Il Retrofuturo della Geo-ingegneria
Progetti di grandi cambiamenti terrestri artificiali
L’umanità avrebbe infine trasformato l’intero habitat terrestre. “L’ambiente per le popolazioni future” asserì Yona Friedman, “non potrà essere realizzato che utilizzando l’energia nucleare e solare.
Batterie regolatrici, poste ogni 100 chilometri, stabiliranno il controllo dei cambiamenti barometrici e terranno lontano dalle terre abitare o coltivate le influenze atmosferiche più nefaste. Visto lo sviluppo scientifico attuale, la realizzazione di tali installazioni sul nostro globo non dovrebbe richiedere più di vent’anni”. Scrisse l’architetto Frei Otto: “I deserti saranno irrigati e protetti contro l’eccessivo calore da reticelle stese in modo da dosare l’intensità del sole e del vento.
Nelle fredde steppe del nord, vaste membrane trasparenti gonfiabili permetteranno l’impiego di macchine agricole su sterminati terreni di coltura. Le coltivazioni saranno disposte a più livelli. L’azione dell’umidità, della pioggia sarà controllata e regolata, il terreno sarà riscaldato da un sistema di tubazioni interrate, mediante l’energia atomica. Sulla Terra, diventeremo dominatori dei cataclismi. Tendoni tesi ci ripareranno dalle tempeste. Su valli e pianure, basteranno strutture ultraleggere per fungere da dighe. Immense macchine permetteranno di modellare la superficie terrestre e di proteggerla dagli assalti del mare”.
Batterie regolatrici, poste ogni 100 chilometri, stabiliranno il controllo dei cambiamenti barometrici e terranno lontano dalle terre abitare o coltivate le influenze atmosferiche più nefaste. Visto lo sviluppo scientifico attuale, la realizzazione di tali installazioni sul nostro globo non dovrebbe richiedere più di vent’anni”. Scrisse l’architetto Frei Otto: “I deserti saranno irrigati e protetti contro l’eccessivo calore da reticelle stese in modo da dosare l’intensità del sole e del vento.
Nelle fredde steppe del nord, vaste membrane trasparenti gonfiabili permetteranno l’impiego di macchine agricole su sterminati terreni di coltura. Le coltivazioni saranno disposte a più livelli. L’azione dell’umidità, della pioggia sarà controllata e regolata, il terreno sarà riscaldato da un sistema di tubazioni interrate, mediante l’energia atomica. Sulla Terra, diventeremo dominatori dei cataclismi. Tendoni tesi ci ripareranno dalle tempeste. Su valli e pianure, basteranno strutture ultraleggere per fungere da dighe. Immense macchine permetteranno di modellare la superficie terrestre e di proteggerla dagli assalti del mare”.
MAPPA DI TUTTI I CAMBIAMENTI TERRESTRI PROPOSTI
Uno dei maggiori problemi dell’umanità è sempre stato l’approvvigionamento di acqua potabile. Vi fu un progetto dell’Oak Ridge National Laboratory del Tennessee, che negli anni ’60 prevedeva di usare l’energia nucleare per desalinizzare l’acqua marina e creare enormi “complessi agro-industriali nucleari” in zone desertiche, uno dei quali sarebbe dovuto sorgere in India. Nel 1959 Thomas W. Kierans, direttore dell’Alexander Graham Bell Institute, propose di sbarrare con una diga la James Bay, in Canada, per trasformarla in un immenso serbatoio di acqua dolce da trasportare negli Stati Uniti attraverso un canale.
Nei primi anni ’50 l’oceanografo John Isaacs fu il primo a pensare di usare gli iceberg per rifornire d’acqua dolce le zone aride, rimorchiandoli via mare dall’Antartide alla California. “L’acqua ricavata da una sola massa di ghiaccio potrebbe irrigare 16.000 chilometri quadrati”. Nel 1977 il suo piano fu sostenuto dall’Arabia Saudita e ci furono vari congressi in merito.
Ma una prova pratica fallì perché il ghiaccio si scioglieva troppo in fretta. Joseph Debanné, dell’Università di Ottawa, propose nel 1975 di trasportare l’acqua del fiume Reno dalla Francia all’Algeria con un condotto sottomarino largo 50 metri, in cambio di petrolio e gas naturale. Nello stesso modo, l’acqua del fiume Tigri, in Iraq, sarebbe stata trasportata… in Kuwait. Infine Frank Davidson, del MIT, suggerì di costruire un acquedotto sommerso direttamente dal Rio delle Amazzoni all’Africa.
