Web;
1996: sono connessi a Internet 10 milioni di computer;
2000: gli utenti di Internet sono 200 milioni in tutto il mondo;
2008: gli utenti di Internet sono circa 600 milioni in tutto il mondo;
2009: gli utenti di Internet sono circa 1 miliardo in tutto il mondo;
2011: gli utenti di Internet sono circa 2 miliardi in tutto il mondo;
2015: gli utenti di Internet sono oltre 3,3 miliardi in tutto il mondo.
Un nodo cruciale che ha segnato il punto di svolta per l’esercizio del
controllo, come vedremo, è stato il passaggio dal cellulare allo smartphone. Il
telefono cellulare fu inventato da Martin Cooper, direttore della sezione
ricerca e sviluppo della Motorola e fece la sua prima telefonata il 3 aprile
1973. Dopo dieci anni la Motorola decise di produrre un modello in versione
commerciale dal costo di 4.000 dollari.
Il primo smartphone, chiamato “Simon”, fu progettato dalla
ibm nel 1992 e commercializzato dalla BellSouth a partire dal 1993. Oltre alle
comuni funzioni di telefono incorporava il calendario, la rubrica, l’orologio,
il block notes, le funzioni email e i giochi, mentre per poter scrivere
direttamente sullo schermo era disponibile un pennino. Come si può notare sia
per Internet sia per la genesi storica dal cellulare allo smartphone, il tutto
si è concentrato a cavallo degli anni Settanta: un’evoluzione vorticosa
concentrata in circa quarant’anni di storia.
Se spostiamo poi lo sguardo al mondo dei Social Network,
alcune cifre parlano da sole e sono impressionanti: su Facebook sono attivi circa 500 mila utenti al secondo; Facebook pubblica circa 41 mila post (messaggi di stato, condivisioni, immagini
e così via) ogni secondo, mentre ogni minuto si cliccano 1,8 milioni di “mi piace”
e 350 gb di dati passano per i server; ogni dieci secondi vengono caricati su YouTube più di 50 ore di video, in
pratica il corrispettivo di circa 40 anni di contenuti al giorno; in un minuto vengono scambiati circa 278 mila messaggi su Twitter; su Instagram vengono postate circa 3.600 foto al secondo.
A questo scenario bisogna aggiungere che il numero dei siti continua a
crescere: ne nascono, infatti, ogni minuto in media 571. Per quanto riguarda,
invece, la registrazione dei domini, ogni 60 secondi ne vengono approvati in
media 70. Sono, invece, circa 204 milioni le email spedite in media ogni
minuto.
Ciò che a livello tecnologico oggi diamo quasi per scontato,
in realtà ha una vita relativamente recente, sebbene sia stato in parte “profetizzato”
da opere letterarie e film. Basti pensare, solo per citare alcuni esempi, a
libri come 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley o alle
pellicole cinematografiche come Minority Report o The Truman Show.
L’altro aspetto correlato al controllo è di natura giuridica
e riguarda il deficit nell’ambito della normativa della privacy; ai proclami di
tutela giuridica della privacy corrisponde, invece, un’erosione continua e
impalpabile della stessa nella vita quotidiana. Da un lato, quindi, si spinge
verso misure spesso eccessivamente rigide di tutela della privacy, mentre
dall’altro si manifesta una costante e inesorabile strategia del controllo.
Un aspetto cruciale riguarda, quindi, il rapporto tra
privacy e controllo; questi due elementi costituiscono un complicato sistema di
vasi comunicanti strettamente dipendenti e non sempre o quasi mai in
equilibrio.
I dati allarmanti che tracciano poi anche una direzione
futura segnalano alcuni pericoli che sarà bene tenere in considerazione: spesso
siamo tutti noi a fornire gli strumenti idonei per esercitare un controllo su
noi stessi e in questo caso sul banco degli imputati c’è certamente la tecnologia. Pur di
avere la comodità di determinati servizi che ci rendono la vita “più tecnologica”
rinunciamo spontaneamente alla nostra privacy, forse senza nemmeno
accorgercene, prestando il fianco alla possibilità remota o, spesso, alla
certezza di essere controllati.
È in corso un avanzamento inarrestabile di questo processo.
