giovedì 24 ottobre 2013

Orgoglio Spartano contro le egemonie della city


Referendum per l’adesione all’ UE. La pernacchia dei cittadini sammarinesi a Bruxelles.

Oggi si è svolto un significante referendum nella millenaria Repubblica di San Marino sull’adesione all’Unione Europea. I SI per l’Europa hanno vinto con uno scarto di 76 voti (6733), ma il quorum NON è stato raggiunto, bastava il 32% ed i SI hanno ottenuto un magro il 20.22%.

Interessante il fatto che i voti all’interno di San Marino sono stati più per il NO che per il SI, quest’ultimo aiutato invece dai sammarinesi residenti all’estero.
Con il mancato quorum, i saggi  cittadini dell’antica Repubblica, chiaramente non influenzati dai slogan da bar dello sport, hanno difeso il Monte Titano dalla grinfie di Berlino, Bruxelles e da tutta la compagine targata TROIKA. 

Ovvia la delusione della sinistra del SI Europa, affetta da un’infantile megalomania da integrazione darwiniana (http://liradidio.blogspot.it/2013/06/stati-uniti-europei-ovvero-ritorno-all.html), dove piccolo sarebbe brutto e grande sarebbe bello senza se e senza ma, la quale ha già mostrato scenari catastrofici, illustrando un futuro di isolazionismo dal resto del mondo ”civilizzato” come se il Monte Titano fosse un promontorio all’interno della Papua Nuova Guinea…

L’antica sovranità di San Marino è salva da quella globalizzazione, che magari avrebbe imposto prelievi forzosi alle sue banche o l’avrebbe invasa da frutti provenienti dal Nord Africa o da vini cinesi.

Duemila e cinquecento anni fà la piccola Sparta con 300 uomini si era opposta all’egemonia persiana, oggi la storia si ripete con fierezza nella sovrana Repubblica di San Marino dove coloro che non sono andati al voto e 6657 dei suoi cittadini  hanno saputo dire alle urne NO  al gigante europeo espressione delle lobbies.





Veneto – Esemplare piano criminale di dissoluzione di una civiltà

A scuola, uno studente che pronunciasse una parola in lingua veneta si beccherebbe una nota sul registro.

Un professore che proferisse una parola in veneto sarebbe deferito al provveditorato agli studi.

La lingua veneta è riconosciuta dall’ONU sotto il nome di talian, ma non può essere parlata nelle strutture burocratiche del Veneto, né quantomeno scritta. In Brasile la lingua veneta è riconosciuta ufficialmente dal governo e viene insegnata nelle scuole delle regioni dove risiedono milioni di veneti emigrati.
In Veneto non si studia la geografia del Veneto, ne l’arte veneta.

In Veneto non si studia salvo rare eccezioni la letteratura veneta.
A Venezia- Mestre -Marghera negli anni ’70 la droga ha decimato intere generazioni. Il tutto avvenne nel silenzio criminale e con l’appoggio di uno Stato colluso che non fece nulla per arginare la proliferazione dell’eroina. La scuola era una centrale di distribuzione.

I ragazzi al liceo non  conoscono le provincie del Veneto, non ne conoscono le bellezze turistiche e architettoniche.

Le lezioni di storia non raccontano la storia della Serenissima repubblica con 1100 anni di storia, (Secondo le università americane il più alto livello di civiltà mai conosciuto nello scorso millennio)  non parlano dei milioni di emigranti, delle morti per fame, dei campi di concentramento “italiani” in Veneto dove sono morte decine di migliaia, forse centinaia di migliaia di austriaci.
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di MARIETTO CERNEAZ

L’Italia, nonostante le patetiche rassicurazioni di Letta, Alfano e del loro sodale Napolitano, è un caso clinico, incurabile verrebbe da dire. La crisi che ha investito il mondo, e l’Europa tutta in particolare, nel lontano 2008 non molla la presa, ma ha costretto tutti a prendere provvedimenti, in particolare i cosiddetti PIIGS, i paesi dell’area mediterranea del continente.

Tra questi, i vicini di casa peggio messi erano la Grecia e la Spagna, cugini economici dell’Italia da barzel (Letta) dei giorni nostri. Cosa è accaduto in quei paesi a 5 anni di distanza?
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 Quello che sui libri di scuola non troverai mai! 

1861 – 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia. Ovvero la pulizia etnica voluta dai Savoia e i lager sabaudi. [www.scrivendo.it]

Nel 1815, quando i Borboni rientrarono a Napoli, la popolazione del Reame era di 5.100.000 abitanti. Nel 1835 era cresciuta di 1.000.000 de nel 1846 toccò gli 8.500.000 abitanti, che diventarono 9.117.050 nel 1856 (ultimo censimento disponibile).

I Borboni – a dispetto dell’immobilismo spagnolo – costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l’industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo. Prosperarono ricchezza e cultura e il Reame divenne uno degli Stati più ricchi al mondo.

La ferrovia fece la sua apparizione nel 1839, con la tratta Napoli – Portici, poi estesa fino a Castellammare. Seguirono la Napoli – Capua, la Napoli – Nola estesa in seguito dapprima fino a Sarno e poi fino a Sansevero.
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Articolo correlato: I caritatevoli e clementi savoia

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