martedì 8 marzo 2016

P.C. - Politicamente Corretto


La polizia del pensiero l’autentico psico-reato
  
POLITICAMENTE CORRETTO COME PSICO-POLIZIA. SUGGESTIONARE, SORVEGLIARE, CENSURARE, PUNIRE.
Maurizio Blondet  
Roberto PECCHIOLI 

Una nuova ideologia 

Nel suo libro “La cultura del piagnisteo,” Edward Hughes, scrittore australo-americano profetizzava che il capitano Achab, protagonista del romanzo Moby Dick di Melville, ossessionato dalla balena bianca, sarebbe stato descritto come“ portatore di un atteggiamento scorretto verso le balene“. E’ una rappresentazione umoristica, ma terribilmente realistica , di uno dei mali del nostri tempi, il cambio di linguaggio, di significato e di visione della realtà portato dall’ideologia del “politicamente corretto”, a metà tra la falsa coscienza marxiana e la coscienza infelice. 

L’invenzione del politicamente corretto (P.C. nel testo – N.d.R.) è probabilmente il più importante evento meta-culturale degli ultimi decenni. Infatti, lungi dall’essere una semplice modalità espressiva, il P.C. si è trasformato in una vera e propria ideologia comportamentale, in una precisa modalità cognitiva ed riuscita programmazione neurolinguistica al servizio del nuovo potere globale, quello del liberismo economico libertario e cosmopolita.

In linguaggio informatico, possiamo definire il P.C. come una specie di sistema operativo a disposizione del Potere: il meccanismo, in fondo, è piuttosto semplice, a patto di controllare i principali canali di comunicazione culturale e mediatica: università, sistema dell’informazione, intrattenimento, e consiste nel sostituire un certo numero di parole e concetti, sostituendole con altre, al fine dichiarato di smussarne gli angoli, depotenziarne la carica offensiva o semplicemente assertiva, neutralizzarne l’effetto in nome di un rispetto ossessivo per ogni minoranza, e per eliminare dalle parole ogni possibile valenza negativa, ogni ombra di giudizio o affermazione d’ineguaglianza.

Prima , esisteva l’eufemismo, una tradizionale figura retorica che consisteva nell’utilizzare una parola di uguale significato, ma di espressione attenuata. Il P.C. è ben altro, diversa, anzi opposta è la sua intenzione; mentre il vecchio eufemismo si limitava ad affievolire un’espressione per scrupolo o riguardo, il P.C. provoca un cambio di significato, di percezione, uno scarto di senso rispetto ai termini precedenti, addirittura di paradigma, poiché mutano insieme significante e significato. E’, quindi, un’operazione fortemente politica, poiché si prefigge e provoca un “trasbordo ideologico inavvertito”, ovvero tende a rimuovere un concetto, una categoria mentale, un’opinione generalizzata, fino ad abolire, per discredito, demonizzazione e censura, alcune parole od espressioni a favore di altre, senza dichiararlo.

Un interessante libro sull’argomento, di Edoardo Crisafulli, del 2004, Igiene verbale, evoca sin dal titolo il carattere artificioso, da creazione di laboratorio intellettuale, pensata ed organizzata, della “correttezza politica”. Come quasi tutte le cose peggiori emerse nel XX secolo, e che continuano e si perfezionano nel XXI, si tratta di un’idea americana. Alla fine degli anni 80, conclusa vittoriosamente la battaglia del liberismo economico, sconfitto il nemico sovietico, confinato il marxismo nella soffitta della storia, metabolizzata l’onda d’urto delle idee libertarie originate dal 1968 sotto l’ala dei Francofortesi, specie di Herbert Marcuse, giacché Adorno è pensatore ben più profondo e complesso, il capitalismo vincente appaltò alla sinistra sconfitta sul piano degli assetti economici, le idee per la costruzione, diffusione ed imposizione di precetti nuovi per una società in cui si dissolvessero identità personali e religiose, appartenenze nazionali, principi morali, convinzioni e tradizioni secolari e millenarie.

Lo scopo ora ci è chiaro: modellare un’umanità plastica e docile, asservita ai miti del consumo compulsivo, ferocemente votata a rivendicare diritti individuali a scapito di quelli sociali e collettivi, convinta che ciò che è nuovo sia sempre migliore del vecchio, disponibile , anzi desiderosi di un’esistenza precaria, fatta di cambiamenti, instabilità lavorative, sentimentali, residenziali, emotive, per affrontare le quali occorre liberarsi di ogni retaggio e di qualsiasi forte convinzione. L’umanità doveva diventare liquida, per essere versata dai padroni del mondo in nuovi recipienti ; occorreva un’ideologia fortissima, ma soffice, impalpabile, suadente, un poco come certe pubblicità in cui la voce narrante parla con tono ipnotico, in tono basso e lento, per abbattere le nostre difese, ma con il nostro consenso, preconscio o inconscio.

Pochi davvero intuirono la portata devastante del P.C. e la sua capacità di mutare profondamente il senso delle cose per decine, centinaia di milioni di esseri umani; del resto, quando la minaccia è felpata ed armata di così buone intenzioni, come quelle di tutelare minoranze sfortunate e riscattare categorie stigmatizzate, il pensiero critico arriva sempre troppo tardi.

“Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo. “ La scintillante immagine di Hegel1 ci restituisce un frammento di verità, ovvero che i cambiamenti profondi vengono preparati con cura, e, come una fleboclisi, penetrano goccia a goccia. L’effetto, si vede solo dopo, quando la civetta di Minerva, la dea della sapienza, prima della nuovo giorno, ha concluso il suo volo notturno. La cultura, insomma, giunge a comprendere un fatto storico – l’ideologia del P.C. lo è- solo dopo che il processo di formazione della realtà è già ultimato.