Il controllo e la sorveglianza sulla popolazione sono essenzialmente fenomeni
sociali che incidono però profondamente sulla sfera personale. Si intrecciano,
pertanto, una dimensione comunitaria e una individuale, influenzandosi
reciprocamente. Basterebbe analizzare, per esempio, le ragioni per le quali
ogni utente si iscrive a un Social Network: nella maggior parte dei casi è per
spirito emulativo, ossia perché gli amici o i conoscenti l’hanno già fatto o
perché se ne parla diffusamente.
Entrano in gioco alcune dinamiche descritte, per esempio, da
Gustave Le Bon nel suo saggio Psicologia delle folle:
«Dal solo fatto di essere parte di una folla, un uomo discende da generazioni su una scala di civiltà. Individualmente, potrebbe essere un uomo civilizzato; nella folla diviene “barbaro” in preda all’istinto. […] Un individuo nella folla è un granello di sabbia fra altri granelli di sabbia, mossi dalla volontà del vento».
Le Bon fu il primo a studiare scientificamente il
comportamento delle folle, cercando di identificare i caratteri peculiari e le
tecniche per guidarle, suggestionarle e controllarle. Applicando un paradigma
di studio scientifico derivato dall’approccio clinico, Le Bon ha utilizzato i
concetti di contagio e suggestione per spiegare i meccanismi della folla che
portano all’emergere dell’emotività, dell’istinto e dell’inconscio, altrimenti
repressi nella sfera individuale.
Nella sua opera più famosa ha analizzato il ruolo delle
masse in un’accezione negativa: la massa viene intesa come una forza di
distruzione, priva di una visione d’insieme, indisciplinata e portatrice di
decadenza, esaltando invece la minoranza come forza capace di creare. Nella sua
visione la massa, permeata da sentimenti autoritari e d’intolleranza, crea un
inconscio collettivo attraverso il quale l’individuo si sente
deresponsabilizzato e privato dell’autocontrollo.
Secondo Le Bon, infatti, le folle sono influenzate da
fattori che determinano le opinioni e le credenze quali fattori remoti e
fattori immediati. I fattori remoti sono: la razza, le tradizioni, il tempo, le
istituzioni politiche e sociali, l’istruzione e l’educazione. I fattori
immediati, invece, si sovrappongono a quelli remoti e sono contingenti, ossia
non stratificati nel corso del tempo e determinano, pertanto, le azioni attive
delle folle nell’immediato. Tra questi ultimi, un posto importante è occupato
dalle immagini, dalle parole e dalle formule.
Sono proprio questi gli elementi sui quali si fa leva per
innescare i meccanismi del controllo. Se proviamo, infatti, ad analizzare le
principali forme di controllo, queste si rifanno e utilizzano tali categorie.
La griglia concettuale proposta da Le Bon, dunque, può
essere considerata un filtro interpretativo soprattutto della società
ipertecnologica in cui stiamo vivendo.
Facebook, per esempio, utilizza proprio le parole e le
immagini come elementi fondanti del suo funzionamento. Il controllo tramite le
telecamere pubbliche, invece, utilizza le riprese video e quindi le immagini.
Il controllo tramite la
tecnologia RFID, che avremo modo di analizzare in maniera
approfondita, utilizza il concetto di formula, ossia un meccanismo che regola
una funzione ben precisa: se dispongo di un dispositivo di qualsiasi natura con
un RFID posso pagare istantaneamente passando la mia tessera vicino all’apposito
lettore, ma allo stesso tempo saranno facilmente rintracciabili le mie
transazioni finanziarie.
Attualizzando il pensiero di Le Bon, dunque, la massa
stratifica le proprie opinioni seguendo schemi ben precisi e collaudati che
dipendono da fattori endogeni ed esogeni, alcuni standardizzati e altri
modificabili.
Con gli studi di Le Bon viene attualizzato e reso moderno il
rapporto delle folle con l’entità sovraordinata che dovrebbe gestirle. Una
comunità ha una connotazione precisa ed è strettamente legata al concetto di
nazione, ossia ha una certa identità che si coagula intorno ai concetti
fondanti proprio dello Stato. La folla, invece, non è identitaria e non è
facilmente governabile e identificabile dalle strutture statali che seguono
invece logiche e dinamiche particolari.
Nel Novecento, in particolare, le folle si sono sostituite
progressivamente alle comunità. In questo passaggio e in questa mutazione
genetica della società risiede il seme del cambiamento anche delle forme di
controllo esercitate dal Leviatano.
