IL POPOLO DEGLI ADITI: LA PRIMA SCELTA DI YAHWEH
Articolo di Paolo Brega
Il
grande deserto del Rub al-Khali, il Quarto vuoto, uno dei più terribili
deserti del mondo. A un giorno di fuoristrada si giunge alla città
morta di Barrakesh, una rocca alta una trentina di metri sul piatto
assoluto del deserto circostante. Era la capitale religiosa del regno di
Main. Da Barrakesh, attraverso il bacino di Wuadi al Jawf, arriviamo a
Marib, nel regno della regina di Saba.
Qui a Marib le leggende si sprecano e l'ambiente che la circonda, le giustificano.
I
resti di un antichissimo ed enigmatico palazzo, di cui rimangono otto
colonne sporgenti dalla sabbia, è attribuito alla regina di Saba,
Bilqis, da sempre celebrata per la proverbiale bellezza che sedusse il
re Salomone avendo poi da quel rapporto un figlio che divenne il primo
re di Etiopia.
Di
questo storico incontro ne parlano i testi ebraici, cristiani ed
islamici. Poco distante, chiude un secco wadi, la diga di Marib
costruita nell'VIII secolo a.c. e che probabilmente cadde in disuso solo
nel VI secolo d.c. causando la fine della civiltà sabea.
Vagabondando
nei dintorni incontriamo i resti più vari, da una muraglia ellittica
lunga 300 metri, alta 10 e larga 4, a pezzi di pilastri, a lastre
coperte di iscrizioni nel tipico alfabeto dei sabei.
Tutto fa pensare
che qui ci sarebbe da scavare ancora una ricchezza archeologica
immensa, ma la situazione politica della regione rende il progetto
inattuabile, per la continua guerriglia in atto ormai da più di
trent'anni.
Noi proveremo a scavare tra le dune di questo deserto per estrarre una verità sconcertante. Cinquecento
chilometri ad est, in pieno deserto del Rub al-Khali, si apre una
profonda voragine costituita dal wadi di Hadramawt; dal color ocra si
passa al verde intenso degli orti e dei palmeti, dalla solitudine
assoluta alla vita festosa di caratteristici paesini costruiti con
mattoni di fango crudo, dipinti di calce bianca.
Questo luogo ricco
di acqua e riparato dai forti venti che periodicamente spazzano il
deserto, ha visto nascere in tempi antichissimi una favolosa civiltà
stanziale. Si racconta che i primi abitanti, gli Aditi, fossero una
razza di giganti che non aveva rivali in fatto di ricchezza. Invece
di essere grati a Dio per la loro fortuna, vivevano in dissolutezza e
adoravano dei profani come viene descritto nella sura coranica dedicata
al profeta Hud. La punizione divina arrivò con tempeste di sabbia che
spazzarono via tutto e formiche grandi come cani che fecero a pezzi i
giganti.
Una storia già sentita molte volte nel corso delle nostre
ricerche, culturalmente declinata a seconda del popolo che ne ha
elaborato facendo proprio il mito. Nel Corano, Hūd è il profeta della
tribù degli ʿĀd, nipote di Noè (Nuh in Arabo).
La loro città sarebbe
stata Iram, una misteriosa città scomparsa nell’antichità che il
romanziere dell’occulto H.P.Lovecraft descrive così: “… una città
antichissima, abbandonata, "remota nel deserto d'Arabia", "le basse mura
quasi sepolte dalle sabbie di età infinite", senza nome perché "nessuna
leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o
per ricordare che fu mai viva un giorno…
Era già vecchia quando Babele
l'antica sorgeva; e non si sa quanto a lungo ha dormito nel cuore del
colle ove i nostri picconi insistenti frugando le zolle, i suoi blocchi
di pietra portarono a luce primeva.
V'erano grandi locali e ciclopiche
mura e lastre spaccate e statue scolpite di esseri ignoti vissuti in ere
perdute, di molto più antichi del mondo ove l'uomo dimora” e la cui
storia, nell’immaginifico universo lovecraftiano, si intreccia con
quella dell’autore del Necronomicon Abdul Al-Alhazred il quale non segue
la religione islamica, ma adora strani dèi dai nomi inquietanti, come
Yog e Cthulhu. Demonologo e poeta pazzo, Al-Alhazred nasce a Sanaa,
in Yemen al tempo dei califfi omayyadi, all'incirca nell'VIII secolo
della nostra era. Egli esplora le rovine di Babilonia e i cunicoli
nascosti di Menfi. Vive per dieci anni isolato nel deserto di Rub'
al-Khali circondato da spiriti malvagi (jinn).