L’invenzione concettuale va ascritta all’Università del Michigan, che, immersa nel multiculturalismo, propose nuovi codici di linguaggio per definire qualsiasi minoranza, tal-ché i negri divennero neri, e poi afroamericani, gli invertiti omosessuali, ma poi, definitivamente, gay, allegri, per esprimere la carica positiva della loro condizione, che venne inserita nel concetto generale di “orientamento sessuale” – tale locuzione è utilizzata anche nei vigenti trattati dell’Unione Europea - mentre gli handicappati si trasformarono prima in portatori di handicap, successivamente in disabili e infine diversamente abili.

Operazione in sé spregevole ed inutile, il p.c. cambia la parola, sfuma o neutralizza il concetto, ma la realtà non si muove di un millimetro: il paraplegico, disgraziatamente, non si alza dalla sedia da diversamente abile. Un divieto verbale tira l’altro, l’igiene verbale pone l’asticella sempre più distante dalla verità. Un mirato bombardamento chemioterapico, per estirpare quel cancro che sono le idee innate, i principi ricevuti, i nostri stessi occhi che vedono una cosa, ma ne devono descrivere un’altra. Gli stranieri sono diventati burocraticamente extracomunitari, i clandestini profughi (da che?) gli immigrati, parola che comunque evoca stabilità, ora sono migranti, vagano, si spostano inafferrabili, come l’ebreo errante del racconto medievale e del libro di Eugène Sue.

Nel campus del Michigan venne redatto un vero e proprio codice di condotta verbale, con apposite sanzioni, costituite da richiami ufficiali che influivano negativamente sulla carriera scolastica, dunque sull’intero avvenire degli studenti. Qui cogliamo un altro punto a favore della tesi “ideologica” che sosteniamo. Il castigo: dunque, saranno stati istituiti dei controllori del linguaggio, dei poliziotti della parola e del pensiero, presumibilmente insegnanti od anche studenti. Ma quando esiste una sorveglianza su ciò che si dice si vive in un regime dittatoriale, il cui destino è vivere stabilendo divieti e decretando punizioni. Sorvegliare e punire: lasciamo stare Foucault, e limitiamoci a d osservare che il diritto penale degli Stati occidentali, assai permissivo e di manica larga per quasi tutti i comportamenti criminali, è particolarmente duro con i nuovi devianti, che violano, ignorando o contrastando il P.C., la versione ufficiale, la quale, proprio perché tale, è di solito una menzogna o una costruzione arbitraria quanto il giudizio di segno contrario.

Hanno iniziato con le norme che puniscono la negazione dell’Olocausto ebraico, che sono, a loro modo, un altro capolavoro del politicamente corretto: infatti, in genere ciò che è sanzionato penalmente è “la negazione degli esiti del processo di Norimberga”. In quel senso, potrei essere trascinato dinanzi a tribunali di numerosi Paesi tanto se sostenessi l’inesistenza delle camere o gas o la non verità della “soluzione finale”, quanto, paradossalmente, se affermassi che le vittime furono sette milioni, e non sei, come da manuale storico. Poi si sono dedicati alla repressione delle discriminazioni nazionali, razziali o territoriali, in Italia la legge Mancino, per la quale non possiamo distinguere nessuno, perché questo significa discriminare , il giudizio di valore viene dopo, e quindi non abbiamo diritto di pensare. Ora stiamo per essere impediti per legge a distinguere un omosessuale da uno che non lo è (la terribile omofobia, neologismo comico, che significa paura dell’uguale, ed è dunque un ulteriore prova di inversione dei significati), e prima o poi il codice penale accoglierà una nuova figura di reato, il neonato “femminicidio”, nipotino dell’eticamente corretto, che impone sì di non uccidere in generale, ma specialmente di non ammazzare la propria moglie, fidanzata o convivente, gesto assai più grave dell’ assassinio a ruoli invertiti. Aspettiamo di verificare in quale fattispecie verrà inserita l’uccisione di persone dello stesso sesso legate da unione civile.

Ma c’è del metodo in questa follia, come capì Polonio delle stranezze di Amleto. L’uomo nuovo, no, che dico, l’umano nuovo, poiché uomo è “sessista”, (altra categoria concettuale vietata e punita dalla nuova psico-polizia progressista) ha l’obbligo assoluto di uguaglianza, deve vivere nell’identico, sguazzare nell’equivalente, credere nell’indifferente e nel relativo, elevare altari ai diritti dell’Uomo – maiuscolo forse si può scrivere -. Nessun giudizio morale è permesso, nessuna distinzione (discriminazione) ammessa, ma, come nella Fattoria degli animali2, qualcosa e qualcuno deve rimanere più uguale degli altri.

Gettati nella spazzatura tabù secolari, l’uomo ne inventa di nuovi, e, proclamata l’assenza di qualunque verità in nome dell’Equivalente, dell’Uniforme, dell’Uguale, perseguita con occhi iniettati di sangue chi esprime concetti veritativi, o, semplicemente, li ricerca. Nulla di più violento ed intollerante del pensiero debole, padrino del P.C., che inizia escludendo dal dibattito come indegno o empio il deviante e prosegue invocando la sanzione della norma scritta a carico dei dissidenti, il cui peccato e reato è pensare. E, posto che il relativismo è la conclusione del liberalismo trionfante, il suo pilastro legale è il positivismo giuridico.