Uno schema, evidenziato nel libro La società postpanottica
di Massimo Ragnedda, può riassumere in maniera esaustiva i punti chiave che
hanno determinato i passaggi verso la situazione attuale:
Premodernità
|
Modernità
|
Postmodernità
|
Autocentrato
|
Eterocentrato
|
Extracentrato
|
Capo tribù, famiglia o signore feudale
|
Stato nazione
|
Multinazionali
|
Norme e sanzioni imposte dalla tribù
|
Norme e sanzioni imposte dallo Stato
|
Norme imposte dalle multinazionali e sanzionate dagli
Stati
|
Soggettivo
|
Oggettivo
|
Virtuale
|
Personificato dal capo tribù
|
Personificato dallo Stato
|
Avvicinamento virtuale dello Stato al cittadino ma in mano
alle multinazionali
|
Evidente e assoluto
|
Evidente ma non assoluto
|
Non evidente ma potenzialmente assoluto
|
Autarchico e legittimo
|
Centrale e legittimo
|
Decentrato e illegittimo
|
Tradizione (sguardo orientato al passato)
|
Giurisprudenza (sguardo orientato al presente)
|
Previsione (sguardo orientato al futuro)
|
La postmodernità è lo scenario nel quale germogliano e
crescono in maniera impressionante il controllo e la sorveglianza delle
persone. L’epoca verso la quale stiamo correndo in maniera folle e spesso
sconsiderata è l’immediata conseguenza della modernità e della sua crisi.
Questo concetto risulta centrale: la postmodernità nasce già intrinsecamente
nella sua essenza come involuzione della modernità e come decadenza culturale,
politica, sociale ed economica di essa.
La cornice di riferimento è la nascita di quella che Bauman
ha definito come “società liquida”.
L’elemento fondamentale è l’incertezza. Questo sistema crea
effetti particolari e unici: la globalizzazione, l’industria della paura, lo
smantellamento delle sicurezze e una vita liquida sempre più frenetica e
costretta ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi esclusi. Dai
rifiuti industriali si passa così ai rifiuti umani.
L’esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più
sull’estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare l’essenziale, ma
sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità. Secondo Bauman il
povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si
sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè se non riesce a sentirsi
accettato nel ruolo di consumatore. In tal modo, in una società che vive per il
consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano. La società,
pertanto, crea i rifiuti dai prodotti in eccesso e i rifiutati come individui
di scarto per il mancato processo di omologazione.
Ecco che avanza il postmodernismo caratterizzato da
un’economia estesa globalmente, invasa dalla pubblicità e della televisione che
agiscono come fattori condizionanti e costellata da un enorme flusso di notizie
ormai incontrollabili provenienti dal Web.
Cerchiamo di fare uno sforzo di immaginazione: in questa
cornice appena descritta proviamo a dipingere un quadro di una società a metà
strada tra il romanzo 1984 e la pellicola Minority Report,
entrambi nella doppia versione romanzata e cinematografica.
Proviamo a immaginare una vita senza privacy, una vita
trasparente dove ognuno può sapere tutto di ogni singolo individuo. Un incubo
dove tutto viene tracciato e registrato da quando uno mette il piede fuori dal
letto fino a quando lo rimette dentro. In mezzo un’intera giornata dove ogni
azione, o quasi, lascia una traccia indelebile. Il cellulare, il navigatore
satellitare, il computer, le telecamere, il bancomat: ogni singolo momento è
monitorato.
Qualcuno potrebbe scandalizzarsi, gridando all’esagerazione.
È curioso invece notare come ci siano alcune situazioni reali che, spesso,
vanno ben oltre quelle prospettate nelle trame narrative di Orwell o Huxley.
Tutto questo non può essere vero perché in fondo la nostra
vita negli ultimi quarant’anni è sicuramente migliorata: questo scenario può
essere solo frutto della fantasia, non può essere la realtà.
Invece, non è così: la realtà potrebbe superare la fantasia.
FONTE https://www.macrolibrarsi.it/speciali/introduzione-il-grande-fratello-ci-guarda-libro-di-giuseppe-balena.php
Giuseppe Balena nato a Matera nel 1975. Vive e lavora a
Ferrandina (MT) come giornalista, scrittore e comunicatore web. Laureato nel 2001 in Scienze Politiche
presso l’Università degli Studi di Bari. Da luglio 2015 è redattore per la
rivista «Mistero» dell’omonima trasmissione televisiva di Italia Uno. Già
redattore per testate giornalistiche cartacee e online.
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