Durante queste
peregrinazioni Alhazred afferma d'aver visitato Irem (Iram dhāt
al-ʿImād, la città "dalle Mille Colonne") e di aver scoperto fra le
rovine di un villaggio innominabile le prove dell'esistenza di una razza
pre-umana, di cui apprende i segreti e le cronache. Conosciuta anche
come “Iram delle Colonne”, Aran o Ubar, si trovava nella Penisola
Arabica ed era una città mercantile edificata nel deserto del Rub’ al
Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo.
La
tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I
secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio;
successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché,
come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu
‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre islamico che osò
sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne
punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia
seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici.
Le
rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le
sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Questa storia rimase
una delle tante tradizioni orali raccontate intorno al fuoco, almeno
fino a quando non giunse in Occidente in seguito alla traduzione del
famoso “Le mille e una notte”.
Durante il II secolo d.C., Claudio
Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa
regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico
popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar. In tempi più
recenti il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto
ai più come Lawrence d’Arabia, mostrò spesso un notevole interesse per
questa città, che lui stesso definiva come l’Atlantide delle Sabbie.
Forse
spinto anche da questo interessamento, un gruppo di ricercatori si
affidò nel 1980 ai satelliti della NASA nel tentativo di ritrovare la
Città delle Mille Colonne; una possibile collocazione venne individuata
nella provincia di Dhofar, in Oman. La spedizione includeva anche
l'avventuriero Ranulph Fiennes, l'archeologo Juris Zarins, il regista
Nicholas Clapp e l'avvocato George Hedges ed è descritta nel libro
“Ubar, l’Atlantide nel Deserto” di Nicholas Clapp.
L’esplorazione si
concentrò su un antico pozzo chiamato Ash Shisa, nelle immediate
vicinanze, infatti, venne alla luce un sito costruito molto più
anticamente; nessuna prova di una certa importanza venne comunque
rinvenuta. A questo tentativo seguirono altre quattro campagne di scavo,
ma anche in questo caso l’ubicazione di Iram delle Colonne rimase
avvolta nel mistero.
Ma torniamo al profeta Hūd e alla sua storia.
Hud
è da alcuni storici delle religioni individuato nel Patriarca biblico
Heber, discendente di Sem. è anche il titolo della Sura XI del Corano.
In quanto nipotè di Noè Hud è sicuramente antecedente ad Abramo. Nella
Sura a lui dedicata, Allāh promette tremendi castighi a chi mette in
dubbio la Sua parola e a quanti reclamano prove circa la verità di
quanto da Lui rivelato nel Corano.
Il testo sacro islamico afferma che
Mūsā, Nūḥ (Noé), Hūd, Ṣāliḥ Ibrāhīm, Lūṭ, Shuʿayb e lo stesso Maometto
sono stati rifiutati dalle genti cui essi erano stati inviati per le
ragioni più diverse, ma che Dio punirà tutte queste genti ribelli,
sterminandole, se esse non si pentiranno, anche per impartire un
esemplare ammonimento per le comunità che, sciaguratamente per loro,
volessero imitarle.
Gli ʿĀd rifiutarono di sottomettersi alle
ingiunzioni di Hūd. Furono perciò sottoposti a una dura siccità. Qāʾil,
il loro capo, si decise allora a celebrare un sacrificio a Dio per il
ritorno della pioggia, ma era ormai troppo tardi, visto che Dio aveva
deciso di punire gli ʿĀd per la loro incredulità. Qāʾil, che era non
credente, condusse le vittime sulla cima di una montagna per
sacrificarle egli stesso.
«Girando allora il suo volto verso il
cielo, disse: “O Dio del cielo, io ti chiedo la pioggia per il mio
popolo: sii il nostro protettore”. Nello stesso istante apparvero tre
nuvole; la prima era rossa, la seconda nera e la terza bianca. Da queste
nuvole uscì una voce che diceva: “Quale vuoi che si diriga verso il tuo
popolo?” Qāʾil si disse tra sé e sé: “Se questa nuvola rossa si
dirigesse verso il mio popolo, non ne scaturirebbe pioggia, del pari la
nuvola bianca, restasse anche tutto un giorno, non ne uscirebbe pioggia.
