mercoledì 26 marzo 2014

L'Età dell'Oro, dell'Argento, del Bronzo, Eroica e del Ferro.

 
Ea-Enki venne attribuito l'epiteto NIN.IGI.KU ("signore dall'occhio brillante") 

L'AMMUTINAMENTO DEGLI ANUNNAKI 

Se dovessimo andare a colonizzare altri pianeti o asteroidi, per quale ragione lo faremmo? Scienziati e autori di fantascienza concordano nel proporre, come motivo prevalente, la ricerca di minerali troppo rari sulla Terra, oppure di minerali che sarebbe troppo costoso estrarre dal nostro sottosuolo. Non potrebbe darsi, allora, che anche nel caso dei Nefilim sia stata proprio questa la "molla" che li ha spinti a colonizzare la Terra?

Gli studiosi moderni suddividono i primi periodi di attività dell'uomo sulla Terra in Età della Pietra, del Bronzo, del Ferro, ecc. Nell'antichità, invece, il poeta greco Esiodo, per esempio, distingueva cinque età: Età dell'Oro, dell'Argento, del Bronzo, Eroica e del Ferro. Ad eccezione dell'Età Eroica, tutte le tradizioni antiche accettavano la sequenza oro-argento-rame- ferro. 

Il profeta Daniele ebbe una visione in cui vide "una grande figura" con la testa di oro zecchino, petto e braccia d'argento, ventre di bronzo, gambe di ferro e piedi d'argilla. Nel mito e nel folklore abbondano le tracce di un'Età dell'Oro, per lo più associata al tempo in cui la Terra era abitata dagli dèi, seguita da un'Età dell'Argento, e poi dalle età in cui dèi e uomini vivevano insieme sul nostro pianeta - l'Età degli Eroi, del Rame, del Bronzo e del Ferro. È possibile che tali leggende riecheggino eventi realmente accaduti sulla Terra? Oro, argento e rame sono tutti elementi nativi del gruppo dell'oro. Appartengono alla stessa famiglia nella classificazione periodica basata sul peso e sul numero atomico; hanno analoghe proprietà cristallografiche, chimiche e fisiche - sono morbidi, malleabili e duttili. Di tutti gli elementi conosciuti, inoltre, questi sono i migliori conduttori di calore ed elettricità.

Dei tre, l'oro è il più durevole, anzi è praticamente indistruttibile. Molto usato per costruire monete e gioielli, esso ha tuttavia un valore incalcolabile anche per l'industria elettronica: si ha bisogno dell'oro, per esempio, per i circuiti microelettronici e per i "cervelli" dei computer. L'amore per l'oro è una costante della vita dell'uomo fin dagli albori della civiltà e della religione, e risale ai contatti dell'uomo con gli dèi antichi. Gli dèi di Sumer volevano essere serviti con vassoi e brocche d'oro, e d'oro dovevano essere i loro abiti. 

Quando gli Israeliti lasciarono in tutta fretta l'Egitto, non ebbero il tempo di far lievitare il pane, eppure Dio ordinò loro di farsi dare dagli Egiziani tutti gli oggetti d'oro e d'argento disponibili. Quest'ordine, come vedremo, era dovuto al fatto che tali materiali erano necessari per la costruzione del Tabernacolo e delle sue apparecchiature elettroniche. L’oro, che noi chiamiamo "metallo reale", era in realtà il metallo degli dèi. Parlando al profeta, il Signore affermò chiaramente, a proposito del suo ritorno per giudicare le nazioni: «L'argento è mio e l'oro è mio».