Al riguardo, apriamo una parentesi per spiegare come tutto si tenga, nell’impianto concettuale liberal-libertario. La nostra ferma convinzione è che il p.c. sia la volgarizzazione ideologica ad uso delle masse del relativismo morale, il quale, a sua volta, è lo strumento con cui l’universo liberal-capitalista ottiene per inganno e disinformazione, il consenso dei più alle proprie pratiche di dominio, sfruttamento, abbrutimento dei popoli. Liberisti in economia, privatizzano il mondo, libertari nella società, privatizzano i desideri, esaltandoli come diritti. Vanno oltre, giacché il presidente Obama, che è P.C. per definizione, in quanto appartenente al Partito Democratico e di pelle scura, ha definito fondamentale il cosiddetto diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Gettata nel cestino dei rifiuti la strana attitudine della natura, che assegna la riproduzione delle specie all’incontro di due sessi, egli, gran sacerdote del Pensiero Unico occidentale, recide il legame dell’uomo con il resto della natura, ponendosi al di sopra, e considera “fondamento” di una comunità “legale” l’unione sterile omosessuale.

Screditata, derisa come inesistente la legge naturale, che infonde il principio di verità e giustizia nell’animo umano, e lo rende senso comune, che per primo Aristotele3 aveva scoperto e teorizzato, e rigettata la convinzione che esistano principi di fondo, validi per tutti, non si pone più il problema del bene e del giusto. Si torna, con acrobazie dialettiche in cui il potere è maestro da sempre, alla legge del più forte, colui che, nelle circostanze presenti, può, vuole e sa orientare l’opinione comune, avendo a libro paga intellettuali e politici, e la trasferisce nei codici scritti, con leggi che l’intelletto comune respinge, ma che, appunto, sono leggi. Stanno scritte, approvate a maggioranza da parlamenti indolenti ed ignoranti, hanno forza di coercizione. Non pretendono minimamente di essere giuste, semplicemente, ci sono: esse sono la legalità, quella di oggi, diversa probabilmente da domani o dopo.

Non importa, umano occidentale del XXI secolo: sei cittadino di un mondo dove esiste il politeismo dei valori4, di conseguenza hai rinunciato a credere nelle leggi naturali e nella verità che pure avverti presente dentro di te, hai torto, e ti devi uniformare alla “legalità”. Il grande giurista romano Paolo, nel suo Digesto, sentenzia: “Il diritto è definito in diversi modi: in uno, si dice diritto ciò che è sempre giusto e buono, che è diritto naturale; nell’altro modo, ciò che per tutti o per molti è utile in una certa città, che è diritto civile “. Dunque, da migliaia di anni è certo che esista qualcosa che è giusto e buono in sé, distinto da ciò che è ritenuto utile in dato contesto. Adesso, non più, e non possiamo quindi obiettare, con Tommaso d’Aquino,5 che se una norma non concorda con la legge naturale e morale “non eritlex, sedlegiscorruptio “, non sarà legge, ma corruzione di essa. Ti hanno convinto che tutto sia mutevole, fluido, liquido, si equivalga, e che le più belle parole del vocabolario siano progresso e moderno. Moderno, poi, significherebbe semplicemente, “al modo odierno”, quindi è un termine molto politicamente corretto, giacché, in sé, non esprime alcun giudizio di valore, ma solo una constatazione temporale!

Inoltre, ti hanno riempito la testa di “valori”, che non ci sarebbero più, o che comunque sono quelli che tu (o loro per te) riconosci al momento. Ma se l’unico valore comunemente accettato è il prezzo in denaro, è perché sono tramontati i principi. Solo possedendo dei principi, si possono attribuire dei valori, alle idee, alle cose, alle persone, ai fatti. Aveva ragione, ancora una volta, Carl Schmitt, il gigante del diritto novecentesco, ad imprecare contro “la tirannia dei valori”, che, come i titoli di Borsa, scendono, salgono, si compravendono, stanno, come ripetono gli esperti del settore, di volta in volta in territorio positivo o negativo. Purtroppo, ha vinto Kelsen, aedo del liberalismo progressista, con la sua teoria “pura” del diritto, che impone il positivismo giuridico (giuspositivismo), per il quale, avalutativamente, in assenza di principi, valore è la legge in sé, ovvero il fatto che sia formulata secondo procedura, approvata secondo procedura, applicata secondo procedura. Che prescriva castronerie o vieti comportamenti giusti, è indifferente.

Questo è il tempo nostro, l’Eldorado delle procedure, dei protocolli, dei quadratini dei formulari, ognuno dei quali deve contenere una lettera ed una sola, un numero e solo quello. Il politicamente corretto è, per l’appunto, la procedura, il prontuario, il catechismo a disposizione di chi non può (vuole….) perdere tempo, altro mantra contemporaneo, e vuole vivere tranquillo, come un animale d’allevamento, ed avere in tasca, pronte all’uso, le idee alla moda che lo faranno accettare in società e gli permetteranno una buona carriera. E’, pensateci, il pregiudizio dell’assenza di pregiudizi! Tutto già scritto, precotto, preciso e perfetto, come in uno stampato precompilato , da completare con nome e cognome, redatto in “corporate standard”, che, per i fortunati che lo ignorano, è l’insieme di regole formali con cui si comunica all’interno di un’azienda o un’amministrazione: parole da evitare, corpo tipografico, spaziature, lunghezza, tono.