è la nuvola nera che assicura la pioggia”. Allora Qāʾil disse ad alta
voce: “Chiedo che questa nuvola nera vada verso il mio popolo” » -
Ṭabarī, Dalla creazione a David in op. cit., 116. Storia del profeta
Hūd.
La nuvola si fermò sopra la testa degli Aditi, e il vento
sterile che essa conteneva ne uscì, come è detto nel passaggio del
Corano citato da Ṭabarī:
«E anche fra gli ʿĀd fu un Segno, allorché mandammo contro di loro il vento devastatore » - Corano, LI:41
Questi
Aditi erano probabilmente gli abitanti di Atlantide o Ad–lantis. "Sono
impersonati da un monarca a cui tutto viene attribuito, e che si dice
sia vissuto per diversi secoli". (Lenormant e Chevallier, "Ancient
History of the East", vol. II, p. 295).
Ad proveniva dal nord–est.
"Sposò un migliaio di mogli, ebbe quattromila figli e visse
milleduecento anni. I suoi discendenti si moltiplicarono notevolmente.
Dopo la sua morte i suoi figli Shadid e Shedad regnarono in successione
sugli Aditi. Al tempo di quest’ultimo, il popolo di Ad era composto da
un migliaio di tribù, ognuna composta di diverse migliaia di uomini.
Grandi conquiste sono attribuite a Shedad, e si dice che gli fossero
sottomessi, tutta l’Arabia e l’Iraq. La migrazione dei Cananei, il loro
insediamento in Siria, e l’invasione dei Pastori in Egitto sono
attribuiti, secondo molti scrittori arabi, a una spedizione di Shedad".
(Ibid., p. 296).
Shedad costruì un palazzo ornato di colonne
superbe, e circondato da un magnifico giardino. Si chiamava Irem. "Era
un paradiso che Shedad aveva costruito a imitazione del paradiso
celeste, delle cui delizie che aveva sentito parlare". ("Ancient History
of the East", p. 296).
In altre parole, un’antica, potente razza
conquistatrice, che praticava il culto del sole, invase l’Arabia agli
albori della storia, erano i figli di Adlantide: il loro re cercò di
creare un palazzo e un giardino dell’Eden come quelli di Atlantide.
Gli
Aditi sono ricordati dagli Arabi come una razza grande e civile. "Essi
sono rappresentati come uomini di statura gigantesca, la loro forza era
pari alle loro dimensioni, e spostavano facilmente enormi blocchi di
pietra". (Ibid.) Erano architetti e costruttori. "Innalzarono molti
monumenti al loro potere, e quindi, fra gli arabi, nacque l’usanza di
chiamare le grandi rovine "costruzioni degli Aditi". Ancora oggi gli
arabi dicono "vecchio come Ad". Nel Corano si fa allusione agli edifici
costruiti su "alti luoghi per usi vani", espressioni che dimostrano che
si ritiene che la loro "idolatria fosse stata contaminata con il
Sabeismo o culto delle stelle". (Ibid.)
"In queste leggende," dice
Lenormant, "troviamo tracce di una nazione ricca, che erigeva grandi
costruzioni, con una civiltà avanzata, analoga a quella della Caldea,
che professava una religione simile a quella babilonese, una nazione, in
breve, nella quale il progresso materiale si congiungeva ad una grande
depravazione morale e a riti osceni. Questi fatti devono essere veri e
strettamente storici, perché si ritrovano dappertutto tra gli Etiopi,
come tra i Cananei, i loro fratelli per l’origine comune".
In tutte queste cose vediamo rassomiglianze con gli Atlantidei. Il
grande Impero Etiope o Cuscita, che nei primi secoli prevalse, come
dice Rawlinson, "dal Caucaso all’Oceano Indiano, dalle sponde del
Mediterraneo sino alla foce del Gange", era l’impero di Dioniso,
l’impero di "Ad", una nuova nazione atlantidea da aggiungere sulla
nostra mappa dell’età dell’oro.
El Edrisi chiama la lingua parlata
ancora oggi da parte degli arabi di Mahrah, in Arabia Orientale, "la
lingua del popolo di Ad," e il Dr. J.H. Carter, nel Bombay Journal di
luglio 1847, dice: "E’ il linguaggio più morbido e dolce che abbia mai
sentito". Sarebbe interessante confrontare questa lingua primitiva con
le lingue del Centro America.