Nei primi anni ’50 l’oceanografo John Isaacs fu il primo a pensare di usare gli iceberg per rifornire d’acqua dolce le zone aride, rimorchiandoli via mare dall’Antartide alla California. “L’acqua ricavata da una sola massa di ghiaccio potrebbe irrigare 16.000 chilometri quadrati”. Nel 1977 il suo piano fu sostenuto dall’Arabia Saudita e ci furono vari congressi in merito.
Ma una prova pratica fallì perché il ghiaccio si scioglieva troppo in fretta. Joseph Debanné, dell’Università di Ottawa, propose nel 1975 di trasportare l’acqua del fiume Reno dalla Francia all’Algeria con un condotto sottomarino largo 50 metri, in cambio di petrolio e gas naturale. Nello stesso modo, l’acqua del fiume Tigri, in Iraq, sarebbe stata trasportata… in Kuwait. Infine Frank Davidson, del MIT, suggerì di costruire un acquedotto sommerso direttamente dal Rio delle Amazzoni all’Africa.
In sommo spregio dei principi “ecologici” di oggi, il progetto Plowshare prevedeva di usare bombe atomiche per scavare porti e canali in Alaska, California, Alabama, Australia, una caverna in Pennsylvania da usare come deposito di gas naturale, includendo anche un secondo Canale di Suez e un nuovo Canale di Panama chiamato Panatomic, il cui studio iniziò nel 1957.
Come esperimento fu aperto il più grosso cratere nucleare di tutti i tempi, denominato Sedan e profondo un centinaio di metri; nello stesso 1957 l’ingegnere sovietico Pyotr Borisov suggerì di costruire una diga sullo Stretto di Bering per pompare acqua calda in direzione nord e inviarla a riscaldare Siberia e Canada (il fatto che la calotta polare si sarebbe sciolta, in apparenza, non interessava). Un’altra idea avanzata da molti era quella di creare una serie di laghi artificiali in Africa (ad esempio nella depressione di Qattara, in Egitto).
Come esperimento fu aperto il più grosso cratere nucleare di tutti i tempi, denominato Sedan e profondo un centinaio di metri; nello stesso 1957 l’ingegnere sovietico Pyotr Borisov suggerì di costruire una diga sullo Stretto di Bering per pompare acqua calda in direzione nord e inviarla a riscaldare Siberia e Canada (il fatto che la calotta polare si sarebbe sciolta, in apparenza, non interessava). Un’altra idea avanzata da molti era quella di creare una serie di laghi artificiali in Africa (ad esempio nella depressione di Qattara, in Egitto).
ROGETTI IDROELETTRICI IN USA, RUSSIA, AMAZZONIA
Per avere acqua potabile e insieme produrre energia, in Sudamerica si sarebbe sbarrato il Rio delle Amazzoni, come proposto da Robert Panero e Herman Kahn, dello Hudson Institute, nel 1968.
La diga delle Amazzoni, lunga 40 miglia, avrebbe inondato 140.000 miglia quadrate di foresta pluviale. In USA e Canada, il progetto NAWAPA concepito nel 1964 dalla Ralph Parsons Company prevedeva di imbrigliare fiumi canadesi per farne arrivare l’acqua perfino in Messico, tramite un bacino montano naturale lungo 500 miglia e un lago artificiale lungo 800 miglia.
Questo avrebbe dovuto risolvere i problemi idrici del Nordamerica per 100 anni e raddoppiare la produzione idroelettrica. Allo stesso modo, in Russia si sarebbe creato un Mar Siberiano di 160.000 miglia quadrate, alla confluenza dei fiumi Ob e Irtysh. “Nel futuro prevedibile” scrisse il russo G. P. Khilmi nel 1962, “la superficie della Terra, l’atmosfera, idrosfera e biosfera saranno talmente sature di congegni tecnologici e strutture artificiali su larga scala che la crosta esterna del pianeta diverrà qualcosa di radicalmente diverso, che si svilupperà in base a leggi proprie e ancora sconosciute”.
La diga delle Amazzoni, lunga 40 miglia, avrebbe inondato 140.000 miglia quadrate di foresta pluviale. In USA e Canada, il progetto NAWAPA concepito nel 1964 dalla Ralph Parsons Company prevedeva di imbrigliare fiumi canadesi per farne arrivare l’acqua perfino in Messico, tramite un bacino montano naturale lungo 500 miglia e un lago artificiale lungo 800 miglia.