Rassicurante, pronto , non si può sbagliare, è a prova di cretino, anzi di persona di ridotte attitudini intellettuali. Che è poi la fotografia digitale dell’homo sapiens nostro contemporaneo, uno che non si attarda a studiare ciò che “non serve”, e che è il destinatario perfetto del metodo delle ex scienze dello spirito, sociologia, antropologia, storia, diritto, che avanzano senza chiedersi i perché, limitandosi a descrivere ciò che guardano, senza trarre conseguenze, esprimere giudizi, senza, in fin dei conti, pensare. Il P.C., purtroppo, invece pensa, e lo fa al nostro posto, pubblicando ogni giorno una dispensa dell’ enciclopedia dei sentimenti leciti, codice ideologico obbligatorio sorvegliato da una pletora di intellettuali, giornalisti, politici di serie C, che hanno indossato di buon grado, la paga è ottima, l’uniforme della Squadra Buoncostume delle polizie di una volta. La Chiesa cattolica, che è peraltro uno dei bersagli preferiti del P.C., aveva tracciato il solco, con l’Indice dei Libri Proibiti, il Progressista Globale ha superato la maestra, con l’indice delle parole, dei concetti, dei pensieri proibiti. 

Psico-reato, psico-polizia 

Il chierico delegato, novello intellettuale collettivo (anche su questo versante Marx, Lenin ed il buon Gramsci sono stati battuti dai liberali) regola il traffico cerebrale per tutti, unisce le nostre sinapsi, animandole verso il Bene ufficiale, e, naturalmente, non discute: emana sentenze, inappellabili come quelle della Cassazione, diffonde scomuniche con bolle papali a mezzo sistema di informazione. Per chi sgarra e si oppone al P.C., la prima sanzione è l’avvertimento in stile mafioso, con lo scatenamento delle armate mediatiche. Due esempi: l’industriale Barilla, costretto a ritrattare l’affermazione secondo cui egli non avrebbe mai permesso pubblicità della sua azienda con famiglie diverse da quella naturale. Dovette scusarsi dopo attacchi aggressivi e volgari, non solo della lobby omosessualista. Da ultimo, il caso del calciatore Marchisio, che ha polemizzato con un giornalista, affermando che la sua telecronaca “sembrava fatta da un non vedente “. Con fiero cipiglio, i Guardiani della Rivoluzione parolaia lo hanno costretto a ritirare la frase. Badate bene, era già stato politicamente corretto, pronunciando l’espressione “non vedente” al posto di cieco. Non è bastato, nessun accenno è ammesso dai proibizionisti del linguaggio!

Secondo passo: l’esclusione dal dibattito. Chi manifesta convinzioni sgradite, o semplicemente parla chiaro, deve essere proscritto. Discutere con lui (o lei, siamo P.C. anche noi ..) significherebbe riconoscere dignità alle sue idee. Sì, perché l’intellettuale collettivo P.C. è anche abilitato a rilasciare patenti di democrazia, tolleranza, diritto di parola. Un protocollo scritto delle correttissime associazioni LGBT (lesbiche, gay, transgender, bisessuali) invita testualmente i canali televisivi e radiofonici ad escludere dai dibattiti su materie di bioetica e sessualità i contrari ai “diritti” gay. Chi ha idee non politicamente corrette, o è un pazzo oppure è un rifiuto dell’umanità, scellerato, forse nemico del popolo. Perché ammetterlo al dibattito “civile”?

Usando le loro logore categorie mentali, dovremmo dare a tutti costoro dei fascisti, o, peggio ancora, dei razzisti (antropologici), giacché questa parola è diventata multiuso per far tacere ed espellere chicchessia dal campo e dall’umanità. L’arco costituzionale sono sempre loro, ed il loro patologico bisogno del nemico assoluto (l’orco costituzionale …..) li rende impermeabili a tutto, specialmente a comprendere di essere diventati l’arma migliore nelle mani di capitalisti, multinazionali e banche, che li usano, condizionano e manipolano come ridicoli robot per i loro fini schiavistici.

Terzo movimento: la sanzione vera e propria, attraverso l’inclusione nel corpo legislativo di nuovi titoli di reato, o psico-reato, che non reggono all’esame di uno studente, ma che diventano istantaneamente vangelo vivo nelle mani dei nuovi inquisitori. Galera dunque, per chi osi preferire un figlio normale ad uno invertito (brr, che parolaccia), o sostenga che i genovesi sono spilorci o i napoletani indolenti.

Un’università americana sta bonificando il grande romanzo di Mark Twain, Le avventure di Huckleberry Finn, capolavoro assoluto, espungendo dal testo la parola nigger, negro, che vi compare ben 119 volte, da altre parti si chiede di non far studiare Shakespeare e Dante per manifesta scorrettezza politica. A forza di ripulire il pensiero, ed il linguaggio, resta una lavagna cancellata, o una pagina bianca. Aveva ragione Orwell ad immaginare che, con la neo-lingua del Socing6, si sarebbero eliminate le parole per abolizione dei relativi concetti. Afasia che lo scrittore algerino Boualem Sansal, nel recentissimo “2084”, attribuisce alla futuribile dittatura dell’Abistan, il cui lessico è ridotto a cento parole.

Non c’è bisogno di aspettare tanto, poiché la nostra, di dittatura (di “soft power” parleremo tra un attimo) sta già conseguendo risultati analoghi: estirpare il significato torcendo e poi abolendo il vecchio significato, istituendo un nuovo codice linguistico che, inevitabilmente, si trasforma in visione del mondo. Era pur stato Giovanni ad affermare che “in principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio, ed il Verbo era Dio“. Il nuovo verbo è la riproduzione neocapitalista, Dio è agevolmente sostituito dal Mercato, e la misura di tutte le cose sono l’utile (economico) ed il dilettevole (il diritto assoluto al piacere o capriccio individuale, purché compra-vendibile in denaro).