La stessa adorazione dell'uomo per questi metalli affonda le sue radici nel gran bisogno di oro che i Nefilim avevano e che li aveva spinti, a quanto pare, a venire a cercarlo sulla Terra. Forse essi cercavano anche altri metalli rari - come il platino (abbondante nell'Africa australe), che ha il potere di alimentare le batterie in maniera straordinaria. E non si può escludere la possibilità che essi cercassero sulla Terra anche fonti di minerali radioattivi, come uranio e cobalto - le "pietre azzurre che causano mali" di cui parlano alcuni testi. Alcune incisioni mostrano Ea, dio delle miniere, che emette radiazioni talmente potenti quando esce da una miniera, che gli dèi che lo attendono fuori devono usare schermi protettivi; in tutte queste rappresentazioni iconografiche Ea tiene sempre in mano una sega da roccia. (vedi immagine)

 

Anche se fu Enki a guidare la prima spedizione sulla Terra e lo sviluppo dell'Abzu, il merito di quanto si realizzò non va, ovviamente, soltanto a lui. A compiere materialmente il lavoro, giorno dopo giorno, erano i membri comuni del gruppo giunto sulla Terra, i cosiddetti Anunnaki. Un testo sumerico descrive la costruzione del centro di Enlil a Nippur. «Gli Annuna, dèi del cielo e della terra, effettuavano il lavoro. L'ascia e i cesti per il trasporto, con cui gettavano le fondamenta delle città, tenevano in mano».

Gli antichi testi, dunque, parlano degli Anunnaki come di divinità minori, dèi comuni, "quelli che lavoravano materialmente" per colonizzare la Terra. Secondo la versione babilonese dell 'Epica della Creazione, era Marduk ad assegnare loro i vari compiti (mentre siamo certi che nell'originale sumerico la funzione di comandante degli astronauti fosse affidata ad Enlil).

Assegnati ad Anu, per far eseguire le sue istruzioni,
trecento nei cieli egli ne mise a guardia;
per definire dal Cielo le vie della Terra;
e sulla Terra,
seicento ne fece scendere.
Dopo aver impartito tutte le istruzioni
agli Anunnaki del Cielo e della Terra,
assegnò loro gli incarichi.

Il testo rivela quindi che 300 "Anunnaki del Cielo", o Igigi, rimanevano a bordo delle astronavi in orbita attorno alla Terra, senza mai atterrare, incaricati di lanciare e ricevere le navicelle che andavano e venivano dalla Terra. Come capo delle "Aquile", Shamash era considerato dagli Igigi un ospite di riguardo a bordo della "possente grande camera nel cielo". Un Inno a Shamash descrive come gli Igigi vedevano Shamash quando questi si avvicinava con la sua navetta:

Al tuo apparire, tutti i principi si rallegrano;
tutti gli Igigi sono felici di vederti...
Lo splendore della tua luce [illumina] il loro cammino...
Essi cercano costantemente il tuo fulgore...
La porta è aperta, anzi spalancata...
L'offerta di pane di tutti gli Igigi [ti attende].

Poiché se ne stavano in alto, nel cielo, sembra che gli Igigi non incontrassero mai gli uomini. Molti testi affermano che essi erano "troppo alti per il genere umano" e per questo "non se ne interessavano affatto". Gli Anunnaki, invece, che erano scesi e che abitavano sulla Terra, erano ben conosciuti e riveriti dall'umanità. Gli stessi testi che affermano che "gli Anunnaki del cielo sono 300" precisano anche che "gli Anunnaki della Terra ... sono 600".

Eppure molti testi insistono a parlare degli Anunnaki come dei "cinquanta grandi principi". Se dividiamo in sillabe il loro nome accadico, An-nu-na-ki, ne ricaviamo facilmente il significato di "i cinquanta che andarono dal Cielo alla Terra". C'è dunque un modo per appianare questa apparente contraddizione? Ricordate il racconto in cui Marduk andava da suo padre Ea a riferirgli che una navetta con a bordo «gli Anunnaki che sono cinquanta» si era persa nello spazio mentre passava vicino a Saturno?