Questo avrebbe dovuto risolvere i problemi idrici del Nordamerica per 100 anni e raddoppiare la produzione idroelettrica. Allo stesso modo, in Russia si sarebbe creato un Mar Siberiano di 160.000 miglia quadrate, alla confluenza dei fiumi Ob e Irtysh. “Nel futuro prevedibile” scrisse il russo G. P. Khilmi nel 1962, “la superficie della Terra, l’atmosfera, idrosfera e biosfera saranno talmente sature di congegni tecnologici e strutture artificiali su larga scala che la crosta esterna del pianeta diverrà qualcosa di radicalmente diverso, che si svilupperà in base a leggi proprie e ancora sconosciute”.
ATLANTROPA CONCEPITA DA HERMAN SORGEL
Il libro di Willy Ley Engineers’ Dreams popolarizzò nel 1954 un concetto già vecchio di decenni: abbassare il livello del Mediterraneo, per sfruttare il dislivello rispetto agli oceani e produrre elettricità; l’idea era venuta nel 1927 all’ingegnere tedesco Herman Sörgel.
Sbarrando lo stretto di Gibilterra con una diga lunga 35 km e larga 550 metri, il Mediterraneo avrebbe finito per discendere di 100 metri, al ritmo di un metro e mezzo l’anno. Il progetto fu chiamato Atlantropa o Paneuropa. Ulteriori dighe avrebbero dovuto essere costruite fra Tunisia, Sicilia e Italia, che già sarebbero rimaste quasi unite dalle terre emerse, e nei Dardanelli. Sardegna e Corsica si sarebbero unite del tutto.
Ciò avrebbe separato il Mediterraneo occidentale da quello orientale, che sarebbe stato fatto calare di altri 100 metri. L’intera impresa avrebbe lasciato all’asciutto 660.000 chilometri quadrati di nuova terra da abitare e coltivare, pari a oltre il doppio dell’Italia. In compenso, nel resto del mondo gli oceani si sarebbero innalzati “solo” di un metro. Le cascate fra Atlantico e Mediterraneo, e fra l’ovest e l’est del Mediterraneo, avrebbero prodotto energia idroelettrica pari al 30% dell’attuale consumo di tutto il continente europeo.
Il concetto di Sörgel ebbe vasta risonanza e fu appoggiato all’epoca da intellettuali e architetti. Inoltre, un concetto simile si sarebbe potuto applicare anche al Mar Rosso. Un’altra idea dello stesso autore fu quella di sbarrare con dighe il fiume Congo, per creare un Lago Congo di 350.000 miglia quadrate, collegarlo al preesistente Lago Ciad, trasformare quest’ultimo in un Mare del Ciad di 700.000 miglia quadrate, e unire il nuovo mare al Mediterraneo con un “secondo Nilo” per irrigare il Sahara.
Sbarrando lo stretto di Gibilterra con una diga lunga 35 km e larga 550 metri, il Mediterraneo avrebbe finito per discendere di 100 metri, al ritmo di un metro e mezzo l’anno. Il progetto fu chiamato Atlantropa o Paneuropa. Ulteriori dighe avrebbero dovuto essere costruite fra Tunisia, Sicilia e Italia, che già sarebbero rimaste quasi unite dalle terre emerse, e nei Dardanelli. Sardegna e Corsica si sarebbero unite del tutto.
Ciò avrebbe separato il Mediterraneo occidentale da quello orientale, che sarebbe stato fatto calare di altri 100 metri. L’intera impresa avrebbe lasciato all’asciutto 660.000 chilometri quadrati di nuova terra da abitare e coltivare, pari a oltre il doppio dell’Italia. In compenso, nel resto del mondo gli oceani si sarebbero innalzati “solo” di un metro. Le cascate fra Atlantico e Mediterraneo, e fra l’ovest e l’est del Mediterraneo, avrebbero prodotto energia idroelettrica pari al 30% dell’attuale consumo di tutto il continente europeo.
Il concetto di Sörgel ebbe vasta risonanza e fu appoggiato all’epoca da intellettuali e architetti. Inoltre, un concetto simile si sarebbe potuto applicare anche al Mar Rosso. Un’altra idea dello stesso autore fu quella di sbarrare con dighe il fiume Congo, per creare un Lago Congo di 350.000 miglia quadrate, collegarlo al preesistente Lago Ciad, trasformare quest’ultimo in un Mare del Ciad di 700.000 miglia quadrate, e unire il nuovo mare al Mediterraneo con un “secondo Nilo” per irrigare il Sahara.