Crediamo a questo punto di avere dimostrato la vera natura – ideologica e prometeica – del politicamente corretto. Lo definiremmo una forma sofisticata, oligarchica e postmoderna di gattopardismo emanato da un potere che cambia pelle come un serpente, ma non perde il veleno. Dice Tancredi Falconeriallo zio Principe di Salina “Se vogliamo che tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi”7, e, nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, il vecchio principe, consapevole della fine del suo mondo, è tranchant nel giudicare i tempi nuovi: “noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene.”8 Cosi fu, ed è. Peraltro, anche Il Gattopardo fu vittima del P.C. degli anni cinquanta, consistente in ciò che era gradito al PCI; Elio Vittorini, gran maestro delle lettere italiane, irregolare ma comunque comunista, ne rifiutò la pubblicazione, che avvenne dopo la morte dell’autore, e rifiutò anche le traduzioni italiane del Dottor Zivago di Pasternak e del Tamburo di Latta di GuntherGrass. Infine, sempre di censura si tratta, sempre di controllo sui cervelli dei sudditi. 

Un sistema di potere, un tabù 

Il XXI secolo, tecnologico e permissivo, ha bisogno di un sistema di potere allucinogeno: le masse devono essere convinte di godere di ampie libertà , nonché di avere grandi possibilità individuali. Un esercito di finti “pezzi unici”, sospinti però verso comportamenti, gusti, reazioni assolutamente comuni e previste. E’ il principio del “soft power”, che agisce per linee interne, a livello subliminale, persuasivo, per coazione a ripetere, mostrando ed imponendo modelli , ottenendo senza violenza fisica comportamenti od attitudini di proprio gradimento. Riflessi condizionati, come quelli del cane di Pavlov. Nell’esperimento, il cane riceveva cibo dopo il suono di un campanello, ma, ripetendo l’azione, la salivazione iniziava già al momento del suono.

Così è l’uomo di oggi, i cui stimoli sono la prospettiva del guadagno, il consumo narcisistico, la stimolazione sessuale, unita alla paura dell’esclusione. Per rafforzare il dominio, tuttavia, è necessario estirpare il pensiero critico, disattivare quelle aree del cervello in cui nascono, si formano e sviluppano le idee astratte e si conservano i giudizi. All’homo consumens et desiderans si offrono insieme un ampio pacchetto di pregiudizi e la disistima di se stesso. Infatti, ciò che chiamiamo P.C. è una accattivante confezione di preconcetti basata su un unico postulato: l’uguaglianza quasi paranoica, ossessiva, superstiziosa, che diventa uniformità, gabbia inviolabile. Timoroso di se stesso, l’uomo mette a confronto la sua percezione di fatti, il proprio principio di realtà, inevitabilmente diverso dalla visione “ufficiale”, e censura se stesso, si considera cattivo, malvagio in quanto giudica altrimenti, e, nella maggioranza dei casi, si conforma, sino ad introiettare come giusto e vero quello che il suo proprio convincimento rifiuterebbe. Negli anni cinquanta, si sarebbe chiamato lavaggio del cervello.

In un esperimento a cavallo tra psicologia e sociologia, vennero mostrate ad un campione prescelto delle linee disposte su piani e con angolature diverse, ma di uguale lunghezza. Un certo numero di partecipanti aveva il compito di affermare con sicurezza la differente misura delle linee. Gli altri, i veri destinatari all’esperimento, ne vennero così influenzati che un certo numero cambiò il proprio giudizio che, ripetiamo, era corretto e basato sulla diretta esperienza personale.

Nel caso del P.C., la coazione a ripetere è collegata all’offerta di cambio di significante (zingaro, poi nomade, infine rom) e di significato (rom è il nome di quell’etnia, è psicologicamente neutro, non ha accezioni negative, come zingaro, associabile all’idea di individuo poco raccomandabile o dedito al furto, o il più cauto “nomade”, che richiama un modo di vita che in genere non apprezziamo), ma anche al doppio timore, designando quella persona come zingaro, di esporsi alla riprovazione sociale, con conseguente stigmatizzazione, e di sembrare, o addirittura essere davvero persone cattive, maleducate, prive di cuore, di idee antiquate. Autocensura allo stato puro, specie per quanto riguarda la perdita di autostima, ed alla terribile prospettiva, per molti, di non essere considerati all’altezza dei tempi, progrediti, “moderni”.

Eppure, esprimere differenze attraverso vocaboli distinti che designano sfumature, distinguono aspetti specifici, indicano, precisano, dettagliano, è l’esercizio principale del nostro pensare ed essere nel mondo, esprimono il nostro vissuto e forniscono una mappa, un percorso interiore che ha raggiunto un punto di vista che fa da criterio generale. Proprio quello che i super-padroni non vogliono: per questo ci stanno fornendo il “loro” navigatore multiuso, il GPS universale, con il quale raggiungere qualsiasi destinazione indotta da loro per la via indicata imperativamente, senza scorciatoie e senza prendere strade diverse.

Un cieco è non vedente, un sordo non udente ma questo, se riflettiamo, non cambia la loro condizione, ma la nostra. Il cieco, o chiunque altrimenti menomato, in una comunità tradizionale, ha diritto ad una certa attenzione, lo si deve aiutare in alcune operazioni, essere concretamente solidali con lui, magari solo per comprendere od evitare un pericolo, perché viene dal cuore, perché “si fa così”, e non in quanto è scritto in una legge approvata e controfirmata. Il non vedente è come me, a parte il fatto degli occhi: non gli devo nulla. Dall’egalitarismo più forsennato all’individualismo indifferente. Tutto si tiene, dicevamo. Ogni società, del resto, vive di permessi e proibizioni. La nostra non è diversa, ma li nasconde perché finge libertà: il P.C. è il tabù per eccellenza del nostro tempo, il senso del pudore riemerso dal naufragio di quell’altro, in cui eravamo cresciuti.