Il dio Thoth degli Egiziani, che proveniva da un paese straniero e che inventò le lettere, era chiamato At–hothes. In
sanscrito Adim significa in primo luogo. Tra gli indù il primo uomo si
chiamava Ad–ima, la moglie era Heva. Essi si stabilirono su un’isola,
che si dice essere Ceylon; lasciarono l’isola e raggiunsero la terra
ferma, quando, a causa d’un sommovimento terrestre di grande importanza,
la loro comunicazione con la terra madre fu tagliata per sempre.
Ritroviamo
così i figli di Ad alla base di tutte le razze più antiche di uomini,
cioè gli Ebrei, gli Arabi, i Caldei, gli Indù, i Persiani, gli Egizi,
gli Etiopi, i Messicani e i Centroamericani; testimonianza
che tutte
queste razze facessero riferimento per le loro origini ad un vago
ricordo di Ad–lantis. E forse fu proprio a questi, prima che agli
ebrei, che Yahweh/Allah volse la sua attenzione in luogo della scelta
del suo popolo prediletto per i suoi piani di conquista secoli prima
della chiamata di Abramo.
Dalla Bibbia sappiamo a un certo punto che
“…Abramo uscì dalla città di UR dei Caldei…” (Keltoi?) per raggiungere
la terra promessa, la terra di Canaan, su indicazione diretta di
Dio/Yahweh/Enlil. Possiamo collocare temporalmente nel XVIII sec. a.C.
la partenza della tribù di Abramo verso Canaan, ovvero 3800 anni fa,
esattamante alla fine dell’azione Kurgan nel continente europeo.
Questo
avvenne perché dopo il Diluvio nazioni e popoli superstiti dell’antica
età dell’oro atlantidea salvatisi grazie all’intercessione di Enki
vennero spartiti tra gli Elohim per promuovere la cosiddetta Rinascita
Enkilita ovvero il sogno del fratello “buono” di ricostituire l’età
dell’oro antidiluviana ricominciando con una umanità riformattata.
Ma
Yahweh, probabilmente imparentato con Enlil come si evince dalle
ricerche dei De Angelis schematizzate nella seguente tabella venne
escluso da questa spartizione.
Per visualizzare a risoluzione maggiore:
http://img545.imageshack.us/img545/6687/32345639.jpg
A
un Elohim fu assegnato l’Egitto, a un altro la valle dell’indo, a un
terzo la zona europea dove sorsero le prime società gilaniche, ad altri
le nazioni mesopotamiche e ad altri ancora le regioni del continente
nord e sudamericano e così via. A Yahweh non fu assegnato nulla… se lo
prese da solo.
Ma al contrario di quanto abbiamo sempre pensato non
fu la stirpe di Abramo dei Caldei di Ur la sua prima scelta. La Sura XI
del Corano illustra un’altra storia, la storia di Hud, precedente ad
Abramo, in visita presso i superstiti del potente popolo “gigante” degli
Aditi i quali rifiutarono l’offerta di Yahweh.
Un offerta, quella di Yahweh, che non poteva essere rifiutata e che costò loro la vita.
Un offerta, quella di Yahweh, che non poteva essere rifiutata e che costò loro la vita.
Il
popolo degli Aditi venne così cancellato, facendo entrare nel mito la
città di Iram delle mille colonne, Ubar e l’intera storia del popolo
Adita dalle cui ceneri sorse nei successivi secoli il potente regno
della Regina di Saba, alleata questa volta del Regno di Israele, il
popolo prescelto da Yahweh… come seconda scelta!
Fonti:
http://laviadellasalvezza-lislam.over-blog.com/article-storia-dei-profeti-3-106660884.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Hud_(profeta)
http://www.sahara.it/bm/saharaThree/viaggi/resoconti/yemen-nel-regno-della-reg.shtml
http://it.wikipedia.org/wiki/Hud_(profeta)
http://www.sahara.it/bm/saharaThree/viaggi/resoconti/yemen-nel-regno-della-reg.shtml
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=13799
http://www.mediafire.com/view/?yjvg62r77h2sgo3
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14718
http://www.mediafire.com/view/?yjvg62r77h2sgo3
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14718
Infine ricordiamo il sito dell'autore:
Religioni di un "dio" minore?
RispondiEliminaCiao
Religione di un "dio" estromesso nella spartizione della Terra. "A Yhwh non fu assegnato nulla… se lo prese da solo.
EliminaQuando trovo i miei articoli pubblicati sul vostro sito non nascondo una punta di orgoglio.... Grazie di cuore!
RispondiEliminaGrazie a lei Paolo per il suo impegno.
EliminaSono io orgoglioso di poterla ospitare tra le mie modeste pagine.