DIGA DI GIBILTERRA E NUOVI LAGHI AFRICANI
Una delle idee più grandiose fu quella di raddrizzare l’asse terrestre, attualmente inclinato di 23 gradi, per eliminare le stagioni e ottenere (nella fascia temperata) un’eterna primavera. Nel 1950 l’italiano Gaetano Arturo Crocco immaginò di applicare a questo scopo due razzi giganteschi in direzioni opposte, uno al Polo Nord e uno a quello Sud.
Ciò richiederebbe millenni. Nel 1956 il senatore americano Estes Kefauver, candidato alla vicepresidenza, propose di accelerare i tempi con una bomba H piazzata al punto giusto, sostenendo che si sarebbe ottenuto un raddrizzamento di 10 gradi.
Ma piccole bombe atomiche avrebbero potuto aiutare a spegnere gli incendi, frantumare gli iceberg pericolosi per la navigazione, e avrebbero deviato perfino gli uragani dalla loro rotta, secondo il progetto Stormfury.
Nel frattempo, affermò lo scienziato russo Gheorghij Babat, “Un sole artificiale creato dall’uomo e portato a un’altezza di 20 o 30 chilometri illuminerà un’intera regione. Raggi elettromagnetici ad alta frequenza si incroceranno e faranno splendere molecole incandescenti d’azoto e d’ossigeno”.
Due scienziati ungheresi, Simonyi e Uszoky, pensarono di creare i soli artificiali esattamente con le stesse reazioni termonucleari del Sole autentico, porli direttamente in orbita geostazionaria, e rendere il loro splendore perpetuo. Ogni sole avrebbe avuto il diametro di circa 1200 metri e avrebbe raggiunto all’interno i 100 milioni di gradi.
Ciò richiederebbe millenni. Nel 1956 il senatore americano Estes Kefauver, candidato alla vicepresidenza, propose di accelerare i tempi con una bomba H piazzata al punto giusto, sostenendo che si sarebbe ottenuto un raddrizzamento di 10 gradi.
Ma piccole bombe atomiche avrebbero potuto aiutare a spegnere gli incendi, frantumare gli iceberg pericolosi per la navigazione, e avrebbero deviato perfino gli uragani dalla loro rotta, secondo il progetto Stormfury.
Nel frattempo, affermò lo scienziato russo Gheorghij Babat, “Un sole artificiale creato dall’uomo e portato a un’altezza di 20 o 30 chilometri illuminerà un’intera regione. Raggi elettromagnetici ad alta frequenza si incroceranno e faranno splendere molecole incandescenti d’azoto e d’ossigeno”.
Due scienziati ungheresi, Simonyi e Uszoky, pensarono di creare i soli artificiali esattamente con le stesse reazioni termonucleari del Sole autentico, porli direttamente in orbita geostazionaria, e rendere il loro splendore perpetuo. Ogni sole avrebbe avuto il diametro di circa 1200 metri e avrebbe raggiunto all’interno i 100 milioni di gradi.
SPECCHIO SPAZIALE DI OBERTH (A SINISTRA)
E REGIONE ILLUMINATA DA MOLTI SPECCHI (A DESTRA)
Più “modestamente”, negli anni ’20 Hermann Oberth, pioniere tedesco dell’astronautica, propose di costruire in orbita terrestre dei giganteschi specchi del diametro di 100 chilometri, con milioni di sfaccettature riflettenti in grado di essere orientate a piacimento.
Tali ordigni avrebbero potuto indifferentemente illuminare la Terra con luce solare anche nell’emisfero notturno, oppure riscaldare regioni dal clima freddo, o anche, concentrando la luce in un solo punto, creare un “raggio della morte” in grado di bruciare vivi interi eserciti. In seguito un altro scienziato tedesco, Krafft Ehricke, definì gli specchi orbitali col nome di “lunette” (capaci di illuminare il terreno con la stessa intensità della Luna piena) e “solette” (capaci di eguagliare la luminosità del Sole).