Il tabù rimanda alla categoria abolita e schernita del sacro, e ne mantiene la caratteristica principale: è infatti un dogma indimostrabile, alla quale si erigono alteri e si svolgono sacrifici. Il P.C. non argomenta né tanto meno dimostrare, punta l’indice accusatore e finge sdegno nei confronti di chi osa mettere in dubbio il suo credo secolare.

Chi viola un tabù, poi, non commette solo un abuso o un reato, ma un’empietà, che si manifesta al solo accennare alle aree di pensiero che ha occupato e su cui non permette incursioni: immigrazione, sicurezza, origini geografiche e razziali, omosessualità e teoria del genere, identità, fede, temi esistenziali. Proibito parlarne, tabù, violazione del recinto del tempio. Sigmund Freud, tra tante follie, ha evidenziato esattamente il nesso tra tabù e nevrosi, e questa, appunto è, è una società che spazia tra nevrosi e schizofrenia, nega accanitamente l’esistenza dei problemi, e li nasconde proclamando il tabù.

Possiamo quindi definire il P.C. come un tabù rispetto alla verità, che non deve essere cercata e neppure percepita, ma di cui i suoi gran sacerdoti si servono per consolidare il loro potere.

Nel 1984 di Orwell esisteva il Ministero del Condizionamento, nella realtà, ben più distopica, c’è ma non si dice, e lavora alla censura preventiva, anzi fa delle sue vittime gli esecutori delle sentenze, impauriti dinanzi al vuoto del pensiero ed al pericolo di volare con l’intelletto. Tabù, e religione civile, officiato da mascalzoni che padroneggiano assai bene la psicologia e, come accennavamo all’inizio, la programmazione neurolinguistica, il P.C. si è potuto sviluppare dopo la fine del comunismo poiché, con il crollo del muro, è saltata l’ultima grande narrazione politica ed esistenziale del Novecento, e lo stesso liberalismo ha perduto ogni connotazione culturale e si è trasformato in liberismo economico e libertarismo antropologico. Per questo, è potuto diventare una sorta di bizzarro elemento di raccordo sociale, per quanto negativo e fluido, giacché sposta continuamente le sue frontiere, riorienta gli obiettivi, rinnova il proprio stesso lessico. 

Il P.C. malattia del pensiero 

Al di là dell’egemonia degli Stati Uniti, non è casuale che americana sia la sua origine, impregnato com’è di soffocante moralismo bacchettone di ascendenza puritana, e splendida è, in materia, la folgorante intuizione di Nietzsche: Dove la morale è troppo forte, perisce l’intelletto9.

L’intelletto europeo, in particolare, è perito, o seppellito, sotto ondate di sensi di colpa per la propria storia: la grandezza passata, la volontà di potenza che ci animava, la capacità di fare cultura, di essere e diffondere civiltà, viene revocata in dubbio come sopraffazione, colonialismo, violenza. Terrorizzati da se stessi, gli europei si sono rifugiati in nuovi dogmi rassicuranti. Slogan di ossessivo antirazzismo, pacifismo spesso ridicolo, in cui si distingue per estremismo il clero cattolico, inni al multiculturalismo in cui ci si spoglia di se stessi per accogliere, nudi, l’Altro, patologie dell’uguaglianza che neppure il comunismo, ben più concreto, aveva osato, ma un’equivalenza declinata in senso individuale, tra diritti, sessualità “aperta”, aborto, eutanasia, odio per qualsiasi autorità, che mette in disparte i grandi temi della giustizia sociale, del lavoro, dell’ordine civile. Il P.C. odia ciò che marca le differenze, tra le comunità, le credenze, i modi di vita, i sessi e, screditando i linguaggi, vieta un vero dibattito a colpi di dogmi. Per oltre un millennio, così grande era l’autorità di Aristotele, che bastava, in una discussione, l’”ipse dixit”, con relativa citazione, per far tacere l’avversario.

Il P.C. si sta trasformando nel fantasma di un moderno Aristotele che, però, a differenza dello Stagirita, non ha prodotto neppure l’uno per cento dell’immensa mole di conoscenza del pensatore greco, e procede a colpi di divieti, interdetti, chiusure dogmatiche, violenza verbale dei suoi ultrà, sentenze di condanna di tribunali in cui giudice ed accusatore sono la stessa persona. Per il vostro bene, non affannatevi a pensare, sembrano dirci, non abbiate convinzioni vostre, pensiamo noi a tutto. Divertitevi, consumate, regalate a noi i vostri cervelli ed offrite il vostro lavoro ed i vostri debiti ai nostri padroni. Può sembrare una riedizione del racconto del Grande Inquisitore di Dostojevskynei Fratelli Karamazov.

Quanto alle religioni, fate come vi pare, essenziale che tutto resti nel privato e che non siate pubblicamente cristiani, buddisti o quel che vi pare. Per l’Islam, le cose stanno un po’ diversamente, perché quelli reagiscono ed è meglio tacere, oppure armare le penne ripugnanti di nichilisti come quelli di Charlie Hebdo, (proprietà dei Rothschild, chi l’avrebbe detto) e poi, dopo la frittata, organizzare un’altra campagna molto P.C., quella all’insegna di “ je suis Charlie”.

Anche il p.c., come ogni ideologia, ha bisogno di un suo calendario e di sostenitori famosi. Per questi ultimi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Gli esponenti del mondo dello spettacolo sono sempre pronti, del resto sono ricchi e famosi perché il sistema di comunicazione, proprietario ed ispiratore delle nuove idee, ha investito su di loro. Quale migliore propaganda alle cosiddette famiglie arcobaleno, alla banalizzazione dell’uso di stupefacenti, alla santificazione dei migranti, dell’illuminata parola di Lady Gaga, Tiziano Ferro, dell’inevitabile Luciana Littizzetto o di Jovanotti, l’illustre opinionista? Ogni tanto, serve però l’austero parere di scienziati di fama, ed è pronto all’uso il professor Veronesi, che ha avuto l’improntitudine di affermare che l’amore più puro è quello omosessuale. Perdoniamolo, perché ha salvato tante vite e, soprattutto, ha superato i novant’anni.