Vi è anche un altro testo del tempo della terza dinastia di Ur che parla di anunna eridu ninnubi ("i cinquanta Anunnaki della città di Eridu"), Tutto ciò fa pensare che il gruppo dei Nefilim che fondarono Eridu al comando di Enki era formato da cinquanta membri. Non potrebbe essere che tutte le missioni dei Nefilim fossero composte ciascuna da cinquanta membri? È verosimile, a nostro avviso, che i Nefilim arrivassero sulla terra a gruppi di 50 ogni volta, e, all'arrivo del nuovo contingente, il vecchio si rimetteva sulla navicella spaziale in orbita per tornare nella madrepatria. 

Col tempo, però, un numero sempre maggiore di astronauti cominciò a fermarsi sulla Terra anche dopo l'arrivo della nuova missione, e così, piano piano, i Nefilim che si fermavano a colonizzare la Terra salì dall'iniziale numero di 50 fino a 600. Ma come potevano aspettarsi di portare a termine la loro missione - cioè l'estrazione dei minerali desiderati dalla Terra e il successivo trasporto in lingotti fino al Dodicesimo Pianeta - con così poche mani a disposizione? 

Senza dubbio i Nefilim si basavano sulla loro competenza scientifica. Ed è qui che entra in gioco l'importanza di Enki, il fatto che fu lui, e non Enlil, ad atterrare per primo e che a lui venne affidato l'Abzu. Un famoso sigillo oggi in mostra al Museo del Louvre, a Parigi, raffigura Ea circondato dalle consuete acque correnti, ma qui le acque sembrano scaturire ed essere filtrate da una serie di recipienti che somigliano a provette da laboratorio.

Interpretata in questo senso, l'associazione tra Ea e le acque potrebbe far pensare che in origine i Nefilim sperassero di poter ricavare i minerali dal mare. Le acque degli oceani contengono in effetti grandi quantità di oro e altri minerali di vitale importanza, ma essi sono talmente diluiti che vale la pena di tentarne l'estrazione solo se si dispone di tecniche sofisticate e non troppo care. E anche risaputo che il fondo marino contiene immense quantità di minerali sotto forma di noduli grandi quanto una prugna, che si potrebbero sfruttare se solo si riuscisse ad andare a prenderli a quelle profondità.

Gli antichi testi parlano a più riprese di un tipo di imbarcazione usato dagli dèi e chiamato elippu tebiti ("nave sommersa", cioè ciò che oggi chiamiamo sommergibile). Conosciamo già, inoltre, gli "uomini-pesce" assegnati a Ea. Si tratta forse di accenni a un'attività di scavo delle profondità oceaniche per estrarne le ricchezze minerarie? La terra delle miniere, come abbiamo già visto, era anticamente chiamata A.RA.LI - "luogo delle acque dei filoni scintillanti".

Questo nome potrebbe riferirsi a una regione in cui l'oro si estraeva dai fiumi; ma non potrebbe riferirsi anche a un tentativo di ottenere l'oro dai mari? E tuttavia, se erano davvero questi i progetti dei Nefilim, sembra che essi finirono nel nulla, poiché, poco dopo aver costruito i primi insediamenti, le poche centinaia di Anunnaki che si trovavano sulla Terra ricevettero un incarico imprevisto e ben più arduo: quello di arrivare fin nelle viscere del suolo africano ed estrarre da lì i minerali di cui avevano bisogno. 

Su alcuni sigilli cilindrici si vedono degli dèi posti, a quanto sembra, all'entrata di pozzi minerari; in uno di essi Ea (Enki) appare vicino a Gibil e a un'altra divinità che lavora sotto la superficie del terreno, appoggiandosi sulle ginocchia e sulle mani. In tempi successivi, come rivelano testi assiri e babilonesi, erano gli uomini, giovani e vecchi, a lavorare in queste miniere del Mondo Inferiore. (guarda immagine sotto)

 

Capitolo Undicesimo (prima parte)
Tratto dal libro di ZECHARIA SITCHIN IL PIANETA DEGLI DEI
(The 12th Planet,1976) 


®wld

Nessun commento:

Posta un commento

Tutti i commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.E' gradito il nome o il nikname