Nel 1951 Vannevar Bush, presidente del Carnegie Institute, sostenne: “Mi sono convinto che in certe circostanze sarà possibile nuclearizzare la pioggia”. Nel 1953 il governo americano istituì apertamente un’Agenzia per il Controllo del Tempo, e nel 1958 il suo capo, Howard T. Orville, asserì che erano allo studio “modi per modificare il clima usando un raggio elettronico per ionizzare o de-ionizzare l’atmosfera sopra una determinata area”. Il senatore, e futuro Presidente degli USA, Lyndon Johnson, dichiarò che “Dallo spazio sarà possibile controllare il clima terrestre, causare siccità e inondazioni, cambiare le maree e innalzare il livello del mare, rendere gelidi i climi temperati”. In effetti, durante la guerra del Vietnam e la presidenza Johnson, gli USA elaborarono davvero, col nome di progetto Moonshine, un piano per illuminare con specchi spaziali il campo di battaglia.
A partire dal 1967 e fino al 1972 fu anche sperimentato il progetto Popeye, per aumentare le precipitazioni sul Vietnam del Nord e causare quindi maggiori disagi al nemico.
Ma tutto questo era insignificante in confronto alle visioni del celebre inventore Nikola Tesla, che asseriva di essere in grado di produrre “energia libera” e di trasmetterla senza fili. “Tutto il mondo beneficerà dell’elettricità trasmessa via radio.
Enormi e costose linee di trasmissione non saranno più necessarie. Un piccolo congegno ricevente nella vostra casa vi fornirà tutta l’energia che potete usare, ad una frazione del costo attuale”.
Al posto delle attuali lampadine vi sarebbero stati bulbi fluorescenti. Servendosi di un principio simile, Tesla dichiarò: “Non ritengo azzardato predire che un giorno saremo in grado di illuminare l’intero cielo di notte”. Infine, l’idea più fenomenale di Tesla fu di distruggere la Terra stessa. L’inventore sostenne di poter “spaccare la Terra in due come un ragazzo taglia una mela” usando le onde di risonanza prodotte da una serie preordinata di esplosioni.
Tali ordigni avrebbero potuto indifferentemente illuminare la Terra con luce solare anche nell’emisfero notturno, oppure riscaldare regioni dal clima freddo, o anche, concentrando la luce in un solo punto, creare un “raggio della morte” in grado di bruciare vivi interi eserciti. In seguito un altro scienziato tedesco, Krafft Ehricke, definì gli specchi orbitali col nome di “lunette” (capaci di illuminare il terreno con la stessa intensità della Luna piena) e “solette” (capaci di eguagliare la luminosità del Sole).
Nel 1951 Vannevar Bush, presidente del Carnegie Institute, sostenne: “Mi sono convinto che in certe circostanze sarà possibile nuclearizzare la pioggia”. Nel 1953 il governo americano istituì apertamente un’Agenzia per il Controllo del Tempo, e nel 1958 il suo capo, Howard T. Orville, asserì che erano allo studio “modi per modificare il clima usando un raggio elettronico per ionizzare o de-ionizzare l’atmosfera sopra una determinata area”. Il senatore, e futuro Presidente degli USA, Lyndon Johnson, dichiarò che “Dallo spazio sarà possibile controllare il clima terrestre, causare siccità e inondazioni, cambiare le maree e innalzare il livello del mare, rendere gelidi i climi temperati”. In effetti, durante la guerra del Vietnam e la presidenza Johnson, gli USA elaborarono davvero, col nome di progetto Moonshine, un piano per illuminare con specchi spaziali il campo di battaglia.
A partire dal 1967 e fino al 1972 fu anche sperimentato il progetto Popeye, per aumentare le precipitazioni sul Vietnam del Nord e causare quindi maggiori disagi al nemico.
Ma tutto questo era insignificante in confronto alle visioni del celebre inventore Nikola Tesla, che asseriva di essere in grado di produrre “energia libera” e di trasmetterla senza fili. “Tutto il mondo beneficerà dell’elettricità trasmessa via radio.
Enormi e costose linee di trasmissione non saranno più necessarie. Un piccolo congegno ricevente nella vostra casa vi fornirà tutta l’energia che potete usare, ad una frazione del costo attuale”.
Al posto delle attuali lampadine vi sarebbero stati bulbi fluorescenti. Servendosi di un principio simile, Tesla dichiarò: “Non ritengo azzardato predire che un giorno saremo in grado di illuminare l’intero cielo di notte”. Infine, l’idea più fenomenale di Tesla fu di distruggere la Terra stessa. L’inventore sostenne di poter “spaccare la Terra in due come un ragazzo taglia una mela” usando le onde di risonanza prodotte da una serie preordinata di esplosioni.
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