Il calendario è un fatto ben più complesso e pericoloso, hanno bisogno di tempi più lunghi. Molto cammino, tuttavia, è stato compiuto. Il Natale è stato depotenziato con l’invenzione di uno strano anziano barbuto che gira su un carro di renne. Lo chiamano Babbo Natale, per non perdere del tutto il contatto con la tradizione e per consentire il rito dei regali, ma nessuna menzione su chi è nato, quel Gesù di Nazareth che, comunque la si pensi, ha improntato una parte rilevante della nostra cultura; erano più onesti i sovietici, che avevano Nonno Gelo, ma loro non erano tenuti alla correttezza politica. Le vere feste P.C. sono il 27 gennaio e l’ 8 marzo, in parte il 14 febbraio. Il 27 gennaio, da una decina d’anni, è la giornata della memoria, e siamo costretti ad interminabili intemerate sull’olocausto ebraico, di cui si è parlato assai meno nei primi decenni della ricorrenza, e che fu certo una tragedia, ma non purtroppo, l’unica, né, forse , la più drammatica della vicenda umana.

Politicamente, però, nulla di più corretto delle consuete parole in libertà cui dobbiamo credere obbligatoriamente, sotto pene tremende; quanto all’8 marzo giornata della donna, come evitare lo sversamento di melassa politicamente correttissima sull’altra metà del cielo, sfruttata orrendamente sino all’alba dorata degli ultimi, formidabili, anni? Pazienza se tutto è così volgarmente consumistico da risolversi in cene mono-sesso con annesso spogliarello maschile, a riprova che la donna ha raggiunto la parità specialmente nelle cose triviali, o costose e poco salutari, come il fumo o l’uso di stupefacenti. Molto P.C. è anche San Valentino, festa degli innamorati. Mette d’accordo credenti e mangiapreti, perché il buon Valentino, patrono di Terni, è comunque un santo, ma quel che conta sono i regali, le cenette intime, insomma il solito rito del consumo, e poi, deve sempre vincere l’amore. Obama e Renzi lo hanno affermato a chiare lettere che vince l’amore, anche quando si tratta di legalizzare matrimoni e filiazioni contro-natura.

Ma il paradiso del P.C. è Google, il più grande motore di ricerca del mondo, quello su cui cerchiamo siti, notizie, informazioni. Magari non ci facciamo gran caso, ma Google scandisce i giorni come una rubrica liturgica del nuovo culto: dalla data di nascita di Confucio a quella di Galileo, inizio e fine del Ramadan, la nascita di Buddha, le feste ebraiche, persino il ricordo di tale LudwikZamenhof, inventore dell’esperanto, la lingua finta che avrebbe dovuto sostituire quelle vere, e di cui nessuno parla più da decenni. Quanto ad un’altra istituzione della rete Internet, Wikipedia, consultate due o tre voci di argomenti che conoscete bene, e vi renderete conto di quanto P.C. grondi dalle definizioni e dai giudizi di quell’enciclopedia, che, dicono, scriviamo proprio noi. Anzi, su un sito del mondo Wiki è disponibile un vero manuale per parlare, scrivere e comportarsi in maniera politicamente corretta: il manuale delle giovani marmotte, nel senso che, purtroppo, sono per lo più giovani le vittime del P.C., e le marmotte, notoriamente sono un animale che dorme molto.

Insomma, in nome della multiculturalità, ce n’è per tutti, tranne, ovviamente per chi continua a credere ostinatamente nei valori europei e nella Tradizione. Il condizionamento socio culturale sotteso al P.C. c’è ed è un progetto preciso di riscrittura della mentalità e della storia. E’, insomma, o aspira a diventare, la religione civile dell’umanità occidentale postmoderna. Deve quindi neutralizzare continuamente i riferimenti che riempiono la nostra vita e determinano il bagaglio comunitario di tutti noi, per procedere a tappe forzate all’acculturazione delle masse, cancellando, espiantando e reimpiantando idee, parole, concetti, categorie.

Tale neutralizzazione, già scoperta dal solito Carl Schmitt, mira alla razionalizzazione assoluta, fino a fondare, spazzati via i detriti del passato, un nuovo punto di coesione, o almeno di concordanza, nell’economia e nella tecnica. Proprio i grandi sistemi che il potere globale controlla meglio, perché li possiede. Infine, però, tutto si risolve, nell’angusto orizzonte culturale del P.C., nella mera giustapposizione del diverso, ovvero nella negazione della diversità, o, ancora, in un diluvio di parole senza incontro con l’altro da sé e senza scambio.

Le tavole dei comandamenti sono sostituite dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU del 1945 – a pensarci bene, anche il nome – nazioni unite - è un inno al politicamente corretto, metà sogno e metà menzogna creduta per coazione a ripetere. Per una delle mille eterogenesi dei fini, il rigido positivismo giuridico, che nega la legge naturale ed impone la legalità delle maggioranze variabili e temporanee, viene sconfitto in quel documento, giacché nella verbosa Carta dell’ONU i diritti che vengono proclamati provengono tutti da una visione filosofica e morale giusnaturalistica.

Meglio così, occorre sorridere quando la verità fiorisce sulle labbra dell’avversario … Alla prova dei fatti, malauguratamente, le grandi lobby di potere transnazionali, non potendo abolire i diritti scritti, li devono svuotare dall’interno e dissolverli, trattandoli come mere convenzioni, manipolando Stati e popoli a colpi di correnti d’opinione che diventano maggioritarie per l’ovvia circostanza che sono esse stesse a dominarle per il tramite di stampa, televisione, cinema e spettacolo che, guarda caso, sono per il novanta per cento, loro proprietà. Cominciano parlando di “casi pietosi”, estremi, proseguono con la pronunzia in materie sensibili da parte di intellettuali e gente di spettacolo, e, di giorno in giorno, il gioco è fatto. Cambiano l’opinione comune su qualunque cosa, clonazione, sessualità, bioetica, guerra, immigrazione o su qualsiasi argomento vogliano guadagnare o imporre una visione. Si incrementa il vocabolario delle parole proibite e della maledizioni a carico dei recalcitranti. La polizia del pensiero, attivissima, fa il lavoro sporco: intimidazione, derisione, minaccia. Mai, mai una volta, un’argomentazione. E’ come in matematica: i postulati non sono dimostrabili, ma, almeno lì, sono auto-evidenti.

Nel P.C. non si deve discutere: la verità è già lì, pronta e cucinata a puntino da color che sanno, e, per i casi di emergenza, basta scrivere un articolo di legge che chiami reato pensarla diversamente su qualcosa, o, più semplicemente, pensarla. Sì, perché l’autentico psico-reato è il pensiero come tale.

Che fare, allora? Un recente, interessante saggio di Luigi Mascheroni 10 propone la soluzione sessantottina. Sostiene infatti che una risata, o milioni di risate, seppelliranno il mostro P.C. Non siamo d’accordo. Troppo grandi e potenti le forze che lo patrocinano e lo impongono, troppo debole la capacità di resistenza culturale di generazioni cui è stata tolta la bussola fin dall’infanzia e che vivono nell’indifferenza politica, e, diciamolo senza paura, anch’essa politicamente corrette, nell’ignoranza, tanto più desolante in quanto accompagnata da titoli accademici.

Una prova è il sistema della moda e dei prodotti “firmati”: tutti sappiamo a quali sfruttamenti sono sottoposti i lavoratori del terzo e quarto mondo, ma anche del nostro cosiddetto primo mondo, che producono abbigliamento, pelletteria ed altri accessori, è ormai di dominio comune che spesso la fabbricazione è uguale ed eseguita con gli stessi macchinari di prodotti il cui marchio è meno prestigioso. Eppure, specie i più giovani, sempre in prima linea nelle finte battaglie mediatiche a base di frasi fatte, pretendono i capi firmati. Potranno distinguere tra vero e falso, tra verità e menzogna, addirittura tra realtà e finzione, immersi come sono, e come siamo, nel virtuale ?

Ugualmente, non possiamo ragionevolmente sperare in un cambio di rotta: tutto va a gonfie vele per loro, non esiste motivo per fermarsi, e neppure c’è una forza, una qualsiasi, che trattenga, argini, proponga insegnamenti alternativi. Le agenzie educative sono tutte al naufragio, a partire dalle confessioni religiose cristiane. Non appare all’orizzonte un’idea forte alternativa, un mito, un sogno da realizzare.

I cinesi intitolano ad animali i vari anni o le epoche: il nostro è il tempo del cane bastardo, e dico bastardo perché meticcio mi fa schifo, è troppo politicamente corretto. Non prevarranno, alla fine, i nemici dei popoli comodamente seduti sulle loro poltrone nelle capitali della finanza e del mondo.

Ma per sconfiggerli occorre costruire avanguardie, nuovi ordini di uomini e donne che abbiano il coraggio di esporsi, di sfidare la derisione, l’esclusione, il tribunale. Non c’è un’alternativa facile, ma la verità, alla fine, vince sulla bugia, la realtà sulla virtualità, i fatti sulle parole. Occorre, ri-diventare ciò che si è, un altro lampo di Friedrich Nietzsche.

Bisogna credere nelle proprie idee, innanzitutto, studiare il linguaggio avversario, smascherare, parlare netto, ridare al corso dei nostri pensieri le giuste parole, riconoscere il nemico e, con sobria fermezza, combatterlo, a partire dai concetti, a partire dal tranquillo coraggio di dire ciò che va detto, e, certamente, fare anche delle sane risate in faccia alle suorine ed ai fraticelli della nuova, falsa, falsissima, religione del politicamente corretto. Non è poi così difficile: se lo sapremo fare in molti, allora forse, davvero, una risata potente come il mondo li seppellirà, e speriamo che sia un vero cimitero ad accoglierli, ed un becchino da non chiamare operatore del camposanto. Nel frattempo, e, per sempre, teniamoci in piedi tra le rovine, siamo esempio, punto di riferimento, manteniamoci cellula sana nella metastasi.

Ezra Pound ce lo disse chiaramente, se non abbiamo il coraggio delle idee, o non valiamo noi o non valgono le nostre idee. Un altro grande poeta del Novecento, lo spagnolo Juan RamònJiménez11, ha scritto in pochi versi qualcosa che dovremmo scolpire nella memoria, a proposito delle falsità che ci vendono per oro colato.

“E’ verità, adesso. / Ma è stata talmente menzogna, / che continua ad essere impossibile, sempre.”

Note

1) G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto. 2)G. Orwell , La fattoria degli animali. 3)Aristotele, Etica Nicomachea. 4) M. Weber, La scienza come professione. 5) Tommaso d’Aquino, Summa Theologica. 6) G. Orwell, 1984. 7) G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo. 8) ibidem 9) F. Nietzsche, Al di là del bene e del male. 10) L. Mascheroni, Come sopravvivere al politicamente corretto 11) J.R. Jiménez, Eternidades.


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